Malasanità: per tre medici imputazione coatta


Pubblicato il 01 Ottobre 2011

    

 Palazzo_GiustizQuel che accade, ogni giorno, nella sanità meriterebbe un “libro bianco”, anzi, vista la gravità dei fatti, un “libro nero”. Vicende drammatiche, morti, negligenze, diritti negati e chi più ne ha più ne metta. Quel che andiamo a raccontare è una storia di malasanità che ha portato alla morte di una persona,  una donna piena di vita. E a Palazzo di Giustizia la vicenda non è chiusa, anzi.
Non è chiuso il caso di Giovanna Russo, la donna di 47 anni deceduta, nel maggio del 2008, nel reparto di malattie infettive dell’ ospedale “Nuovo Garibaldi”, dopo  un travagliato iter sanitario, con un probabile ritardo nella diagnosi di meningite. Una vicenda terribile, dalla malattia, alle controverse cure al “Garibaldi” e al “Cannizzaro”,  dalla  morte all’apertura dell’inchiesta per omicidio colposo della Procura della Repubblica, con 14 indagati, dopo la denuncia dei familiari: ora ci sono sviluppi interessanti, dopo due richieste di archiviazione avanzate dalla Procura della Repubblica e parzialmente accolte dal Giudice per le Indagini Preliminari.
Il 23 febbraio scorso,  il Giudice per le Indagini Preliminari Santino Mirabella ha, infatti, emesso un provvedimento con cui “…si invita il P.M. a formulare nei tempi di legge l’imputazione di omicidio colposo nei confronti di Bonaventura Paolo, Rubicondo Antonio Clemente e Spadaro Luisa…”. Invito soddisfatto dalla Procura.
Per il primo medico scrive il Gip che “….preso atto della negatività della Tac, non ritiene di approfondire consigliando una consulenza ortopedica, e, quindi, facendo cambiar la strada che poteva portare al rilevamento della malattia; quindi, pur con il ‘senno di prima’, appare inadeguato il modo in cui il medico non effettui quei richiesti approfondimenti, pur in presenza di elementi che, pur non certi, in ogni caso avevano portato i medici del pronto Soccorso a ritenere di cautelarsi: pertanto la posizione di Bonaventura Paolo appare colpevole. Ancora: allo stesso orario risulta che anche il referto del neurologo, che parla però di ‘rigidità cervicale’, apparentemente fuorviando rispetto a quel che era in corso dato che la rigidità nucale ha riferimenti neurologici e proprio al neurologo appare non rilevata; eppure dalla cartella clinica nr. 2075 di qualche ora dopo si rileva –dall’esame all’ingresso- già una indicativa e la già riferita letargia; eppure il sospetto non era nato e continuava a non nascere; appare quindi da mantenere processualmente anche la posizione del Rubicondo…”. Infine: “…appare grave la posizione della Spadaro, che è colei che ha ‘ridotto’ la già accertata rigidità nucale in rigidità cervicale, rallentando possibili interventi; solo in seguito, infatti, la rigidità torna ad essere ritenuta nucale e si arriva alla diagnosi ed alle cure necessarie…”
Quindi, il caso non è chiuso: è probabile che si aprirà un processo per una vicenda per più  aspetti tutta da verificare nelle responsabilità.
Prossima udienza, davanti al Gup Di Giacomo, l’11 novembre quando sarà sentito il dott. Rubicondo, così come disposto dal Gup su richiesta della Difesa dell’imputato. Era stato chiesto dalla Difesa dell’imputata Spadaro che venisse sentito il perito dott. Ragazzi che per due volte non si è presentato in aula e la dott.ssa Spadaro, richieste rigettate. Le parti civili si sono opposte. Richieste che sono state contestate: non si capisce cosa potessero portare di nuovo. 

Resta il dramma della famiglia Russo. Giovanna Russo, infatti, donna piena di vita, è deceduta dopo una serie di incredibili viaggi fra ospedali diversi, dal vecchio “Garibaldi” al nuovo ospedale di Nesima, al “Cannizzaro”.  Il tutto senza individuare, se non dopo settimane e settimane, dopo esami e accertamenti in serie, la vera malattia della donna: meningite. Si può curare una malattia simile con antidolorifici e antinfiammatori come accaduto con la signora Russo? Ma com’è stato possibile non arrivare, in tempi decenti, alla vera diagnosi? Come non accorgersi dei sintomi, come quello ricorrente per la meningite del cosiddetto –nel gergo medico- “rigor nucalis”, cioè la difficoltà alla flessione del capo? Ma per il dott. Ragazzi, stimato professionista di fiducia della Procura della Repubblica di Catania, tutto è stato fatto bene in ospedale. Le conclusioni della sua perizia sono state ampiamente giustificative dell’operato dei medici. Per la Procura della Repubblica bastava e avanzava: si archivi. Le parti offese, difese dagli avvocati Donatella Singarella, Francesco Marchese e Giuseppe Fichera, si opponevano.

Il 15 aprile 2010, il Gip Mirabella accoglieva solo in parte la richiesta. Il Gip emetteva provvedimento di archiviazione parziale per taluni dei medici indagati ed al contempo invitava  il Pm  a svolgere attività istruttoria al fine di: approfondire quali furono le reali prestazioni di essi sanitari nell’ambito della vicenda Russo; chiarire dei punti oscuri che insistono in alcune cartelle cliniche, anche perché “non è chiaro chi abbia fato cosa…”(così si esprime il G.I.P.); infine individuare eventuali altri soggetti, non compiutamente individuati all’atto della iscrizione della notizia criminis, anche perché parrebbe che anche altri sanitari siano coinvolti nella vicenda. E com’è andata a finire?
L’ulteriore attività istruttoria non si è concretizzata in altro che sentire a sommaria informazione gli indagati ed il perito dott. Ragazzi. Di qui cosa ne scaturiva? Richiesta di archiviazione. Del resto, gli indagati, sentiti come testi assistiti, si sono limitati alcuni a dire che hanno ben operato, altri si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Si è arrivati al paradosso che coloro che hanno invocato il diritto al silenzio hanno risposto che “mi riservo di rendere interrogatorio qualora mi dovessero essere rese note eventuali ipotetiche condotte nei miei confronti”. Ma non sapevano già da oltre due anni che erano indagati per omicidio colposo?
E il dott. Ragazzi? Ha confermato che lui, il dott. Ragazzi, ha ben operato con la sua perizia. Insomma, i medici non hanno colpe in questo caso, secondo lo stimato professionista. Non è stato sentito, invece, il consulente delle parti offese, il dott. Raffaele Benanti: cose che capitano. Alla fine –incredibile a dirsi- tutto andava bene, a sentire indagati e dott. Ragazzi s’intende. Di qui, visto che gli indagati e il perito più “gettonato” del Palazzo di Giustizia di Catania non sono il “Vangelo”,  la nuova opposizione degli avvocati delle parti offese. E la decisione del Gip Mirabella.


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