La rincorsa propagandistica sulla realizzazione del Ponte sullo Stretto di Messina fa registrare da alcune settimane un crescendo di dichiarazioni per inserire l’opera nel Piano che il governo dovrà presentare per l’utilizzo delle risorse del Recovery Fund.
Si sono esercitati sulla materia il premier Conte, il viceministro M5S Cancellieri, impegnato da mesi per accreditarsi come candidato di uno schieramento giallorosa alle regionali del 2022, il leader della Lega Salvini, il capogruppo DEM Graziano Del Rio, il Presidente della Regione Sicilia e la governatrice della Calabria Santelli. Da ultima è intervenuta una figura assai sensibile al partito del cemento, la ministra DEM De Micheli, che sull’onda dell’entusiasmo annuncia la mirabilia di una pista ciclabile compresa nell’opera. Cosa che ha suscitato l’ironia del ministro per il Sud Giuseppe Provenzano: “…arriverà anche il monopattino, e spero che nessuno proponga la funivia o la catapulta…”. Quasi sicuramente tutto questo can can sortirà come effetto l’inserimento della progettazione per il tunnel sommerso o per il tunnel sottomarino, quale alternative al ponte, per il collegamento tra la Sicilia e il continente.
Cosa significa tutta questa agitazione, è presto detto: l’opera è funzionale alla mirabolante promessa dell’Alta Velocità da Salerno in giù fino a Trapani ed Agrigento (Come dire, non avete il pane vi daremo caviale). Rimanendo seri, invece, servirebbe da subito garantire gli spostamenti e la mobilità con l’ammodernamento e il completamento del raddoppio ferroviario dell’intero versante ionico e dei collegamenti da Messina a Trapani fino ad Agrigento, e da Catania a Palermo.
Dopo la sbornia sui Benetton e su Autostrade per l’Italia, il blocco delle imprese delle grandi opere è in movimento affinchè una grossa fetta dei Recovery Fund arrivi nelle loro tasche. Occorre sapere che, se questo disegno avrà successo, non solo non si creerà significativa e duratura occupazione, a fronte di altissimi investimenti di capitale, ma non avremo alcuna svolta per la condizione sociale, ambientale ed economica drammaticamente deficitaria del Mezzogiorno.
Invece di inseguire fantasmi, per opere pubbliche non supportate da dati scientificamente certi e da esiti incontestabilmente utili e sicuri, occorre immaginare un diverso approccio, tale da promuovere occasioni multiple di lavoro qualificato e qualificante, partendo dai bisogni e dai deficit riscontrati nei territori e nei diversi segmenti delle attività produttive.
E sapendo che solo una parte delle risorse europee sono a fondo perduto, mentre una quota consistente, appesantita dai relativi interessi, è a carico della collettività e finira’ per pesare sulle leggi finanziarie nazionali e sui bilanci regionali nei prossimi anni. Il rischio è quello di un mancato riscatto del sud, pagato dalle nuove generazioni costrette ad emigrare, di una mancata risoluzione delle grandi contraddizioni: la Sicilia si sta trasformando sempre più in una piattaforma commerciale dei beni alimentari, con conseguente trasferimento di ingenti risorse per le banche e le imprese del centronord e del continente europeo. Mentre l’agricoltura si reggerebbe quasi esclusivamente sul lavoro schiavistico della immigrazione clandestina, e sui trasferimenti assistiti di contributi clientelari alle aziende capitalistiche agroalimentari, che vanno via via assumendo la forma di moderni latifondi.
Contro la condanna ad uno sviluppo distorto e alla certezza del sottosviluppo di intere aree, o abbandonate e/o usate come discarica, o ancora come risorse da rapinare per le estrazioni, o ulteriormente da cementificare (in primis le coste per il turismo non ecosostenibile), è necessario mettere in campo una proposta e una convinta mobilitazione sociale, senza le quali, possiamo registrare solo buone ma inadeguate e poco efficaci resistenze, tanto più se caratterizzate da approcci localistici.
Occorre battersi affinchè il Piano governativo per i Recovery fund abbia al centro la sistemazione viaria e su ferro delle zone interne, il risanamento ambientale dei poli devastati dalla petrolchimica (da Milazzo a Priolo/Augusta, da Gela a Taranto), la messa in sicurezza del patrimonio pubblico a cominciare da quello scolastico, il recupero di quello abbandonato e dismesso che si potrebbe destinare al reperimento degli spazi necessari a garantire il diritto allo studio con lo sdoppiamento delle classi, e ciò indipendentemente dalle pandemie attuali e future, e la riapertura dei presidi sanitari territoriali, la protezione della natura con il potenziamento, la tutela e la valorizzazione dei boschi, delle riserve, dei parchi e delle oasi. Alla propaganda delle destre e della maggioranza giallorosa, al populismo e alle torsioni anticostituzionali che li accomunano, possiamo contrapporre l’alternativa della mobilitazione su una proposta programmatica che parli di lavoro socialmente utile, di riqualificazione ambientale, di diritti, di nuova umanità, di qualità della vita. Costruiamola tutte e tutti assieme.
Mimmo Cosentino, segretario regionale Prc Sicilia.