La “strage silenziosa” di Farmacia

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  E’ stata definita la “strage silenziosa”: una serie di morti e di malattie gravi a chi è passato di lì per studio o ricerca.

Questo avrebbe prodotto il laboratorio della Facoltà di Farmacia alla Cittadella universitaria di Catania. Di qui,  un procedimento penale, ora raddoppiatosi, che vuole fare chiarezza su cosa è accaduto.

Un caso giudiziario, che è un dramma vero, una vicenda terribile che tocca uomini e donne, sentimenti umani come il rapporto filiale e investe l’Istituzione Università chiedendo trasparenza su cosa è successo. Perché tanti morti? Perché tanta gente ammalatasi? Quali nessi, quali spiegazioni?

Ora tutto è davanti al Gup Alessandro Ricciardolo, che dovrà decidere sulla richiesta di rinvio a giudizio avanzata dalla Procura della Repubblica contro 12 imputati, tra dirigenti, funzionari e tecnici universitari. Nelle ultime udienze di luglio, la questione discussa è stata quella sulla costituzione di parte civile di alcune associazioni.

Le Difese degli imputati si sono, infatti, opposte alla costituzione di parte civile di “Cittadinanzattiva”, di Cgil e di Codacons, in quanto non ci sarebbe per loro interesse diretto. Per decidere sulle costituzioni tutto rinviato al 21 settembre prossimo. Alla fine di questo passaggio, il 29 settembre,  il Gup dovrà decidere se aprire o no il processo. Diciotto le parti civili: 14 almeno sono fra familiari delle vittime e ammalati gravi. Sembra che ci sia stata opposizione alla costituzione di parte civile anche  sulla posizione di familiari di deceduti. Un caso davvero importante e drammatico, quindi. Ma cosa c’è dietro questa vicenda?
 

Occasione per parlarne di nuovo pubblicamente è stato l’incontro organizzato, nell’ambito di “Liberafesta”, a Catania, dal “circolo Città Futura” di Rifondazione Comunista. Attorno ad un tavolo (nella foto) sul tema “Il laboratorio dei veleni, verità e giustizia per le vittime della facoltà di Farmacia” si sono confrontati, coordinati da Ivana Ioppolo, Ennio Bousquet ex direttore dipartimento scienze farmaceutiche; Gabriele Centineo della Cgil Catania; Pierfrancesco Iannello e Santi Terravova legali impegnati nel procedimento penale; Lucio Lanza, farmacista, già studente che ha contratto una grave malattia frequentando quegli ambienti di Farmacia.

Lanza, pur sottolineando di non “volere fare terrorismo”, ha detto che probabilmente dopo trent’anni di versamenti nel sottosuolo di questo tipo di sostanze chimiche si è creata una sorta di “bomba chimica” nel tratto che va dalla Cittadella universitaria sino al mare.
Il prof. Bousquet che ha vissuto nella struttura “incriminata” per 42 anni in quegli ambienti  e da due anni è in pensione, si ritiene una sorta di “sopravvissuto”. In solitudine, ha denunciato la situazione. Per Bousquet la vicenda catanese rappresenta la “punta dell’iceberg delle strutture di ricerca nel nostro territorio e forze anche al di fuori del nostro territorio”. Da lui parole dure come pietre.
“Interventi sulla nostra struttura –ha detto Bousquet- sono stati fatti così random, non con un progetto ben delineato nel salvaguardare la salute del lavoratore e purtroppo non sono serviti”. Il dato drammatico è ancora attuale: Bousquet ha lanciato l’allarme su chi ancora lavora in quegli ambienti. Dopo anni di “trascuratezza chimica” nella gestione di quelle strutture gli effetti – a dire di Bousquet- si fanno ancora sentire. Lui è ancor in contatto con chi lavora là dentro. “Quelle persone stanno lavorando in condizioni pessime” ha aggiunto quindi il docente. Che accadrà appunto per il futuro? Per chi appunto è ancora in quegli ambienti.
Intanto, c’è da affrontare un procedimento penale: i due legali intervenuti al dibattito hanno sottolineato l’esigenza di dimostrare il nesso di casualità fra quelle situazioni altamente inquinanti  e ciascuna delle patologie riscontrate. Un tema decisivo per il prosieguo del procedimento. Una storia dove l’omertà emerge da più parti, in maniera evidente: tranne pochi “eroi”, c’è stato troppo silenzio attorno alla condizione di quei laboratori.

