di Iena Porthos
Se fossimo davvero cattivi come ci dipingono, ci uniremmo al coro degli insulti contro l’avvocata Rosanna Natoli, membro laico del CSM, alla quale è stato detto di tutto: sconosciuta, inetta, raccomandata.
Ma poiché non siamo così cattivi, ma di più, sottoponiamo ai nostri lettori una chiave di lettura un po’ diversa.
Partiamo dalla raccomandata ricordando che una parte dei membri del Consiglio Superiore della Magistratura è eletta dal parlamento, quindi è una nomina politica, e una delle possibili categorie di scelta è quella degli avvocati.
Non si richiedono meriti speciali ma soltanto alcuni anni di iscrizione nell’albo professionale.
In passato, Catania aveva mandato al CSM figure come Guido Ziccone: democristiano di ferro, poi passato a Forza Italia, insomma un uomo certamente di apparato; ma era Guido Ziccone, professore universitario e avvocato più che famoso anche per integrità morale.
Oggi Catania manda al CSM Rosanna Natoli, avvocata di provincia senza particolare notorietà: cercate le differenze.
La colpa, però, non è di chi è stata eletta cogliendo l’occasione della vita, ma semmai di chi l’ha eletta e cioè il Parlamento Italiano.
Corre voce che l’elezione sia stata pilotata dal Presidente del Senato, e se così fosse la conseguenza è che il Parlamento non è in grado di fare una scelta di merito ma si limita a quella di appartenenza.
Andiamo avanti evidenziando al lettore altre anomalie che – salvo errori – non sono state enfatizzate da altri mezzi di informazione.
Nel corso di un procedimento disciplinare contro un magistrato di Catania, il relatore della pratica al CSM è la suddetta avvocata, sempre di Catania. Una elementare regola di prudenza e trasparenza impone di evitare questa coincidenza, essendo intuibile il rischio del condizionamento.
Condizionamento che si è verificato perché le due donne si sono incontrate a Paternò (non rileva, ai nostri fini, per iniziativa di chi) proprio per discutere privatamente il caso.
In quella occasione il magistrato dottoressa Fascetto Sivillo ha chiesto aiuto in via riservata proprio a chi la doveva giudicare, mentre quest’ultima le ha dato suggerimenti sul comportamento da tenere e anche sulla strategia difensiva, proponendole di sostituire il difensore scelto o di affiancargli un altro più pratico di procedure disciplinari.
La violazione dei più elementari principi di etica e deontologia appare evidente in capo a entrambe, inclusa l’incolpata, che nella sua qualità di magistrato avrebbe dovuto affidarsi alla legge, ai fatti, alla difesa tecnica, non certo alla raccomandazione.
Durante la seduta al CSM di trattazione del procedimento disciplinare (che ha natura giurisdizionale e si conclude con sentenza) l’incolpata ha rivelato di aver registrato l’intera conversazione, depositandone il testo audio e la trascrizione su carta.
Con questo comportamento il magistrato ha apertamente riconosciuto di aver fatto un tentativo per condizionare chi doveva giudicarla.
Esploso il caso, la consigliera Rosanna Natoli ha compiuto due atti che evidenziano come il suo spessore politico sia di tutto rispetto.
Intanto si è dimessa non dal CSM, ma solo dalla sezione disciplinare del CSM, secondo la classica regola dei politici per cui la poltrona non si abbandona mai, neanche quando le sue gambe cominciano a scricchiolare.
Poi si è premurata di chiarire che i fatti riguardano soltanto lei e che non ha avuto nessuna pressione da parte del partito di appartenenza, così lasciando intendere che di norma avviene l’esatto contrario, e cioè che le decisioni disciplinari del CSM non si basano soltanto sulla valutazione del comportamento del magistrato ma sono anche influenzate dalla politica e dalle correnti.
Qualcuno, anni fa, dopo lo scandalo Palamara, suggeriva di comporre il CSM eliminando elezioni e correnti e basandosi su un sorteggio.
Forse quella proposta merita di essere ripresa alla luce di quanto accaduto subito dopo.
Infatti il CSM ha votato per la nomina del procuratore della repubblica di Catania e l’avvocata Natoli è stata invitata da altri consiglieri a non partecipare alla votazione, visto quanto era appena avvenuto.
Così è andata: Natoli non ha partecipato alla votazione, dalla quale peraltro avrebbe dovuto astenersi anche per un altro motivo non evidenziato da alcuno: perché riguardava la procura della repubblica di Catania, città nella quale esercita la professione.
Anche qui il rischio di condizionamento è intuitivo ma il conflitto di interessi non spaventa più nessuno.
Tra i due candidati al posto di procuratore, Curcio e Pulejo, ha prevalso il primo per un solo voto.
Abbiamo letto tanti commenti sulle correnti, sulle aree, sulla decisività del mancato voto della Natoli, ma nessuno si è posto la domanda che più preme al comune cittadino e che dovrebbe essere molto importante anche per il Foro locale, a sua volta silente. Chi era più bravo, più idoneo, più utile a svolgere quel ruolo, Curcio o Pulejo?
Anche qui le capacità personali, che in quel ruolo apicale contano più dei titoli, sono passate inosservate.
Non stupiamoci, allora, per quanto è accaduto: se accettiamo che le persone non contino più niente, che il dominio delle nostre vite sia rimesso alle correnti, ai partiti e alle aree politiche, quanto accaduto è anche colpa nostra.
Certe scelte sono come la raccomandata con ricevuta di ritorno: una parte di essa … torna indietro.
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