Il patrimonio di civiltà e di libertà di un popolo è composta da tanti elementi e sicuramente i valori che derivano dall’etica pubblica di una comunità costituiscono uno dei capisaldi della coesione sociale. Per noi cittadini del (ex) Belpaese che abbiamo una tradizione cattolica è stato letale confondere ad esempio per secoli il reato come un peccato da confessare solamente ai preti e non certamente ai giudici. La questione morale è sempre all’ordine del giorno del Paese e oggi non esistono più ambiti sociali che sono rimasti immuni dal controllo sociale che viene sempre più esercitato da un’opinione pubblica che si estrinseca con i social o con i giornali on line.
Oggi è assai difficile sfuggire ad una realtà pervasa dal virus della corruzione, dalle malversazioni e dagli abusi. Nessuna istituzione e settore della vita pubblica si può dissimulare o nascondere: dalla politica alla burocrazia, dal Vaticano alla banche, dalle imprese alla magistratura assistiamo al crescere o meglio al disvelamento di episodi gravi che minano la credibilità di istituzioni reputate, a torto, immuni da “vizi”. Purtroppo nel mondo della politica registriamo l’anomalia italiana che è stata la scomparsa della tradizione laica, liberale e socialista che ogni giorno è assai evidente, palpabile e riconosciuta . Penso di potere affermare senza tema di smentita che la storia del socialismo è stata una delle grandi novità culturali e sociali del secolo scorso.
L’idea di fondo è stata quella di avere contribuito alla modernizzazione del Paese soggiogato dai fondamentalismi ideologici in cui con modalità diverse il fascismo e il comunismo tentarono di distruggere la tradizione liberale e quella socialista. Ci riuscì il fascismo in parte almeno sul versante repressivo della cancellazione dalla vita civile nel ventennio, mentre il comunismo ha tentato sempre l’annessione culturale di un settarismo leninista e stalinista che si è manifestato persino dopo la caduta del muro.
Rinascendo nel dopoguerra il socialismo visse stagioni di divisioni e spaccature molte volte eterodirette dall’esterno per sterilizzarne la portata della novità nel tessuto sociale. Il senso della tradizione socialista però ebbe il merito di creare a tutti i livelli strutture organizzate aperte, capaci di fare della partecipazione l’humus per i necessari aggiornamenti in itinere, con grandi leader consapevoli dell’importanza del potere per cambiare la società e l’economia con lo spirito gradualista del riformismo che “tosasse la pecora del capitalismo”.
Le grandi riforme della democrazia italiana portano la firma dei socialisti e sono dovute in gran parte al socialismo democratico. In ogni caso c’è stato sempre una convincente elaborazione d’idee che ha consentito battaglie per conquistare, migliorare e mantenere diritti civili e sociali anche con costi e scontri sociali fin troppe volte macchiati dal sangue delle repressioni. Purtroppo l’Italia è stata sempre affetta dal fanatismo ideologico fascio comunista che si è combattuto e si è annullato e gli effetti che si sono prodotti hanno stritolato, indebolito e infragilito l’area liberal democratica. Quando è caduto il comunismo e all’indomani del suo crollo dei regimi dittatoriali cui aveva dato vita, nel mondo occidentale i dirigenti socialisti hanno maturato la convinzione che ormai l’obiettivo prevalente divenisse la conquista e il mantenimento sempre più stretto del potere centrale e periferico. In Italia purtroppo questa svolta si tradusse nella politica delle porte aperte a chiunque fosse in grado di portar voti.
Il Psi negli anni ottanta fu invaso da faccendieri e speculatori di ogni tipo. In capo a Bettino Craxi si può imputare l’errore di avere prestato a questa scarsa attenzione della mutazione della classe dirigente anche se dobbiamo riconoscere tutti che fu l’unico leader politico che ebbe un alto senso di responsabilità nel portare una materia tanto melmosa all’attenzione dell’opinione pubblica nel luogo sacro della democrazia che è il parlamento. Fu di sicuro un atto di chiarezza di fronte ad un sistema politico che non era affatto composto da “verginelle” che avevano ricevuto a piene mani finanziamenti americani e sovietici. Purtroppo fu un tardivo “canto del cigno” rispetto agli allarmi che erano ripetutamente venuti dall’interno anche del partito socialista. Resto convinto che i principi e i diritti fondamentali del Socialismo sono ancor più attuali e vivi oggi nel momento in cui ritorna in essere l’esigenza di un welfare state.
C’è bisogno di forti cure rigenerative, che non possono certo ridursi ad operazioni di nostalgia e di rancore, recuperando un nuovo senso della militanza che non può essere oggi vissuta in termini virtuali, di un forte spirito comunitario e di una vera e propria rinascita dell’etica della responsabilità individuale e collettiva. Le idee di base del socialismo restano eterne e sono veri e propri principi non negoziabili, quali la libertà di opinione e di espressione, l’uguaglianza, la solidarietà, il rispetto delle diversità di genere, razza e religione.
In tal senso l’evoluzione storica del movimento socialista organizzato, anche per l’apertura ad altre contaminazioni ideali e sociali anche a quelle feconde del cristianesimo sociale, ha saputo individuare e conquistare nuovi diritti, quali il diritto allo studio, alla salute, alla protezione dell’infanzia, alla protezione dell’ecosistema, alla pace. Si è confuso a lungo il liberismo che propugna uno Stato limitato nelle sue funzioni con il liberalismo che è invece predica una Stato limitato nei suoi poteri. Purtroppo il neoliberismo selvaggio e senza regole ha travolto le menti come un fiume in piena anche la grande famiglia del socialismo europeo e da qui la sua decadenza in molti paesi di lunga storia.
Oggi bisogna vivificare la storia del socialismo e superare quella regressione culturale che è stata causa della sua scomparsa dalla vita pubblica italiana.
Rosario Sorace.
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