Mafia e corruzione: “Town Hall”, ovvero il “volto sporco” di Mascali

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Stamane conferenza stampa (nella foto il Procuratore Giovanni Salvi con il comandante Alessandro Casarsa) su un’operazione che…

di iena giudiziaria

Arrestate dai carabinieri della compagnia di Giarre dieci persone (quattro in carcere e sei ai domiciliari) per l’accusa -a vario titolo- di corruzione aggravata dal metodo mafioso (anche sottrazione fraudolenta al pagamento di imposta, aggravata; millantato credito, continuato) nell’ambito di un’inchiesta denominata “Town Hall(Municipio)” su presunti rapporti tra ex amministratori del comune di Mascali, sciolto per mafia nel 2013 su indagini di militari dell’Arma di Giarre, imprenditori e Cosa nostra.

Tra i destinatari del provvedimento emesso dal Gip Anna Maggiore, su richiesta della Dda Procura di Catania, ci sono l’ex sindaco Filippo Monteforte, l’ex presidente del consiglio comunale Biagio Susinni e Alfio Romeo ritenuto esponente del clan Laudani.L’ex sindaco Filippo Monforte fu indagato, nel gennaio scorso, nell’ambito dell’inchiesta “Nuova Ionia” della Procura di Catania, che è in fase di richiesta di rinvio a giudizio, su rifiuti e mafia. Il reato ipotizzato nei suoi confronti, a conclusione di indagini della Dia, è di corruzione. Una sua richiesta di arresto sollecitata, in quell’occasione, dalla Procura fu rigettata sia dal Gip sia, successivamente, dal Tribunale del Riesame di Catania.

L’attività di indagine veniva avviata in direzione di Alfio Romeo e proprio dal suo monitoraggio ed in particolare dall’ascolto delle conversazioni che avvenivano all’interno del ristorante “Liperus” di Piedimonte Etneo, al tempo di sua proprietà, emergevano frequenti incontri con l’on. Susinni nel corso dei quali -secondo l’Accusa-, al fine di favorire Romeo e il clan mafioso di cui era parte nonchè gli “amici” imprenditori di Mascali e di Catania, venivano concordate variazioni al Piano Regolatore Generale del comune (modificando le destinazioni dei terreni, da zona agricola a zona di espansione edificabile) così da permettere la costruzione di strutture ricettive e parchi residenziali. In cambio del suo “interesssamento” Susinni riceveva denaro contante ovvero altre utilità, quali ad esempio appartamenti. Questo sempre secondo l’Accusa.

Inoltre, la rete di rapporti di Susinni gli avrebbe permesso di far credere a dei soggetti, anche loro indagati, di avere la possibilità, dietro pagamento di denaro, di intervenire, per il tramite dei suoi complici, presso la Corte di Cassazione e l’Università di Messina al fine di pilotare alcune sentenze e favorire gli studenti per il superamento di test di ingresso per la facoltà di Medicina e Farmacia o di esami della facoltà di Giurisprudenza.

Il consiglio comunale di Mascali fu sciolto, una prima volta, il 5 giugno del 1992 per pressanti condizionamenti degli amministratori locali da parte della criminalità organizzata.

Coinvolto anche l’imprenditore Alfio Luciano Massimino, 53 anni, tra i destinatari del provvedimento di custodia cautelare eseguito da carabinieri nell’ambito dell’inchiesta sul comune di Mascali coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia della Procura del capoluogo etneo. Alfio Luciano Massimino ha legato il suo nome anche alla storia del Calcio Catania. Figlio di Luigi e nipote di Angelo e Salvatore aveva ricoperto la carica di dirigente della società tra il 1991 e il 1992, quando il presidente era lo zio ‘Turi’. La società rischiò il fallimento dopo la messa in liquidazione disposta dal Tribunale del capoluogo etneo su richiesta della Figc per irregolarità nei bilanci. Il Calcio Catania fu salvato da Angelo Massimino che, con un aumento di capitale, consentì l’iscrizione della squadra nel girone B del campionato di Serie C1.

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Redazione Iene Siciliane

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