Il Piano Solo fu concepito come un progetto di tutela dell’ordine pubblico che nel caso di emergenza eccezionale si basasse sull’ausilio dell’Arma dei carabinieri. Il generale Giovanni De Lorenzo ,prima nel 1955 capo del Sifar (servizio informazioni forze armate ) e poi Comandante Generale dell’Arma dei carabinieri , preparò ai primi di marzo del 1964 questo progetto del Piano Solo con quattro studi elaborati della varie divisioni dei comandi dell’Arma. Si propose in tal modo lo scopo di difendere l’ordine pubblico dello Stato in caso di situazioni di grave emergenza. Tale piano fu tenuto segreto e non fu mai attuato, ne fu data notizia nel 1967 dal giornale L’Espresso, con una campagna stampa condotta da Eugenio Scalfari e Lino Jannuzzi dal titolo “Complotto al Quirinale. Segni e De Lorenzo preparavano il colpo di stato”. In seguito a questo pezzo di denuncia vi fu poi un processo per la querela presentata dal generale De Lorenzo che si concluse con una sentenza in cui si affermò che il contenuto dell’articolo dei giornalisti non era veritiero e, così, gli estensori furono condannati per diffamazione in primo grado anche se poi vi fu una remissione della querela nel grado successivo.
Al di là della reale intenzione del golpe risultò che il 25 marzo 1964 De Lorenzo si incontrò con i comandanti delle divisioni di Milano, Roma e Napoli e pose in essere con essi un piano finalizzato a far fronte a una situazione di estrema emergenza da parte dei carabinieri e di cui solo loro dovevano essere a conoscenza e partecipi . Il piano prevedeva di occupare anche questure, sedi di partiti e sindacati. La riunione fu autorizzata, comunque, in via ufficiale dal Capo di stato maggiore della difesa, generale Aldo Rossi.
In data 2 giugno successivo la tradizionale parata per la festa della Repubblica vide la partecipazione di un numero di militari straordinariamente più elevato del solito. Così come occasione delle successive celebrazioni per il 150º anniversario della fondazione dell’Arma dei Carabinieri, rimandate dal 7 al 14 giugno per precedenti impegni del presidente della Repubblica Antonio Segni, il comandante generale De Lorenzo fece sfilare l’appena rodata brigata meccanizzata, con un’impressionante dotazione di armi e mezzi pesanti.
La Brigata Meccanizza venne costituita al fine di rispondere alle esigenze di difesa del territorio e di riserva di manovra per le esigenze di tutela dell’ordine pubblico; in tal modo, i Battaglioni Mobili, denominati “Battaglioni Carabinieri”, vennero riorganizzati e riuniti sotto unico comando.
Bisogna dire che l’Italia visse in quel periodo una fase di grave instabilità politica e il 25 giugno 1964 la maggioranza venne a mancare nella votazione sul capitolo 88 del bilancio della Pubblica istruzione, cosicché il governo Moro, con il primo di centro-sinistra organico della Repubblica, fu costretto alle dimissioni che furono rassegnate il 26 giugno.
Un’eventuale riproposizione della maggioranza con i socialisti notoriamente fu sempre osteggiata dal Presidente della Repubblica Antonio Segni. Il nascente centro sinistra fu inaugurato nel 1962 con il governo Fanfani in cui il Partito Socialista Italiano diede l’appoggio esterno e ,poi, è proseguito con un’alleanza organica con l’inclusione dei socialisti stessi nel primo governo formato da Aldo Moro. Nel frattempo con la presidenza di John Fitzgerald Kennedy negli Usa si pose fine al veto nei confronti dell’ingresso nella maggioranza del Psi. Persino il papato di Giovanni XXXIII che indisse il Concilio Vaticano II favori questo nuovo clima politico e culturale. Ma gli ostacoli sulla strada della nuova alleanza e delle necessarie riforme sorsero ovunque. Segni osteggiò questa politica del centro sinistra poiché temeva gravi rischi di destabilizzazione per la democrazia italiana e si consultò ripetutamente con i comandanti delle Forze Armate, in particolare con De Lorenzo. Poi un fatto clamoroso mai avvenuto prima, il 15 luglio, De Lorenzo fu convocato ufficialmente dal Capo dello Stato nel corso delle consultazioni per la nomina del nuovo governo. Successivamente, venne consultato anche il Capo di Stato Maggiore della Difesa generale Aldo Rossi.
