La Storia insegna, anzi deve insegnare, anche se talora sembra non farlo. Magari, solo a ricordare all’uomo si essere uomo e non bestia. Come accade per la Giornata della Memoria. Che non deve essere solo rituale di ogni anno, con ripetizione di formule retoriche: la memoria, se vuole avere un valore, deve essere ancora al presente. Di questo si è avuta conferma a Giarre, in due istituti scolastici il “R. Guttuso” e l’ “Enrico Fermi”, che hanno accolto la manifestazione, organizzata in collaborazione con la Fidapa sezione Giarre- Riposto, “Il dovere del ricordo”, nel corso della quale è stato presentato il libro “Diario di un deportato” di Antonio Garufi, un siciliano fiero e di cui essere fieri per l’opera di scrittore e di alti valori civili espressi nella sua vita, lottando contro ogni offesa all’umanità nei lager come nell’esistenza di ogni giorno.
Dopo il saluto del dirigente scolastico Gaetano Ginardi (nella foto), è intervenuta, nella sala della biblioteca intitolata a “Giuseppe Sapienza” di fronte a tanti studenti della scuola media, la professoressa Maria Pia Russo, presidente della sezineFidapa Giarre-Riposto, che ha sottolineato il significato dell’inziativa, nel solco del valore della testimonianza umana contro ogni barbarie e oppressione della dignità di ogni uomo. Un pericolo quello del totalitarismo sempre dietro l’angolo, come evidenziato dalla professoressa Anna Castiglione, che ha invitato gli studenti ad essere sempre vigili diinanzi ad ogni rigurgito di simili fenomeni. A seguire è stato il momento centrlale, con le parole della professoressa Antonietta Rita Garufi, figlia di Antonio Garufi. E’ stato un ricordo dettagliato e molto toccante, non solo per il diario che racconta l’orrore del lager, le violenze subite senza spirito di vendetta, come nel caso del bimbo che una guardia nazista aveva invitato a percuotere proprio lui. Garufi, originario dell’area giarrese, si arruolò nei carabinieri. Partigiano nella Carnia e nel Friuli orientale e nord orientale nella Brigata Osoppo. Fu imprigionato dai nazifascisti, fu deportato, prime nel famigerato lager di Dachau, poi, a Buchenwald.
Nel complesso, un ricordo vivo, non solo che viene fuori dalle parole del libro, ma a tutto tondo, nelle parole degli intervenuti, anche nell’ aula magna dell’ “Enrico Fermi”, fra cui tanti studenti. Un’niziativa, quindi, che ha riscosso consensi, grazie anche all’animazione e al coordinamento delle professoresse Marzia Andronico, Milena Camardi e Giusy Torrisi e il video del prof. Massimo Corsaro.
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