Lavoro e discriminazione: l’ “emergenza ignoranza” fa danno. Gli tolgono il lavoro in quanto sieropositivo.Ma stavolta è finita bene


Pubblicato il 16 Luglio 2013

Incontro con i giornalisti su un caso di questi tempi da “indice lettura O” o quasi (nella foto Luciano Nigro, presidente Lila Catania e gli avvocati Michele Giorgianni e Valentina Riolo)…

di iena miscredente marco benantiL’ignoranza va dal mercato rionale di provincia alle grandi aziende di Stato. Che dovrebbero tutelare la salute, fondandosi sulla conoscenza e la scienza. Ma, in realtà, può non accadere. Tanto da vedere contesti quasi uguali (il mercato della frutta e verdura e la grande azienda sanitaria). Paradosso, mica tanto quando vivi immerso in un contesto da “abissi profondi” quanto a livello culturale. Non cioè -tradotto- quante date conosci o quante poesie ricordi (quello serve per l’abilitazione ad insegnare), ma come ti poni come essere umano pensante (in questo momento storico roba considerata da “terrorista in fasce”).Per fortuna, stavolta l’ignoranza ha perso. Il lavoro è stato restituito a chi aveva vinto il relativo concorso. Un uomo, prima ancora di un operatore sanitario. Ma in quanto sieropositivo era stato considerato “inidoneo” da un dirigente medico. Dell’Asp Catania. Ergo: causa. La legge non consente simili discriminazioni, anzi tutela con particolare cura chi vive l’infezione da Hiv da possibili discriminazioni. Che puntualmente arrivano.E alla fine così ha deciso un giudice del lavoro, in sede di procedura d’urgenza (cosiddetto articolo 700). Un’urgenza arrivata dopo un anno. Ma pochi o nessuno si scompone per questi tempi della “giustizia del lavoro” a Catania. Per fortuna l’operatore sanitario, assistito dagli avvocati Valentina Riolo e Michele Maria Giorgianni, ha vinto: ci ha rimesso due anni “d’inferno”, privato d’occupazione –essere senza lavoro a lungo è, nelle realtà umane, cioè lontane da Catania, considerata una condizione di disagio- un anno per la procedura giudiziaria. Il giudice della sua causa è cambiato: uno è finito alle esecuzioni immobiliari. Ma la legalità lo consente. Amen. (Per nota di cronaca, dal Tribunale lavoro si puà andare anche al Tribunale di sorveglianza. Ma dicono che va bene così).Insomma, questa è l’Italietta dove si può essere privati del lavoro, in quanto sieropositivi, ovvero –precisa il Presidente della Lila di Catania Luciano Nigro- affetti da infezione Hiv.Non “malati”. Non a caso, lo Stato non riconosce a chi vive questa condizione la pensione. Da una conferenza stampa, è venuto fuori questo e altro. ” È il pregiudizio che discrimina e accade in tutta italia” -ha detto Nigro. “E’ lo Stato che discrimina” –hanno affermato gli avvocati Riolo e Giorgianni. Ma lo Stato “non siamo noi”?Nigro ha ricordato la doppia discriminazione: quella operata dalla società degli ignoranti (diffusissima e molto intollerante della propria ignoranza) e quella che il discriminato talora opera su sé stesso, chiudendosi a casa.Mai dare retta alla maggioranza, con le maggioranze belanti stanno le pecore, non gli uomini. Anche quelli con l’Aids.Il contesto dell’Italietta è quanto di più “anarchico”, una fredda e disumana “anarchia del Potere” (Pasolini dixit). Insomma, ci sono le leggi –bellissime, accurate- che dicono che ci vogliono i controlli amministrativi. E alla fine che succede? Arriva un dirigente o un dipendente e ti leva il pane di bocca. Bello, no? Perché il tuo “superiore” ha ragione? O forse perché lo stato è nei fatti una macchina fatta non per gli uomini ma per altro tipo di umanità? E allora, l’operatore (ha una comprovata esperienza professionale, ha lavorato in altre strutture pubbliche al nord –dicono i suoi legali), diventa “inidoneo” fisicamente. E va a casa. A fare la fame. Aiutato dagli amici. Mentre magari il dirigente medico non gli dà la mano. Perché è sieropositivo. Caso di scienza medica?Ma lo strazio alla sua anima chi glielo riconoscerà mai? Si può monetizzare anche questo? Forse ci sarà una causa per danno in sede civile. E in sede penale? Caso da studiare.A Catania l’emergenza è il furto di rame (dixit vertici Procura della Repubblica). Che volete? Al prossimo essere umano macellato dalla infernale macchina, chiamata stato italiano.


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