La cosa suscitò sconcerto e indignazione tra le forze politiche democratiche. Lo scontro politico diventò duro, aspro e rovente nella vita politica e tra il Capo dello Stato e il premier uscente Aldo Moro la tensione salì alle stelle e riguardò appunto la riproposizione della formula di centro sinistra che lo stesso Moro e Fanfani auspicarono. Il capo dello Stato minacciò continuamente un governo di tecnici sostenuti persino dai militari. Si vociferò che l’uomo a cui Segni intendeva affidare le funzioni di primo ministro sarebbero cadute sul Presidente del Senato Cesare Merzagora, che precedentemente si fece notare con affermazioni sibilline in dichiarò di attendersi che i partiti politici avrebbero avuto vita breve e in cui propose a più riprese un Governo di emergenza. Dopo che i partiti furono consultati Segni fu costretto a concedere il 17 Luglio ad Aldo Moro l’incarico di formare un nuovo esecutivo di centro-sinistra. Ma il Psi dovette ridimensionare i suoi programmi di riforme su cui era caduto il precedente governo. Tutto ciò avvenne in seguito ad opera di grande mediazione politica portata avanti dallo stesso Aldo Moro. Soltanto in tal modo la grave crisi rientrò e quella famosa mobilitazione prevista dei carabinieri cessò .
Nel 1967 Pietro Nenni rievocò quella crisi usando una metafora che passò alla storia e,cioè, che si udì in quell’estate del 1964 “un tintinnio di sciabole”. Il Psi si fece carico della formula governativa di centro sinistra riconfermando Aldo Moro e mise da parte rinviandole ,quindi. le richieste di riforma che reputava prioritarie, inderogabili e urgenti. Il 7 agosto del 1964 giorno successivo all’insediamento del nuovo esecutivo, Segni fu colpito da un ictus cerebrale che avvenne pare ,dopo un’accesissima discussione con Moro e Giuseppe Saragat. In tal senso secondo la Costituzione il supplente fu proprio il Presidente del Senato Cesare Merzagora. L’impedimento di Segni proseguì alcuni mesi e, si resero necessarie le dimissioni di Segni. Successivamente venne eletto il leader del Psdi Giuseppe Saragat.
Mentre De Lorenzo nel dicembre 1965 , dopo aver lasciato l’Arma, diventò capo di stato maggiore dell’Esercito .De Lorenzo venne rimosso dal suo incarico allo stato maggiore dell’Esercito e furono avviate procedure di inchiesta da parte di diversi enti anche militari.
Fu il vicecomandante generale dei carabinieri, il generale Giorgio Manes, uno fra i primi ad ammettere pubblicamente l’esistenza del piano, a dirigere un’investigazione che si risolse nel famoso «rapporto Manes». Fu istituita una commissione parlamentare d’inchiesta che censurò il comportamento tenuto da De Lorenzo, ma ritenne che il suo piano fu illegittimo in quanto predisposto senza che ne fosse a conoscenza il governo e le altre forze dell’ordine poiché affidato solo ai carabinieri.
Ma la commissione ritenne anche che fosse irrealizzabile e temerario, bollandolo come «una deviazione deprecabile» ma non, certamente, come un tentativo di colpo di Stato. Gran parte del materiale raccolto dagli organismi che avevano indagato fu coperto da omissis per motivi di sicurezza e anche la lista degli «enucleandi» non si riuscì a trovare .Nel frattempo, nel 1968, De Lorenzo si presentò alle elezioni e fu eletto deputato nelle file del Partito Democratico Italiano di Unità Monarchica (dal 1971 nel Movimento Sociale Italiano) e, nel nuovo ruolo, con la mozione n. 484 del 9 ottobre 1968, tentò di incidere a proprio piacimento sui lavori di inchiesta parlamentare che lo riguardavano.
