LA SVOLTA CATANESE È DRITTA


Pubblicato il 30 Maggio 2023

Elezioni sotto l’Etna e in riva al mare, in una città che a stento sa di essere sul mare e che sull’Etna non ha modo di arrivare. Già questa descrizione illustra perfettamente la mancanza di qualsivoglia capacità amministrativa, politica, strategica della passata amministrazione.

Nei dibattiti elettorali, la destra ha sistematicamente parlato di un programma ben fatto. 

Quale sia questo programma, non è dato sapere.

La munnizza è arrivata al quarantuno per cento di differenziata. Dovrebbe essere a oltre il 70%, teoricamente al 90%. Se in cinque anni un’amministrazione non è riuscita a fare nemmeno questo, qualche dubbio sulla capacità amministrativa viene.

Il sindaco entrante ha fatto parte della giunta dell’amministrazione precedente. Cosa ha fatto per meritarsi il voto, di pratico, non si riesce a sapere. 

Se la politica avesse una logica pari alla retorica, dovremmo dedurre che la precedente amministratore ha fatto bene ed è stata premiata. 

Onestamente, in cinque anni, è stata annunciata la risistemazione del Corso dei Martiri, sono state bonificate delle aiuole, messe panchine e illuminazione, tutto rapidamente abbandonato. Soldi buttati.

È stato promesso il rifacimento di una piazza, al posto dell’ospedale Santa Marta. Ospedale demolito, macerie ancora ferme al loro posto. Un parco giochi per topi e qualche gatto. 

Abbiamo subito un’alluvione, un comitato di cittadini ha sommerso Comue, Porto, Prefettura di diffide ed esposti alla Magistratura: tre riunioni dal prefetto, ma gli ostacoli al deflusso delle acque, restano al loro posto. 

Possono mai esserci interessi per non fare defluire le acque piovane? Ovviamente no. Si tratta proprio di indolenza e pigrizia istituzionale.

Il mare della Plaja è inquinato durante l’inverno e certo non si rigenera in un giorno, il 15 giugno, quando viene ostruito il canale torrente che dalla zona industriale sfocia nell’ex azzurro mare di Catania. Bastano cinque anni per risolvere la questione? Sì. È stato fatto qualcosa? No. Eppure alla Playa ci sono decine di lidi, imprese che avrebbero molto da guadagnare nel miglioramento della salute delle acque. Tra l’altro, entro il 2030 la qualità di tutte le acque deve essere ‘buona’. Siamo ben lontani da questo risultato.

La sanità catanese è in forte discesa, per qualità e quantità di prestazioni.

L’università perde iscritti e laureati, i laureati partono prima che possono, in massa. Esportiamo cervelli e anche braccia, spesso per fare i camerieri, i cuochi, i manovali, a mille chilometri da casa.

Chi va via, per tornare deve pagare fino a mille euro a testa, per passare qualche giorno a casa d’estate, solo per pagarsi il viaggio.

Chi muore non ha diritto ad essere sepolto. Più facile avere accesso al cimitero grazie ad un fioraio, che grazie al comune.

La Zona Industriale continua ad essere un luogo da titolo di film di fantasia e questo impedisce la creazione di ricchezza.

I trasporti urbani rendono Catania una delle città più lente d’Italia.

La qualità della vita e le classifiche sulla ricchezza ci vedono agli ultimi posti.

Per le strade tutti, ma veramente tutti si lamentano di tutto, a cominciare dalla sporcizia. La causa della sporcizia non è però l’assenza totale dell’amministrazione, ma i ‘catanisi ca su luddi’. Dipinto facile e falso, come facili e falsi sono tutti gli scaricabarile. 

Allora perché ha vinto questa destra nulla facente, infingarda, poco presente, incapace di muovere una macchina amministrativa che avrebbe la possibilità di captare milioni, ma non lo fa?

I Caf sono la risposta. I Centri di Assistenza Fiscale hanno sostituito anche le parrocchie, nel controllo sociale. In questi uffici, pagati dallo Stato, con soldi dei cittadini, si dà l’idea che siano dispensati favori. L’origine dei CAF è nel tentativo dei sindacati di sopravvivere alla difficoltà di ottenere le quote sindacali e di struttura. Oggi sono l’ossatura di qualsiasi organizzazione politica e dispensano una forma di clientelismo paradossale, perché basata su diritti automatici. 

Poi, esiste una seconda spiegazione di questo successo. La magistratura è ormai quasi graniticamente protetta da ‘cordate’ più che correnti, attualmente in gran parte delle formazioni di destra.

Durante la campagna elettorale le celebrazioni di Falcone e Borsellino hanno visto l’allontanamento delle formazioni spontaneiste per la lotta alla mafia, anche coi manganelli.

Sui palchi, alcuni dicono, anche chi protegge la mafia vera.

Non è stato affrontato il tema dei trasporti, della logistica, dei collegamenti di mare e aerei. L’aeroporto è stato posto nelle mani di una Camera di Commercio che lo considera proprietà esclusiva e vuole venderselo, con la copertura di un governo Schifani che sa perfettamente che su quell’aeroporto stanno piovendo quasi cinquecento milioni per avere una pista cinquecento metri più lunga. Quasi un milione al metro di asfalto. E la vendita varrà una frazione di questa somma. Praticamente un regalo, a spese nostre.

Dicevamo quindi i CAF, la cancellazione del tema della mafia, ma anche un altro elemento importante: l’assenza di una forza di opposizione solida e coerente. 

Il PD continua a latitare su questi temi che hanno nomi e cognomi, ma preferisce evitare lo scontro. E perde, giustamente, perché chi non si differenzia, alla fine è percepito come inutile, se non addirittura complice o, in alcuni casi umani individuabili, asservito.

Il problema è come far capire la differenza tra una proposta innovativa e capace, e Maurizio Caserta lo era, da una proposta che massacra la possibilità della popolazione di essere più ricca e vivere in una sicurezza civile e anche legale che oggi manca totalmente.

Nei prossimi anni, bisognerà ricostruire un tessuto politico e sociale. Bisognerà partire praticamente da zero, perché la proposta davvero innovativa di queste elezioni, che si innestava nella lista civica del prof. Maurizio Caserta, non ha avuto spazio ed è stata confusa con le altre, senza anima e senza prospettiva strategica. Il futuro speriamo sia migliore. L’insegnamento del passato è che sarà peggiore, ovvero un peggio ancora più raffinato. 

Claudio Mec Melchiorre.


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