Da parte sindacale, Gabriele Centineo ha sottolineato che si tratta di una vertenza sulle condizioni di sicurezza nei luoghi di lavoro, un tema assai delicato sul quale Catania detiene, da anni, un drammatico primato negativo. Una vertenza non priva di difficoltà, come quelle legate alla conoscenza del “documento di valutazione del rischio”, un documento complesso che per legge è di fatto pressocchè secretato: se ne può prendere visione ma non estrarne copia. Ha ricordato ancora Centineo che, mentre si apriva questa vertenza, dalla stampa si era saputo di un caso analogo a Bari e ancora che “a Ragusa erano stati chiusi i laboratori di agraria”. Ci sono quindi situazioni che si ripetono. Su un punto, comunque, si è soffermato Centineo: sulla critica rivolta alle autorità universitarie in tema di calcolo del rischio dagli autori della perizia disposta dal gip Fallone.
 E c’è rilevante anche il tema di come l’informazione tratta questa vicenda: Giovanni Caruso della testata ” I Cordai” ha sottolineato che dopo avere sollevato il caso la redazione di “Step1”, periodo telematico di informazione della facoltà di Lingue e Letterature Straniere, è stata chiusa. Coincidenza o forse dava fastidio parlare di questo argomento?
Dopo questo dibattito si torna ora nelle aule di giustizia, a partire da dopodomani.
Il quadro generale è inquietante: a seguito di 8 decessi e 26 casi di tumore verificatisi tra persone che a vario titolo sono entrate in contatto con la facoltà di Farmacia dell’Università di Catania tra il 2000 e il 2007 la Procura della Repubblica di Catania ha aperto un’importante inchiesta per verificare le responsabilità penali di chi aveva l’obbligo di verificare la correttezza delle procedure per lo sversamento dei reflui delle attività di laboratorio svolte all’interno del complesso universitario della facoltà di Farmacia.

In particolare la Procura ha ravvisato gli estremi per le imputazioni a carico di 12 soggetti tra dirigenti, tecnici e amministrativi dell’Università scaturenti dalla contestata mancata osservanza delle norme di tutela dell’ambiente. Esiste anche in Procura un fascicolo che ipotizza i reati di omicidio e lesioni colpose, ancora nelle fasi delle indagini preliminari. E’ stato chiesto l’incidente probatorio, ma il Gip non ha ancora deciso. Questa seconda inchiesta, che ipotizza i reati di omicidio colposo e lesioni colpose, è stata aperta dopo la denuncia del padre di Emanuele Patanè, un ricercatore morto di tumore che dopo l’avvio dell’indagine ha reso pubblico il testamento del figlio contenuto del computer portatile del giovane. Staremo a vedere gli sviluppi giudiziari. Intanto, verità e giustizia per le vittime di Farmacia” è stata chiesta anche da Luca Cangemi segretario del circolo “Olga Benario”.

Ecco cosa ha dichiarato Cangemi:” Siamo accanto ai familiari delle vittime nella loro iniziativa, giustamente rivolta a riaccendere i riflettori sul sistematico avvelenamento da sostanze chimiche, smaltite senza alcuna cautela nei laboratori della facoltà catanese di Farmacia. Com’è noto i prezzi umani pagati da studenti e ricercatori sono altissimi, con numerose vite spezzate e decine di persone costrette a lottare quotidianamente con terribili patologie. La credibilità dell’Ateneo di Catania è azzerata dalla silenziosa accettazione, nel cuore della cittadella universitaria, di un ambiente molte volte più nocivo di un sito petrolchimico. Verità e giustizia su questa vicenda sono doverose, non solo nei confronti delle vittime e delle loro famiglie ma anche di un’intera comunità offesa da comportamenti inaccettabili”.

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Redazione Iene Siciliane

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