L’Italia sessantottina nel ricordo di Rosario Sorace


Pubblicato il 01 Settembre 2020

Nel 1968 nel Belpaese gli studenti scesero in piazza per protestare chiedendo riforme e il superamento della scuola classista. 
Il successivo anno nel  1969   ci fu “l’autunno caldo”, che segui  le lotte sindacali per le indennità degli operai alle catene di montaggio e per il diritto all’elezione dei delegati di reparto. Tuttavia si fecero degli accordi che calmarono le acque, ma i conati di conflittualità sia sindacali che sociali proseguirono e non si fermarono.  Lo stesso Generale De Gaulle in Francia fronteggio’ con grandi difficoltà nel maggio del ’68 la protesta esplosa  contemporaneamente tra gli studenti e gli operai. Tuttavia  nel giro di pochi mesi vi pose rimedio anche perché  le  elezioni di giugno diedero al governo una solida maggioranza parlamentare ribadendo la fiducia dei francesi per il governo in carica e così si poté varare una nuova riforma universitaria che riarticolo’ l’istruzione superiore di massa. Mentre la politica economica fu orientata a determinare una decisa manovra deflazionistica per ridurre al minimo l’impatto dei nuovi vistosi aumenti salariali concessi dalle imprese.
Nell’aprile dello stesso anno in Germania fu fatto oggetto di un attentato Rudi Dutschke, detto Rudi il rosso, che fu uno dei rappresentanti della sinistra extraparlamentare tedesca. Ci furono  durissime e prolungate manifestazioni che coinvolsero centinaia di migliaia di persone, in gran parte studenti e lavoratori. 
L’Italia, invece, rimase esposta alle fiammate delle proteste per oltre un decennio e ciò avvenne  per la sostanziale incapacità delle istituzioni di svolgere le funzioni di indirizzo politico e di governo, che si appaleso’ come una   debolezza complessiva della struttura statuale, per quanto riguarda il suo ruolo stabilizzatore della società civile, ormai incandescente e difficile da domare. Nel maggio 1968 ci furono le elezioni in Italia e il risultato vide rafforzarsi il centro, con la Dc e Partito Repubblicano consolidarsi come pilastri di qualsiasi coalizione. Mentre subirono una sconfitta i socialisti e di converso ottennero un risultato positivo gli altri due partiti della sinistra, Partito Comunista Italiano  e il Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria.
I socialisti non riuscirono a contenere le perdite stretti com’ erano dalla concorrenzialita del Pci da un lato e dall’incapacita di occupare maggiori spazi nelle fasce dell’elettorato moderato che rimase fedele ai democristiani. Poi la caduta della Cecoslovacchia di Dubcek nell’Agosto 68 non fu percepito come  l’occasione per prendere le distanze dal partito comunista, che, comunque, fu molto timido nella condanna dell’intervento militare sovietico che nella notte fra il 20 e il 21 mise fine alla “primavera di Praga”.Non si riuscì a riconoscere ai socialisti il merito di avere fatto approvare in quegli anni le più importanti riforme sociali. Da ricordare in particolare  la riforma previdenziale del 1969 e poi la legge 300, che prese  il nome di statuto dei lavoratori, approvata nel 1970,  che fu anche l’anno in si ridefini il nuovo ordinamento regionale.
Ci furono i primi fermenti nei partiti che pose  Aldo Moro, principale leader della Dc in tutti gli anni sessanta, alla ricerca di un dialogo e di un confronto ravvicinato  con il PCI, poiché statista pugliese parti dall’assunto che dal seno del mondo comunista vi erono una buona parte “le forze della protesta e del radicale rinnovamento”. I comunisti si mostrarono interessati dopo il 12 congresso del Pci che si svolse nel 1969 a questa novità politica di Moro che venne definita da lui stesso “una strategia dell’attenzione”. Moro in quel momento storico fece parte dei “dorotei” che fu una delle correnti politiche più importanti della democrazia cristiana, che prese il nome dal convento romano di santa Dorotea, nel quale si  iniziarono a riunirsi nel 1959 e che rappresentò sempre la parte più moderata del partito. Fu per lungo tempo la componente maggioritaria del partito che si prefisso’ di mantenere un equilibrio tra le parti sociali e politiche, con una mediazione estenuante delle vecchie e nuove corporazioni e lobbies,  degli interessi sociali contrapposti in gioco, puntando innanzitutto al mantenimento del potere in una sorta di gestione amministrativa di un grande “condominio politico”. Gli anni ’60 si chiusero però con l’inizio di un incubo che fu la strategia della tensione che iniziò con il  terribile giorno del  12 dicembre 1969.
Infatti a piazza Fontana nella  sede della banca nazionale dell’agricoltura di Milano, un ordigno contenente 7 chili di tritolo provocò decine di vittime e quasi un centinaio di feriti. La matrice fu di  destra, dei gruppi dei neofascisti, ma fece  più scalpore la copertura e il favoreggiamento dei servizi segreti dello stato, poi definiti deviati. Ancora dopo tanti anni e processi non si è riusciti a capire bene cosa successe e chi furono i colpevoli.Si sa soltanto che la strategia della tensione e gli anni di piombo ci accompagnarono per quasi vent’anni in un ordalia del terrore.
Rosario Sorace.

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