Le false rivoluzioni italiane

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Lo spiegano molto bene i sociologi. La spinta propulsiva dei movimenti di protesta, con le loro parole di fuoco, la catarsi rigeneratrice, il lavacro moraleggiante, costituiscono alcuni degli elementi essenziali per presentarsi candidi e puri alla conquista del potere, come i veri e unici  protagonisti del cambiamento sociale, e per far breccia sul consenso del popolo, con la consapevolezza (ahinoi) che tante cose promesse (probabilmente) non si realizzeranno.

Ma poi una volta raggiunta le stanze delle istituzioni per conservare le poltrone, oppure per pragmatismo necessario è quasi naturale mutare le linee di condotta,derogare a piacimento le regole di disciplina interne, scalfire la libertà di opinione degli appartenenti, modificare il programma di partenza, far prevalere la convenienza sulla coerenza e garantirsi la permanenza salda al potere. Si spegne  lentamente  la “rivoluzione a (delle) parole” e inizia il grigio conformismo doroteo. Ora nella nostra città deserta, abbiamo da lungo tempo partiti inesistenti, silenti o assenti,  come quello dei democratici che attuano il solito copione del “rinnovamento della (nella) continuità”, o i grillini d’antan che dovevano affermare  un nuovismo degli uomini nuovi, mentre confermano vecchie e deprecabili abitudini, in un crescendo che sgretola energie, (s)cacciando i “portavoce” scomodi, di chi credeva o si illudeva ancora del persistere del mito “dell’uno vale uno”.

Si nobilita l’epurazione del dissenso con la scusa dei soldi non restituiti, che, naturalmente, di per sé era un buon esempio, rispetto a chi  trattiene cospicui emolumenti tutti per sé. Non è il primo caso di violazione, altri ve ne sono sotto le ceneri, pronti ad esplodere. La crisi dei”cultori della palingenesi sociale “, già da tempo,però, continua senza posa e ormai sono stati compressi, rimossi, destituiti i famosi meet up(a proposito ma cos’erano?) per fare posto agli” stati generali” da realizzare in futuro, dopo l’angoscia della pandemia.

Ma per ora c’è un pandemonio nel “non partito” con “la piattaforma Rousseau” che si svuota inesorabilmente anch’essa, mentre ogni tanto riaffiora il frasario rivoluzionario per fare coraggio  tra le truppe confuse, divise e disorientate. Cosicché, da un lato si lanciano grida inconsulte verso gli eurocrati, mentre dall’altro si pronunciano discorsi da uomini di governo responsabili, istituzionali e ordinati. A tal proposito anche Gigi ha dismesso le armi e si è scusato con il “pater familias” della Repubblica per avere  a suo tempo osato chiedere lo stato d’accusa.
Peccati di inesperienza(incompetenza?) di una gioventù(forse) bruciata.

Rosario Sorace.

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Benanti

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