Ho chiesto ad un pò di persone di scrivere due righe contro di me. Per il “mio compleanno” (che cosa oscena!). Ecco quanto mi è arrivato.
Grazie a chi lo ha fatto (scrivere) e a chi non lo ha fatto, magari maledicendomi soltanto, mb.
Ora lo pubblichiamo, prima dell’arrivo dell’ 8 marzo. Così eviteremo questa ennesima sceneggiata: niente auguri l’8!
(nella foto mb da giovane).
E Benanti fa cinquant’anni
Che mi stanno contando, l’otto marzo, “lotto” marzo; i 50anni di Marco Benanti oggi sono.
Proprio lui, Benanti, il direttore che, per dirla alla Joyce, il James del nonsense, coi “pesanti scarponi” va a passiare tribunale, tribunale. E mentre sono tanti a parlare, qualcosa da dire ce l’ha sempre, Benanti.
Ne ha fatte tante di “cronache del regime” sul “sistema Catania”; “sistema” che, come lo ebbe a descrivere Scidà, ha la forma di un prisma: “lo giri, vai da destra a sinistra, poi giri, vai da sinistra a destra e trovi sempre lo stesso sistema che si tiene in piedi”.
Che dire, dunque: grazie.
Grazie “iena sotto al tavolo” – “iena politica” – “iena giudiziaria” – “iena col camice” – “iena con l’ombrello” – “iena antimafiosa” – “iena antifascista” – “iena sindacale”.
Auguri, ora ti puoi maritare.
Marco Pitrella
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PER IL TUO COMPLEANNO: “Ci abbiamo provato in molte a modificare l’aspetto del buon Benanti, chi in amicizia, chi con sentimento, nessuno ci è riuscito. Maschilista cronico e non poco cinico, Benanti ha lasciato la delicatezza nella culla che lo ha accolto. Da allora, niente è stato come sembra. Il fervore della sua penna mal si concilia con il suo gusto per l’abbigliamento. Benanti si mangerebbe Fedez a colazione, e non si fermerebbe nemmeno dopo aver ingurgitato la Ferragni. Ho difficoltà a pensare che abbia mai indossato una camicia e di certo non una scarpa decente. Oggi ci teneva che fossimo tutti sinceri. Bene, lo sono. Resta solo da dire che ti voglio bene mitico, proprio così come sei, con la sincerità e la schiettezza che ti contraddistingue, e con la dolcezza che pochi conosciamo. Auguri Marcuccio!”.
Valeria Nicolosi
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Caro Marco,
domani 8 marzo 2019 compirai mezzo secolo di vita. Mi hai chiesto (mi auguro non solo a me…) di scrivere 20 righe contro di te. Tipico del tuo modo di volerti bene…molti nemici, molto onore! Mi sforzerò, ma nemmeno tanto. Il bersaglio è ben grosso e visibile, troppo facile darti addosso.
Innanzitutto credo che Catania, accanto al Liotro, possa annoverarti fra i suoi simboli. Non tanto per l’evidente e banale analogia fisiognomica, quanto per quello che, tu e il Liotro, rappresentate per questa Città, perduta nell’intestino tenue della sua storia.
Come il Liotro, mutuando e storpiando il suo nome da quello del negromante Eliodoro, uomo di grande cultura e capacità di visione, anche tu, occhio vigile su qualunque sozzura di questa Città, non hai, né avrai vita facile tra noi catanesi…perché, senza timori o remore, ci sai raccontare il peggio di noi stessi. Non so se ti manderanno al rogo, ma certamente, dopo, ti faranno un monumento in Piazza Duomo, che tra l’altro è la tua abituale dimora.
“Cazzo!!! C’è Benanti…non facciamoci vedere…!”. Accenda il primo fiammifero chi, tra i maggiorenti di questa Catania, non l’abbia pensato almeno una volta.
