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“La manovra del governo? Solo briciole per i lavoratori, ecco perché domani scioperiamo”
Pubblicato il 15 Dicembre 2021
Il conto alla rovescia segna meno uno sul calendario. Un giorno allo sciopero generale proclamato da Cgil e Uil per chiedere modifiche alla manovra del governo, giudicata “insufficiente” dai sindacati. I numeri girano, gli “spiegoni” impazzano; il più immediato è forse quello di Maurizio Landini, diventato “virale”, condiviso migliaia di volte sui social: “Le persone con un reddito di 20mila euro – “affonda” il segretario della Cgil, commentando gli interventi sul fisco – cosa se ne fanno di 50 euro in più? E allo stesso modo che senso ha dare 300 euro a chi arriva a 80mila? Neanche sotto tortura direi mai che una cosa così funziona”.
E dunque, sciopero generale sia, soprattutto dopo la “chiusura” di Mario Draghi alle sollecitazioni sindacali, arrivata l’altro ieri in serata. La macchina organizzativa è in fermento. Cinque le manifestazioni in tutta Italia. “Baricentro” a Roma, Piazza del Popolo, dove saranno presenti Landini e il segretario della Uil Pierpaolo Bombardieri, e poi piazze a Milano, Bari, Palermo e Cagliari. Ma che aria tira nel mondo del lavoro? Cosa pensano e cosa dicono i lavoratori che hanno deciso di scioperare?
Carlo Veutro, operaio della Cmc a Catania, una vita nei cantieri, va subito al punto: “Ho 61 anni e 40 di contributi – spiega Veutro – tornare alla Fornero sarebbe un’ingiustizia verso chi, come noi edili, fa lavori gravosi, sui ponteggi o a 35 metri di profondità, come i miei colleghi che lavorano nel cantiere della Metropolitana. Giovedì sciopero perché questa manovra non dà risposte adeguate a noi lavoratori”.
D’altronde, la manovra non sembra “generosa” nemmeno con i lavoratori dei call center, “segmento” notoriamente povero e precario del mondo del lavoro. Le ragioni per scioperare? Le elenca benissimo Cristina Lo Giudice, operatrice di Covisian, “colosso” delle Tlc: “Certo che sciopero”, risponde decisa. “Nel mio settore lavorano circa 80.000 persone. E quasi tutti abbiamo un reddito che va ben al di sotto dei 20mila euro”. E tanti, sottolinea la lavoratrice, “sono part-time o precari”. E la manovra, “sbandierata” come equa dai partiti di governo? “Sai che vantaggi avremo? 100 euro all’anno, meno di 10 euro al mese. Mi sembra inaccettabile”.
A scioperare non potevano mancare le “combattive” tute blu di Termini Imerese che raggiungeranno con i pullman della Fiom la manifestazione di Palermo. Gino Cosenza, 25 anni in Fiat – “montavo i fari della Lancia Y”, ci dice – oggi operaio generico Blutec, sarà, come sempre, “in prima linea”: “Sono in cassa integrazione da dieci anni e sciopero perché voglio che riapra lo stabilimento, chiedo il rilancio industriale del territorio”. La manovra del governo? L’operaio è lapidario: “Le tasse andrebbero diminuite solo a chi guadagna meno”.
In piazza a scioperare ci sarà anche Valerio Gugliotta, navigator catanese di Anpal Servizi, uno dei 2270 tecnici dei servizi per l’impiego impegnati nel ricollocamento dei percettori di reddito di cittadinanza. “Da due anni e mezzo – nota Gugliotta – operiamo in contesti privi delle più basilari strutture informatiche. Ma ci siamo rimboccati le maniche per garantire un servizio pubblico ai cittadini più svantaggiati. Il 16 dicembre sciopero, assieme ai miei colleghi. Siamo molto preoccupati per la situazione in cui versano i servizi al lavoro pubblici. Con l’imminente scadenza dei nostri contratti le regioni non saranno in grado di garantire il livello essenziale delle prestazioni”.
Nel settore del commercio, poi, a sentire chi lavora tra casse, reparti e magazzini, i motivi per scioperare non si contano. Valentina Ruffino, cassiera alla Coop di Gravina di Catania, li riassume così: “Io sciopero perché la maggior parte di chi, come me, lavora nella Grande Distribuzione, ha un contratto part-time che ci fa sopravvivere con redditi inferiori ai 15000 euro annui. A noi il governo con questa manovra offre le “briciole”. Distribuendo di più a chi ha già di più”. Parole amare di una lavoratrice, tra le tante e i tanti, definita “essenziale” e “indispensabile” durante i periodi più neri della pandemia. “Non è una misura equa – conclude Ruffino – e va contrastata con l’unica arma ancora a disposizione dei lavoratori e delle lavoratrici, lo sciopero generale.”
Uno sciopero generale che tiene dentro tante domande e tante rivendicazioni, e che Sebastiano Nello Finocchiaro, lavoratore dell’Ateneo di Catania, declina anche nelle criticità contrattuali e salariali dei lavoratori dell’università: “Lo sciopero è necessario perché il governo non ha ancora rinnovato il contratto nazionale. La manovra è inadeguata e insufficiente per le poche risorse destinate al comparto”, lamenta il lavoratore. Nell’ateneo catanese, continua Finocchiaro, c’è “carenza di personale e troppo ricorso al precariato e al lavoro sottopagato”.
Parole di chi lavora, di chi ha deciso di scioperare, di rinunciare ad un giorno di paga per andare in piazza per chiedere equità e diritti. Il tam tam nei luoghi di lavoro, nelle ultime ore, è incessante: “Scioperare, scioperare”, è la parola d’ordine. Del resto, come dice qualche dirigente sindacale, “se non ora, quando”.
Iena Max Paradiso.
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