Conferenza stampa (nella foto) per una vicenda dallo scenario che si ripete nel tempo…di iena giudiziaria
Appalti, subappalti e…mafia, secondo l’Accusa: nulla di nuovo sotto il Sole di Sicilia. Stamane, nel corso di un incontro con i giornalisti, i vertici della Procura di Catania hanno illustrato un’operazione dei carabinieri che ha portato a cinque arresti e al sequestro preventivo di due società. I militari dell’Arma hanno eseguito un provvedimento restrittivo emesso dal Gip di Catania su richiesta della Dda etnea nei confronti di cinque persone accusate a vario titolo di associazione di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni e concorso esterno in associazione mafiosa. Al centro della vicenda la cosiddetta “variante di Caltagirone”.
A finire in manette sono stati l’amministratore delegato della Fip di Padova, Mauro Scaramuzza 55 anni, e Gioacchino Francesco La Rocca 42 anni, figlio del capomafia detenuto ‘Ciccio’, assieme a Giampietro Triolo, 53 anni, Gaetano Triolo, 42 anni e Achille Soffiato, 39 anni. I particolari dell’operazione sono stati resi noti questa mattina durante una conferenza stampa presieduta dal Procuratore della Repubblica di Catania Giovanni Salvi, con al suo fianco il neo capo della Procura di Siracusa Francesco Giuseppe Giordano, il procuratore aggiunto Carmelo Zuccaro, il comandante provinciale dei carabinieri colonnello Alessandro Casarsa e il comandante della compagnia carabinieri di Caltagirone il capitano Giovanni Orlando.
Dalle indagini dei carabinieri sarebbe emerso l’interesse della storica “famiglia” mafiosa di Caltagirone dei La Rocca, legata a Cosa nostra, nell’esecuzione dei lavori. Secondo l’Accusa, la cosca avrebbe agito affinchè venissero dati in subappalto a ditte direttamente controllate dal clan con contratti artificiosamente frazionati in modo da eludere la normativa antimafia, percependo così un indebito profitto mediante l’ottenimento di finanziamenti pubblici. Tra gli arrestati c’e’ Scaramuzza, ad della Fip di Padova, impresa di rilevanza internazionale, aggiudicataria dell’appalto.Il Procuratore della Repubblica di Siracusa Giordano ha sottolineato che l’operazione di oggi offre uno spaccato di scuola: un impresa del nord che arriva in Sicilia, che si collega con un impresa importante della Sicilia, dando lavori in sub-appalto ad aziende presenti sul territorio. Naturalmente, con collusioni mafiose, secondo l’Accusa.
Il coordinatore della Dda Carmelo Zuccaro si è soffermato sugli aspetti tecnici: “le norme prevedono – ha detto Zuccaro – che i lavori che superano i 154 mila euro debbano essere procedute da un certificazione antimafia, la Prefettura deve fare gli accertamenti prima ancora del contratto di sub-appalto. Mentre per il lavori sotto questa soglia, è sufficiente che venga previamente inviata alla Prefettura il nome della ditta con allegato una visura camerale con la dicitura antimafia”.
L’attività investigativa, condotta dalla compagnia carabinieri di Caltagirone ha mosso i primi passi nel mese di giugno 2011 quando sono iniziati i lavori di costruzione della SS 683 Licodia Eubea-Libertinia. L’indagine ha permesso di accertare che i lavori di edificazione del 1° stralcio “Variante di Caltagirone” per un tracciato complessivo di 8,7 Km, era stato aggiudicato per una somma di 111 milioni di euro dalla Associazione Temporanea di Imprese (A.T.I.) con dentro la F.I.P. finita nel mirino degli investigatori.I carabinieri hanno avviato una attività investigativa anche di tipo tecnico, che ha consentito sin dall’inizio di comprendere come l’A.T.I., per l’esecuzione dei lavori, secondo l’Accusa, si appoggiasse a ditte quali la “Edilbeta Costruzioni”, dalla quale, secondo l’accusa, aveva acquistato il terreno per il campo base, e intrattenesse rapporti personali e commerciali con Gioacchino La Rocca, una delle poche persone che, seppur senza alcun titolo, aveva libero accesso nell’area del cantiere.
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