Stamattina conferenza stampa (nella foto) per un’operazione…di iena giudiziaria
Tempi duri non solo per i clan, ma anche per alcuni imprenditori senza scrupoli che chiedono aiuto alla mafia. Questa mattina in tutta la provincia di Catania, oltre cento carabinieri hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale, su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia guidata da Giovanni Salvi, nei confronti di undici persone, due di questi si sono rese irreperibili. Contestati i reati di estorsione e rapina. Le indagini hanno permesso di ricostruire alcune estorsioni commesse nella provincia di Catania e, per la prima volta, è stata disposta la carcerazione per piccoli imprenditori i quali avrebbero, secondo l’accusa, ricorso a soggetti mafiosi per il recupero di presunti crediti.Le indagini condotte dal nucleo investigativo del comando provinciale dei carabinieri di Catania, svolte anche con il contributo determinante della squadra mobile della Questura di Catania, scaturiscono dalle denunce presentate da alcune vittime di estorsione, le quali, stanche delle continue violenze e vessazioni, si sono rivolte alle istituzioni. La prima vittima, un imprenditore edile di Mascalucia che nel 2011, ha subito prima una rapina di un proprio mezzo, poi una aggressione e gravi lesioni personali, in questo caso Filippo Anastasi 33enne, di Aci Castello e Antonino Fosco 32enne, di Tremestieri Etneo avrebbero costretto a pagare un presunto debito di 25mila euro nei confronti dei piccoli imprenditori Giovanni Spina e Domenico Indelicato, finiti in carcere. Il capo della procura Giovanni Salvi ha sottolineato che l’operazione di oggi “è il frutto di un lavoro comune, tra la DDA, il reparto operativo dei carabinieri e della polizia. Con questa operazione -ha detto Salvi- abbiamo eliminiato una parte siglificativa del clan Laudani”.
Il capo della Procura Salvi ha tenuto anche a precisare che in questa operazione “ci sono due tipi di imprenditori, quelli che hanno consentito di individuare gli estortori, e quelli invece che si erano rivolti alla criminalità organizzata per riottenere il recupero dei crediti, questi ultimi rispondono del concorso delle estorsioni fatte”.Mentre il comandante provinciale Casarsa ha sottolineato”che pagare il pizzo non conviene, le attività che venivano estorte erano tipiche, di una realtà catanese, come l’imprenditore di una fabbrica di fuochi d’artificio, o il paninaro”. “Non erano attività di grosse dimensioni – ha detto il comandante provinciale – ma che in realtà girano un bel movimento di denaro”.
“La particolarita’ di questa operazione, e che imprenditori, si erano rivolti alla criminalità'”.
“Si rimane dalla parte della legalità – continua Casarsa – soltando dalla parte della linea che divide la legalità dall’illegalita’, forme grigie non ce ne sono”. Mentre il sostituto procuratore Giovannella Scaminaci, che ha diretto le indagini, ha evidenziato che l’imprenditore che si rivolge al clan per il recupero del credito, questo non lo fa gratuitamente, e quindi il clan pretende a sua volta una percentuale. Il sostituto ha evidenziato anche che per la prima volta in carcere ci sono andati anche imprenditori incensurati. “La condotta di incorrere sistematicamente ai mafiosi, è lontano dal vivere civile, è indice di pericolosità sociale. Gli imprenditori che ricorrono alla mafia, sono consapevoli della violenza delle minaccie per il recupero del credito”.Nel faldone dell’ordinanza, alcune estorsioni. Una di queste avvenuta nel luglio del 2010, che riguarda il titolare di una fabbrica di fuochi d’artificio di Santa Venerina il quale sarebbe stato avvicinato da Gianluigi Partini, Stellario Fileti e Omar Scaravilli che, dopo averlo derubato di un grosso quantitativo di articoli pirotecnici posti sotto sequestro, avrebbero preteso che pagasse per la riconsegna del materiale trafugato 15mila euro. La vittima era costretta a anche a pagare 8mila euro nonché a consegnare ai suoi aguzzini anche 17 bancali di fuochi di artificio. Una terza estorsione commessa, nel maggio del 2010, da Omar Scaravilli ai danni di un imprenditore edile di Valverde, costretto al pagamento di una somma inziale per la “messa a posto” pari a 9mila euro ed alla successiva consegna di 600euro mensili a titolo di “pizzo”.Mentre nel maggio del 2013, da Omar Scaravilli, Luca Agatino Pellegriti e Nunzio Spanò ai danni di un imprenditore dolciario di Bronte, il quale sarebbe stato costretto, attraverso reiterate minacce, a ritirare l’istanza di fallimento presentata nei confronti di una ditta riconducibile ad uno dei tre soggetti per un debito di circa 400mila euro. Nell’ordinanza si fa altresì riferimento ad un episodio di aggressione al titolare di una trattoria commesso da Antonio Fosco e Omar Scaravilli, motivato da banali questioni sull’orario di prenotazione di un tavolo, le cui indagini sono state condotte dalla squadra mobile della Questura di Catania. Gli arrestati, dopo le formalità di rito, sono stati tradotti presso il carcere di Catania-Bicocca in attesa dell’interrogatorio di garanzia che si svolgerà nei prossimi giorni.
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