In secundis, caro Marco, capisco la tragedia della tua vita: l’essere nato nella stessa data in cui ricade la giornata internazionale della donna…
Moderatamente misantropo e misogino, questo è certamente il maggior peso che ti porti dappresso!
Detto ciò, voglio dirti, caro Benanti, che sono onorato di esserti amico, per ciò che fai, nel tuo piccolo, per cercare di ricostruire una morale pubblica (impresa praticamente disperata) per questa Città. Ti auguro, almeno, altri 50 anni di inestimabile antipatia! Per un catanese, essere antipatico, è una medaglia al valore.
Con vero grande affetto, Vittorio.
Catania, 7 marzo 2019
Vittorio Turco.
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Buon compleanno Benanti, e tanti non auguri
Oggi è il compleanno di Marco Benanti che, per la legge del contrappasso, è nato nel giorno della Festa delle Donne. E se ci sono due cose che Benanti detesta sono i compleanni e le donne. Le donne, in particolare, le detesta quasi quanto queste detestano lui. Per questo a Benanti regaliamo per il compleanno un week-end con due donne. E mica due donne qualsiasi, ma due donne cazzute (si può dire cazzute?), Roberta Fuschi e Patrizia ,Maltese. Un bel week-end all’insegna della lettura e della riflessione sul libro violenza degener, di cui Fuschi e Maltese sono autrici, augurandoci che Benanti possa patire, sottoposto a tale tortura, le sofferenze che infligge ogni giorno agli altri con le sue cattiverie da Iena Sicula. Sappiamo che questa pratica è vietata dalla convenzione di Ginevra ma per Benanti si fa un’eccezione. Auguri Benanti, anci non auguri di buon compleanno.
di Iena Degenere
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50 anni e nessuno che lo invita alle feste, probabilmente perché si mangerebbe tutte le patatine… Insegnante per caso, solo al nord gli viene riconosciuta la capacità in lingua e letteratura Italiana, odia le donne e la cosa è reciproca… Racconta a tutti di essere un direttore di testate ma in realtà è solo un gran collezionista di cause. È noto infatti per far arrabbiare il potente di turno, impiega il suo tempo più ad inseguire che ad essere inseguito…Il suo punto di forza è la capacità di inseguirti al telefono fino all’inferno se non gli rispondi ma la verità è che non ti chiama più forse a Catania non conti più nulla!
Sonia Messina
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Marco Benanti: 50 anni persi
Chi avrebbe potuto scommettere che Marco Benanti sarebbe arrivato a compiere 50 anni vivo e persino a piede libero? Io no.
Persino un ossimoro il fatto che un soggetto simile abbia scelto di nascere nel giorno in cui in tutto il mondo si festeggiano le donne, l’8 marzo, lui che le mimose le mangia come condimento dell’arancino.
Non c’è dubbio che quelli di Benanti siano i 50 anni più oltraggiosi nella storia di Catania, quella città che racconta da giornalista irriverente da almeno un trentennio, con uno stile da iena che spesso non capisce neanche lui ma gli ha guadagnato il rispetto per il fatto che di sicuro è una persona tutta d’un pezzo, anche due quando si mette quell’assurdo casco rosso reduce degli anni ’80 che neanche gli entra in testa.
L’unica cosa per cui i posteri lo ricorderanno è la splendida querela regalatagli dal signor Bianco Enzo da Aidone per aver pubblicato un comunicato di quell’altro scoppiato di Matteo Iannitti: un’eroica resistenza contro il potere più scarso di tutti i tempi amplificata dalla decisione del Tribunale di Catania di rinviare a giudizio i due pericolosi eversori dell’Ordine Costituito.
Ecco, questo direi al suo funerale (perché sarò io a fare l’orazione, non c’è dubbio): “Marco, se non ci fossi stato, avremmo dovuto inventarti. Amen.”
