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Lo “spacchio” via social, disagio o solitudine?
Pubblicato il 24 Agosto 2020
di Chiunque il quale
Si chiama ostentazione o se volete “spacchiu”. Una volta si ostentava e si faceva gli “spacchiosi” al bar, tra amici o colleghi di lavoro. Oggi la ribalta si chiama Facebook o Instagram e ogni occasione è buona per far sapere cose che potrebbero, anzi dovrebbero, rimanere tra le mura domestiche.
Che bisogno c’è di postare le foto delle vacanze o quelle di una cena con gli amici. Qual è la necessità di mostrare regali o di mettersi in posa come fotomodelli o fotomodelle. Perché mai assumere pose osè, mostrando tette, cosce, muscoli(anche flaccidi), indossando costumi o abiti succinti.
Questa, chiamiamola mania, non risparmia nessuno. Accomuna tutti gli strati sociali. Sotto questo profilo i social sono una vera livella sociale. E fa davvero impressione vedere distinte signore, ragazze apparentemente “per bene” e professionisti fare a gara con amiche e amici pur di acchiappare like e commenti. Per non parlare di quelli che si lasciano andare a commenti, considerazioni e opinioni su tutto e su tutti. Ma perché? Qual è il vostro malessere?
Cosa vi spinge a comportarvi così? Perché postare la foto della colazione al bar, della grigliata con gli amici o del vostro giro in barca? Perché mai dovete far sapere che siete stati in vacanza all’estero o che avete comprato la nuova macchina? Perché comunicare a mezzo social che vi siete fatti una piscina in giardino o la villetta singola? Se il fisco controllasse in modo sistematico i profili social potrebbe scoprire cose assai interessanti. Perché dietro all’ostentazione c’è, naturalmente, la disponibilità di denaro. Gli psicanalisti avrebbero tanto da lavorare e forse solo loro potrebbero spiegarci cosa si nasconde dietro questa overdose di comunicazione “urbi et orbi”.
Ma senza dover scomodare degli specialisti possiamo sicuramente affermare che, oltre all’ostentazione e allo “spacchio”, c’è sicuramente la solitudine, la ricerca di conferme, un disagio manifesto della propria personalità. Che tristezza!
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