Alla fine, sono bastati un paio di comunicati stampa, una notizia Ansa, uno “spruzzo” di social e tutto è finito: Catania ha il suo “nuovo” sindaco, l’avv. Enrico Trantino. Un finale scontato quasi come un film di Checco Zalone (ma analogo in quanto ad ambientazioni da commedia venuta male), una banalità collettiva di una città politicamente e culturalmente “morta” da tempo.
A fine maggio, è prevista la ratifica di questa pagina cittadina, dei suoi riti e dei suoi Poteri che ancora una volta hanno scelto la conservazione. Catania resta un “recinto” dove ognuno ha già il “suo” posto, stabilito altrove: dalla nascita, dallo status sociale, dal silenzio (d’oro, come nel caso di pezzi di giornalismo), in soldoni dal compromesso, che è poi la cifra vera di un luogo dove hanno la residenza tanti abitanti, giammai dei cittadini. Che –naturalmente ad altre latitudini- avrebbero reagito ad uno “spettacolo politico” autoreferenziale, governato da un’oligarchia che ha deciso tutto, ufficialmente da Roma. Certo che vedersi trattare in questo modo, con annunci mediatici e volontà comunicate dalla Capitale (ma gli autonomisti dove sono? E gli “amanti della libertà” della Sicilia?) non fa nemmeno ridere, tanto è lo squallore.
Ma niente paura: per il catanese medio va bene così. Del resto, fra poco lo vedremo inseguire, ancora una volta, il suo vero sogno: il Catania in serie A (in competizione naturalmente con la festa di S.Agata).
Finale: il centrodestra aggrega tutti e tutto (a proposito: ma i “moralizzatori” di Musumeci non hanno nulla da dire per i voti in arrivo di Cuffaro, Lombardo e Sammartino-Sudano? Nessuna proclama stile “ColoNello” all’Ars contro Sammartino?https://www.youtube.com/watch?v=HHH7YW8YnPQ&ab_channel=OndaTVSicilia Remember?)
il centrosinistra va dietro i proclami del notabile S.E. Enzo Bianco e i “progressisti” sono sempre presi dalle loro fondamentali surreali questioni, da bravi borghesi del centro cittadino.
Alla fine, “perde” Salvo Pogliese, politicamente “vince” Musumeci che ottiene tantissimo rispetto alle reali dimensioni della sua area politica, il resto s’accoda, sempre che il duo Sudano-Sammartino vorrà sopportare a lungo questo mesto finale. Non è che -magari un giorno- penseranno di andare altrove?
Ah dimenticavamo: il “leader” Raffaele Lombardo ha giocato la solita “partita” alla Raffaele Lombardo: ovvero il potere (suo) per il potere (suo). Un personaggio, il Lombardo che stiamo rivedendo su questi “schermi” che non si è smentito nemmeno stavolta: del leader al massimo ha soltanto l’omaggio dei suoi “servi schiocchi”. Del resto, in una città e in un paese senza classe dirigente non poteva che finire così.
Insomma, tutto bene quel che finisce bene e naturalmente un invito da parte nostra di disertare le urne: a fine maggio si trova sempre qualcosa di serio da fare. Anche a Catania.
iena plebea marco benanti.
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