Mafia e Sant’Agata: tutti assolti al processo perchè il “fatto non sussiste”.Il “comitato legalità” fa i complimenti agli investigatori: “Grazie Procura”


Pubblicato il 10 Febbraio 2013

All’indomani della sentenza assolutoria con formula piena degli imputati al dibattimento per le presunte infiltrazioni, dal soggetto che porta avanti il cambiamento nella festa parole di elogio….di iena miscredente marco benanti

Le sentenze non si commentano. Poi c’è da attendere le motivazioni. Intanto, diciamo che il clima è cambiato, sono mutate alcune “cattive abitudini” nella festa della Patrona. Insomma, c’è da sperare ed andare avanti. Questo in sintesi il senso delle parole dei rappresentanti del “comitato per la legalità nella festa di Sant’Agata” che il giorno dopo la clamorosa sentenza della quarta sezione del Tribunale di Catania, hanno incontrato i giornalisti presso un’aula dell’Ateneo di Catania, al Monastero dei Benedettini (nella foto in alto il pezzo de “La Sicilia” di oggi).

Ecco Renato Camarda (nella foto in basso), uno dei promotori del “comitato”: “le sentenze non si commentano e, comunque, aspettiamo le motivazioni. Ma intanto dobbiamo dire un grazie alla Procura di Catania che, per la prima volta, ha squarciato il velo che copriva la festa di Sant’Agata, le mezze parole passate di bocca in bocca e mai dimostrate. Le indagini della magistratura, per la prima volta, hanno certificato, con foto, documenti, testimonianze e intercettazioni, la presenza all’interno del circolo di Sant’Agata alla Collegiata di persone legate ad un certo mondo…”

Certo, il dispositivo di sentenza dice che “il fatto non sussiste”: ergo niente ingiusti vantaggi, niente estorsioni, niente profitti ingiusti, niente mafia. Nulla! Allora? Certo, personaggi “bordeline” -per non dire altro- avevano ruoli di primo piano all’interno di momenti topici della Festa: “oggi non è più così”-dicono dal comitato, con il prof. Nunzio Famoso, Maria Teresa Ciancio e altri. Ma chi è devoto deve presentare il certificato penale?-Cerchiamo di chiedere noi. Alla fine ci rispondono: “la libertà di religione non è in discussione”.

Camarda spiega ancora: “per scogliere e commissariare un consiglio comunale per mafia non è necessario provare che i consiglieri abbiano compiuto crimini, è sufficiente provare i loro legami e collegamenti con la criminalità organizzata. E nel caso della festa di Sant’Agata, almeno fino al 2005, la presenza è dimostrata.” Non si nascondono -è bene dirlo- le responsabilità morali della chiesa catanese per quanto accaduto in quegli anni. Per il resto (qualche “guadagno” di fede?) non c’ è prova.

Nella prospettiva del “comitato” l’indagine della Procura ha fatto emergere l’assenza di regole nella festa (a proposito, ma al comune e nella chiesa catanese si “dormiva” allora?). Certo, quest’anno è arrivata “l’isola della legalità” a piazza Cavour.Inoltre, su spinta della Prefettura, è arrivata la decisione di formare un gruppo -con vari componenti, dalle forze dell’ordine al comitato- per verificare e cercare soluzioni ai problemi della festa.

Da parte nostra resta però un dubbio amletico: ma tutti questi anni di indagini e dibattimento quanto sono costati alla collettività? Perchè è così “sconveniente” dire tutto, anche i costi di indagini che non hanno portato a nulla di penalmente rilevante? Perchè la magistratura deve essere trattata come una sorta di “area degli intoccabili” che non deve rendere conto di quello che fa? Domande “politicamente scorrette” -ce ne rendiamo conto- nell’italietta che affida la sua “salvezza” a magistrati e codice penale (di Alfredo Rocco, Ministro di Mussolini, lo si ricordi). Ma nelle democrazie mature (una ci pare viene indicata oltre Oceano) nessuno è “intoccabile”, a cominciare dai giudici. Altra storia?

 


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