“Legalità catanese”: da domani un provvedimento da “Tardo Impero” sulla “giustizia rossazzurra”

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di iena plebea marco benanti

Con animo trepidante, abbiamo letto ieri il provvedimento -a firma di alte autorità della giustizia catanese-riguardante l’accesso agli uffici giudiziari a cominciare da domani 9 novembre 2020. Davvero un piccolo capolavoro.

Dopo un primo imbarazzo -anch’esso trepidante- abbiamo preso alcuni vecchi libri polverosi, che parlano di legge. E abbiamo letto -come ci ricordavamo per la verità…- del “patrocinio sostitutivo” del praticante avvocato. Infatti, secondo l’Alto provvedimento catanese i praticanti da domani possono entrare in tribunale solo con il loro “mastro”. Peccato che dal 2012(!), come previsto dalla legge 247, art.41 comma 12., accade che:

Nel periodo di svolgimento del tirocinio il praticante avvocato, decorsi sei mesi dall’iscrizione nel registro dei praticanti, purché in possesso del diploma di laurea in giurisprudenza, può esercitare attività professionale in sostituzione dell’avvocato presso il quale svolge la pratica e comunque sotto il controllo e la responsabilità dello stesso, anche se si tratta di affari non trattati direttamente dal medesimo, in ambito civile di fronte al Tribunale e al Giudice di pace, e in ambito penale, nei procedimenti di competenza del Giudice di pace, in quelli per reati contravvenzionali e in quelli che, in base alle norme vigenti anteriormente alla data di entrata in vigore del decreto legislativo 19 febbraio 1998, n. 51, rientravano nella competenza del pretore.

Di conseguenza, un’ottima soluzione “anti-assembramenti”. Ma a proposito: i praticanti vanno in tribunale per lavoro o per parlare con gli amici?

Ma non c’è solo questo aspetto come dire da ambientazioni vetuste (forse l’età avanza anche ai vertici….), ma un altro dettaglio abbiamo notato: i giornalisti come potranno seguire i processi (il processo penale è aperto al pubblico, formalmente non è stato ancora “privatizzato”, sebbene a Catania di fatto accada da qualche decennio).

Visto che ci vorrà -provvedimento dixit- l’autorizzazione di volta in volta, chessò per seguire il “processo Falsaperla” e poi il “Processo Girolimoni”, il compito per un cronista sarà davvero semplificato. Ora, certamente l’art. 21 e mezzo chilo di norme sulla libertà di stampa potranno anche andare a farsi benedire (ma chi parla dei problemi veri dei giornalisti?), ma resta il dubbio: e se legalizzassimo il processo per telefono (forse per taluni della categoria non sarebbe una novità…)? Di fatto, il giornalista potrebbe da domani stare comodamente in poltrona a seguire -per cell.- il suo processo.

Certo, poi magari arriveranno gli “intelligenti e colti” (gli stessi che non si sono accorti che da qualche anno il diritto all’accesso agli atti per i cronisti -a parte gli “amici dei piemme”- è stato di fatto abolito) a ricordare la “superficialità” dei giornalisti. Sante parole! Ad maiora, semper.

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Benanti

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