di iena senza soldi Marco Benanti.
Un pozzo senza fondo di vergogna: poche parole per descrivere –per difetto- l’esperienza dei Natoli, padre e figlio, al pronto soccorso dell’ospedale di Patti, che è un comune siciliano non un’enclave sudamericana. Almeno sulla carta. Da ore il nome di Natoli figlio, Elia rimbalza sul web, sui siti e domani sarà su tutti i giornali italiani e non solo: perché, non avendo stecche, lo hanno ingessato col cartone. Di cartone!
Una storia talmente assurda che ha indotto il Presidente della Regione Siciliana Renato Schifani a telefonare personalmente ad Elia per porgere le sue scuse a nome della Regione. Ma pare proprio che la reazione del padre della vittima di questa vergognosa storia siciliana sia stata piuttosto risentita.
Natalino Natoli si è espresso così su facebook. «Mi chiedo e chiedo al presidente Schifani, all’assessore alla Sanità, ai deputati regionali, si può uscire dal pronto soccorso di Patti, con un cartone invece delle stecche – ha scritto – Preciso che i medici non c’entrano niente, fanno solo sacrifici, solo due medici al pronto soccorso, e mancano le stecche da più di un mese per stabilizzare gli arti. Ambulanze in fila per ore! Meglio finanziare festini prima delle elezioni Europee, e non la Sanità. Mi piacerebbe tantissimo regalare il cartone al Presidente o all’assessore. Se qualche deputato Regionale mi vuole prendere appuntamento le sarei grato. Per finire Sindaci del comprensorio SVEGLIA!”.
Il racconto di questa vicenda parte della frattura riportata dal giovane trentenne in un incidente di moto. Il padre si attiva subito per le cure. Il racconto è da brividi, un “inferno” che ha i volti e i luoghi del pronto soccorso di Patti.
Natalino Natoli racconta non solo del cartone usato per la frattura del figlio, ma, più in generale, di un’ “ortopedia che non funziona”, di stecche “che mancano da un mese”, di “ambulanze ferme e di barelle usate per i degenti per l’assenza di posti in pronto soccorso”, di un numero alto di “persone in codice rosso”, mentre suo figlio viene refertato “in codice verde”. Questi solo alcuni degli aspetti più assurdi di una struttura che a fatica si può definire sanitaria e/o ospedaliera.
Il racconto del padre di Elia è naturalmente ricco di toni alti, di emozioni forti, di rabbia forte e comprensibile. “Siamo entrati alle sei del pomeriggio e siamo usciti dalle tre di notte”-racconta. Tutto a posto? Assolutamente no, i dolori alla gamba continuano. Che fare, allora? Teoricamente ci sarebbe il diritto alla salute, com’è scritto nella Costituzione vigente(?), nella realtà la “soluzione” è pagare. Cioè rivolgersi ai privati. Con una spesa totale di circa 200 euro, l’incidente di moto e le sue conseguenze dovrebbe aver trovato soluzione.
Insomma, o hai i soldi oppure la tua pelle è a rischio. Non è una novità: la stessa cosa avviene nella cosiddetta “macchina giudiziaria”, perchè anche lì conta chi ha mezzi economici per affrontare anni di attesa. I diritti “sociali” in Sicilia e in Italia sono sempre più impalpabili. Beh, allora forse è meglio intanto non ammalarsi. E mettere soldi nel salvadanaio. Non si sa mai.
Ps: ah dimenticavamo di raccontare che la magistratura ha aperto un’indagine, Schifani ha disposto un’ispezione, la politica si è indignata. Cose già viste. Chissà mai se qualcuno risponderà di quanto accaduto.
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