Pierluigi Di Rosa
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In memoria di Marco Benanti, l’antitutto.
di Fernando M. Adonia
Parlare male di Marco Benanti? Impossibile non farlo. Per questo abbiamo preferito appesantire il carico, non tanto con degli auguri slavati per il suo cinquantesimo compleanno (caspita, gliene avremmo dati di meno), ma con un coccodrillo vero e proprio. Appunto perché gli auguriamo il meglio e perché non vorremmo mai che, nel giorno della sua dipartita, impegnato come sarà nell’organizzazione del funerale, non trovasse il tempo per leggere quello che amici e colleghi pensavano di lui. Tutto il male possibile, ovviamente. Ma quando la penna è immersa nel calamaio delle lacrime versate, qualche abbaglio lo si può prende e appare sant’Ipocrisia, la protettrice delle facce di bronzo.
No, non possiamo permettercelo. Caro Marco, ti faremmo un torto. Squalificheremmo il tuo curriculum di iena da orso vestita, sporcheremmo la tua corazza da ultimo samurai a presidio del Palazzo di Giustizia e dal Bar Sauvage. No, non cadremo nel buonismo. Per questo racconteremo soltanto il peggio di te e il nostro coccodrillo piangerà soltanto lacrime acide.
Iniziamo. Soffriamo tutti per la sua uscita di scena, piangiamo tutti per la sua prematura dipartita. Prematura perché quella sentenza chiamata a mettere la parola fine al processo sulla maturazione della di lui mènnula non è stata ancora depositata. Non sappiamo neanche come siano andate a finire tutte quelle altre querele. In particolare, non sappiamo se alla fine l’abbia spuntata lui, Enzo Bianco o il benecomunista Matteo Iannitti.
Da uomo di sinistra – dobbiamo riconoscerlo – ha dato il meglio di sé quando la sinistra è stata al governo, o della Città o della Regione. Gli salì la febbre quando il presidentissimo Raffaele Lombardo rispolverò l’idea milazzista assieme ai leader del Pd, creando uno filotto di giunte da far rivoltare nella tomba Palmiro Togliatti. Rischiò invece il coma diabetico quando Bianco presentò il Quater: con dentro ex comunisti, ex mpa, ex repubblicani e altra umanità.
Ha passato l’intera esistenza cercando di comprendere cosa fosse la destra e cosa fosse la sinistra. Interrogando chiunque, quasi fosse un Socrate anarchico e rincoglionito. Per anni si è illuso che i dem fossero gli eredi diretti del Pci. Ci ha creduto così tanto da non accorgersi che – a un certo punto della storia – segretario (Matteo Renzi), premier (Paolo Gentiloni) e presidente della Repubblica (Sergio Mattarella), fossero tutti dem/cristiani.
Anche con la destra ha sbagliato qualcosina. La soffriva, ma con rispetto. Ricordo ancora quando a poche ore dal congresso di Diventerà Bellissima mi chiese se il fascismo dei gialloblu fosse di destra o di sinistra. Mentre ci ragionavo su, in uno slancio dannunziano Nello Musumeci gelò tutti: “Mai stato sovranista, vado verso il Centro”.
Benanti era un uomo in ricerca, dobbiamo riconoscerlo. Un giornalista errante, con solide letture alle spalle, una penna affilata e una memoria storica cittadina da far impallidire anche i vertici delle facoltà catanesi, ma non gli uscieri comunali.
Sguardo penetrante e visioni algebriche, tuttavia su tattica e fuori gioco si perdeva spesso e volentieri. Nel senso cioè che è stato iena con tutti, ma ha sbagliato a non salvaguardare la categoria dei suoi pari (giornalisti e giornalai). Tanto aborriva il concetto di casta da non capire che la guerra in casa non si porta mai, appunto perché alla fine un giaciglio dove andare a dormire bisogna pur averlo. Soprattutto quando si dichiara guerra a tutte la altre categorie (mafiosi, antimafiosi, politici, magistrati, avvocati e pulcinella, malandrini e finanzieri). Le caste esistevano, esistono ed esisteranno sempre. Ma non voleva ammetterlo. Per questo, a volte, è rimasto isolato. Di questo dovremmo fare un esame di coscienza? Forse sì. Ma anche no. Si è autorappresentato quale provocatore, sempre e comunque; e le palle, oggettivamente, le ha fatte girare più volte anche al sottoscritto. E neanche in un giorno di estrema tristezza come questo potremmo dire che si sono fermate. Il Signore però lo perdonerà, ne siamo certi.