Nel 1990 il governo Andreotti VI deliberò la rimozione degli omissis ed emerse che anche la sede del PSI avrebbe dovuto essere occupata, con 20.000 carabinieri da impiegare.
Il progetto si proponeva di assicurare all’Arma dei Carabinieri il controllo militare dello Stato per mezzo dell’occupazione dei cosiddetti «centri nevralgici» e, soprattutto, prevedeva un progetto di «enucleazione», cioè il prelevamento e il conseguente rapido allontanamento di 731 persone considerate pericolose del mondo della politica e del sindacato. Tali personalità politiche sarebbero dovuti essere raggruppati e raccolti nella sede del Centro Addestramento Guastatori di Torre e dove sarebbero stati «custoditi» sino alla cessazione dell’emergenza. L’uso dei fascicoli del Sifar di cui De Lorenzo fu in possesso avrebbe consentito di individuare ed elaborare la lista dei soggetti da prelevare .Nel frattempo l’Arma avrebbe assunto il controllo delle istituzioni e dei servizi pubblici principali, compresi la televisione, le ferrovie ed i telefoni.
In pratica, all’ordine del comandante generale i carabinieri avrebbero catturato quei personaggi politici loro indicati e li avrebbero inviati in Sardegna via mare o su aerei coi finestrini oscurati, detenendoli in uno dei siti più impervi del territorio nazionale. Una delle varianti del piano prevedeva anche l’uso di sommergibili, ma la circostanza che gli unici adatti fossero posseduti dalla marina degli Stati Uniti fece ripiegare su navi ordinarie della Marina Militare Italiana. Il contesto storico in cui nacque l’esigenza del Piano Solo iniziò non a caso proprio nel 1962 in cui la fase nuova del centro-sinistra, con tante temute riforme strutturali preoccupò i vecchi gruppi di potere perchè avrebbe potuto intaccare e modificare i vecchi assetti burocratico-militari che,in gran parte , non furono assolutamente rinnovati e modificati dopo la fine della guerra. Per la verità nel corso degli anni vi furono diversi piani militari di emergenza elaborati e noti alle autorità politiche e militari del tempo ma l’aspetto che, però, differenziò il Piano Solo da quelli «ordinari» fu la riserva operativa esclusiva a favore dell’Arma, la riservatezza delle informazioni documentali, con esclusione degli altri ordini militari considerati come strumenti di coordinamento a livello di prefettura. Si voleva in tal modo sfruttare le diverse competenze specialistiche, ma la consegna del potere di emergenza doveva essere affidata ad una sola istituzione.
Si chiamò proprio così Piano Solo perché solo i carabinieri lo avrebbero attuato e, comunque, che fu un piano a cui avrebbero partecipato solo i carabinieri. In realtà tale piano era inquadrato in uno scenario di più ampia portata che avrebbe avuto origine e integrazione insieme con altri progetti militari segreti, volti a distribuire sul territorio forze in grado di operare per la reazione ad eventuali svolte sovversive o eversive, o a manovre di invasione, attraverso una rete clandestina già seminata da organizzazioni e strutture del tipo Stay-behind, coordinate dalle forze della NATO tramite gli uomini della SHAPE infiltrati nei comandi FTASE.
Ancora oggi storicamente resta irrisolto se il Presidente della repubblica Segni approvasse e condividesse in pieno il progetto di De Lorenzo di colpo di Stato, oppure volesse soltanto attuare una pressione sulla politica per ridimensionare il programma di centro-sinistra del costituendo secondo governo Moro. Non si è mai compreso sino in fondo se De Lorenzo tenesse Segni sotto ricatto con l’incubo del golpe, oppure se tra i due vi fosse una solida complicità. Nel celebrare il centenario della nascita di Segni, nel 1991, Giulio Andreotti che fu Ministro della Difesa nel 1964, escluse in modo assoluto che Segni potesse covare propositi golpisti, aggiungendo che non vi fu alcuna seria minaccia di putsch. Il divo Giulio ,però, soleva dire che a pensar male si fa peccato ma spesso ci si azzecca.