Oggi lo consegnamo alla terra. Non lo abbiamo portato a spalla perché era troppo pesante. Ma è come se fosse. Ci mancherai, davvero. Ci mancheranno le tue risate. Ci mancheranno i pranzi, le cene e quelle infinite discussioni seduti in qualche panchina di piazza Verga.
Talvolta pedante, talvolta geniale. Mai banale. Un personaggio era. Più attore che maschera. Il custode della Catania profonda, quella più vera e di cui lui stesso aveva paura. Ma come ogni cercatore ne era attratto e tentato.
Buono era, anche se faceva di tutto per non darlo a vedere. Non possiamo non riconoscere la sua generosità, perché tantissime volte ha messo a disposizione il suo archivio (immenso) per le inchieste altrui, senza chiedere nulla in cambio. Tante altre volte, invece, si è fatto carico attraverso il suo giornale delle idee di tutti, anche le più pericolose. In fondo, lui era un libertario nel senso più ampio del termine: oltre i vecchi steccati, appartenenze, chiese e liturgie. Un libertario, sì. L’antitutto.
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Kompagno Benanti,
come promesso, impegniamo qualche minuto del Nostro prezioso tempo per
scriverti un messaggio augurale per i tuoi 50 anni.
Sinceramente, quando ci hai chiesto di scriverti spontaneamente un
messaggio di auguri per l’8 marzo, pensavamo che lo avresti utilizzato
per scrivere uno dei tuoi articoli irriverenti in occasione della “Festa
della Donna”.
Considerata la fiducia che abbiamo in te, siamo stati costretti a
chiedere conferma a Facebook per verificare che non stessi organizzando
uno scherzo alle Nostre spalle.
Facebook conferma! Ebbene, sì! Sono 50 e te li meriti tutti.
Non ci conosciamo da molto tempo ma, in questi pochi anni, ci siamo
visti tante, forse troppe, volte.
Sicuramente possiamo dire che sei uno dei tanti “non avvocati” che
frequentano quotidianamente il Tribunale di Catania sempre alla ricerca
di nuove notizie.
Sei una voce “fuori dal coro” e sei anche uno dei pochi giornalisti a
Catania (ma anche in Italia) che si sforzano di dare dignità alla satira
politica e giudiziaria.
Al netto degli insulti (pochi) da Te ricevuti, Ti dobbiamo riconoscere
lo sforzo di “guardare oltre” e la tua ostinata volontà di voler scalare
i Palazzi del Potere a mani nude.
Un pensiero va anche al fido scudiero, Kompagno di mille battaglie,
Marco Pitrella, per averti “sopportato” per tutti questi anni.
Tra i tanti, siamo costretti a ricordare due aneddoti.
Non dimenticheremo mai quella volta in cui ti piazzasti sotto il Nostro
Studio, seduto sul tuo rombante scooter, per avere informazioni su una
causa che non ti avremmo mai fornito nemmeno sotto tortura.
Probabilmente, solo il desiderio di un arancino è riuscito a farti
desistere dopo ore di attesa.
Il secondo aneddoto risale a circa mese fa. Pensavi di averci “scovato”
nel bel mezzo di un “summit” politico. Ed invece – poveri noi! – stavamo
solo prendendo un aperitivo alla fine di un venerdì pomeriggio. Tu, con
la scusa, di voler carpire informazioni preziose sulle primarie e sul PD
hai saccheggiato la Nostra tavola imbandita. Disperati, abbiamo chiamato
in Nostro soccorso il collega Pitrella, il quale, non potendo portarti
via fisicamente, ha pensato bene di partecipare al saccheggio.
Non aggiungiamo altro.
Ti auguriamo solo altri 500 di questi 50 anni.
Kompagno Sergio Cosentino
Kompagno Daniele Sorelli
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AUIh asfdiuy !!! iUhiu sadyu uasdg iuaysd uasdm iusa, iua98adsiuhsad8f7yadsn
ksaiufd asid haisud iaudsfiaf? IUAHUiu saduyg yuasgd i AUGURI iuhsa we,
jsd iuf hw ehu wihu sdiuhf oads oa!!! TI ABBRACCIO FORTE E iuhsdi paoidsu f
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iushiuh oa, iuadsfh oewwi2… sdkhfuesaor hyoh987qf7 awdhu0ay7wf 8a
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Odsa as8g dsa 100 di questi giorni, e iuhsao8dadsh fo8 dsaf!!! ohu osa8d
osadiufaoids oa IUAODSAODSA OIUSADDS OOYGOYG”Y&W!!!!!!!
LOVE,
xoxoxo
Asbesto
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Marco Benanti è giornalista per colpa della destra ed è un uomo all’antica: su facebook continua a concludere con la firma “mb” tutti i suoi commenti anche se il suo nome per esteso è perfettamente leggibile appena sopra. I suoi articoli sono ironici, allusivi sul filo della querela, spesso criptici. A volte tanto ironici, allusivi e criptici che mi capita di doverli rileggere dall’inizio due o tre volte. Con aria interrogativa. Senza successo.
Tanti auguri Marco!
Franz Mannino.
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Fare gli auguri di compleanno a Benanti per lotto marzo. Praticamente una nemesi.
Salvo Spagano
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Marco 50 anni, un film difficile, che certo non accontenterà la stragrande maggioranza della platea. Eppure è encomiabile il desiderio del regista di portare avanti un certo cinema molto teatrale e mettere a nudo tutte le incongruenze e la disonestà intellettuale del protagonista.
Tony Vellini.
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Clandestino in qualche libreria di Catania è il testo, con qualche annotazione redazionale, del decreto di confisca dei beni di Mario Ciancio. A un certo punto Benanti scrive:” Già ne I SICILIANI(2012) Alfio Caruso,[la virgola è un’ intrusa] aveva esplicitato il suo pensiero su Ciancio e il suo sistema di potere, chiarendo che GLI ALTRI,E NON IL SUO POTENTE EDITORE, SI ERANO ALLINEATI ALLE SUE POSIZIONI, perfino i marxisti più puri, da Carlo Muscetta a Pietro Barcellona, finiranno per essere gli sgabelli, che difenderanno Ciancio a spada tratta…”. Né Muscetta né Barcellona sono stati marxisti ( il primo, avellinese, uno degli ‘intellettuali che vissero due volte’, partecipe ai Littoriali letterari degli anni Trenta, bottaiano, passò , nato nel 1912, dal fascismo aristocratico o intelligente all’azionismo anticomunista con brevissima fermata nel Pci, il secondo era una sorta di cattocomunista, più cattolico che compagno, più Freud che Marx, “sono un materialista”- dichiarò – non un marxiano”). Una confusione che è anche di Alfio Caruso il quale scrive un’altra cosa rispetto alla citazione di Benanti. Eccola (pagina 401 de I SICILIANI): ” La lusinga dell’elzeviro, del dotto commento in prima pagina, della confortevole ‘spalla’ in terza, dell’intervista con annessa foto ha ammansito i contestatori più accaniti, i marxisti più puri da Carlo Muscetta a Pietro Barcellona…”. Benanti, Benanti che ancora … i comunisti mangiano i bambini!
Tino Vittorio.
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