Catania

Matteo Iannitti: “il più votato in assoluto a Catania…è Daniele Bottino con 2367 voti. Bottino dieci anni fa era capogruppo di maggioranza con Enzo Bianco e 5 anni fa è stato eletto in consiglio comunale come capolista della lista Con Bianco per Catania. Questa è la città”

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Matteo Iannitti, le elezioni ci lasciano un quadro di speranza o di sconforto?

Penso che ci consegnino una realtà, che era già evidentissima. Il ceto politico e i poteri della città seguono il vento e virano a destra. Ora abbiamo semplicemente una fotografia più nuova. Non credo che le elezioni siano un ring sul quale vincere o perdere, credo che le elezioni siano più simili a una cartina al tornasole che ci racconta gli equilibri di potere della città. Lo sconforto riguarda il fatto che gli ultimi anni di attività sociale e politica non hanno determinato alcun avanzamento nel consenso della sinistra a livello politico ma anzi, paradossalmente, un arretramento. La speranza è che ce ne rendiamo conto, senza autoassoluzioni e senza scorciatoie.

Chi ha vinto? Questa destra cosa rappresenta?

Credo che ci sia un piano formale della comunicazione pubblica, un po’ romanzato, nel quale ovviamente vince Fratelli d’Italia, vince il blocco di potere che in questo momento governa Roma e Palermo. Dove vince di fatto chiunque stia nel campo della destra che conquista oltre il 70% di voto delle liste. Da Falcone a Cuffaro, da Pogliese a Galvagno, passando per Raffaele Lombardo. Credo che però nella realtà, tranne rarissime eccezioni, la vittoria stia nelle mani e nelle menti di alcuni consiglieri comunali o delle loro famiglie che hanno lavorato e cementato talmente tanto consenso da prendere, da soli, quanto intere altre liste: Daniele Bottino, Andrea Barresi, Riccardo Pellegrino, Giovanni Curia, Giovanni Petralia, Sebastiano Anastasi, Salvatore Giuffrida, Maurizio Mirenda, Nuccio Lombardo, Daniele Capuana, solo per citarne alcuni e ce ne sarebbero moltissimi altri. Detentori di un consenso personale slegato da vincoli di partito pronto a essere collocato dove conviene. Credo che abbiano vinto loro, molto più di Trantino. E credo che a differenza di 10 e 5 anni fa, quando questi portatori di migliaia di voti limitavano la loro ambizione al seggio in consiglio comunale, adesso che sono cresciuti pretenderanno gli assessorati: questa sarà la nuova faccia dell’amministrazione Trantino. E avrà più le sembianze di un CAF che di una casa del balilla.

Chi ha votato Trantino? Ci sono, a tuo avviso, novità nelle dinamiche del voto?

Credo che a Catania il voto ideologico, legato all’appartenenza politica, sia residuale. Penso che possa riguardare il 10% dei cittadini. Tutto il resto è volatile, familiare o clientelare. Non credo per questo che esista un vero consenso politico diffuso attorno a un’offerta politica. Molti sono andati a votare senza sapere nemmeno a chi appartenesse politicamente il simbolo votato. Contava la persona. E da questo punto di vista i candidati sponsorizzati da Trantino non hanno avuto un così grande successo, a dimostrazione che il nuovo Sindaco è stato scelto tramite una mediazione al ribasso e non per il suo ruolo di traino. Un fatto che avrà un peso enorme nei prossimi anni di amministrazione. Rispetto alle dinamiche del voto ci sono state due novità e una conferma: il crollo dell’argine del bipolarismo. La destra ha stravinto. Con ogni probabilità se si fosse presentata divisa avremmo assistito a un ballottaggio tra Lega e Fratelli d’Italia. Seconda novità la scarsa partecipazione al voto che ha determinato che alcune pratiche di controllo clientelare del consenso avessero molto più impatto. Infine è stato confermato il divario assoluto tra centro e periferie nell’espressione del voto, con la distanza abissale tra terza municipalità (Borgo-Sanzio) e sesta municipalità (Librino-San Giorgio). Nella sezione 30 dell’Archimede al viale Regina Margherita, Caserta e Trantino prendono entrambi 188 voti. Nella sezione 49 alla scuola XX Settembre in via Signorelli, Caserta prende 155 voti e Trantino 140. Ma nella sezione 286 alla Pestalozzi del Villaggio Sant’Agata Caserta prende 8 voti, Trantino 352.

Che giudizio dai della campagna elettorale di Caserta?

Credo che ci sono state tre fasi. La prima, molto bella ed entusiasmante, aperta, della quale siamo stati coprotagonisti con l’Arci, insieme alla CGIL e tante altre associazioni, lanciata dal “forum civico Catania può”. È stato il momento della realizzazione dei tavoli tematici, della costruzione della coalizione progressista, della redazione del programma. La seconda fase è stata caratterizzata invece da una chiusura: la scelta della candidatura a Sindaco, il disastro dell’indicazione di Abramo, la coalizione sul punto di precipitare e infine la generosità di Maurizio Caserta. La terza fase è stata la meno entusiasmante ed ha coinciso con l’illusione che contro questa destra, per essere competitivi , bisognava imitarla: il maggior numero di liste possibile in coalizione, nessun vincolo sulla natura delle candidature, toni rassicuranti, l’ambizione di convincere l’elettorato moderato. È in questa fase che si apre la coalizione a Bianco e Tomasello, che si chiudono le liste con persone provenienti dalla destra e persone che sarebbe stato inopportuno candidare, che si decide di non stilare un protocollo di legalità per l’ingresso e la candidatura nella coalizione. In questa ultima fase come Arci abbiamo fatto un passo indietro, consegnando a Maurizio Caserta, ai partiti della coalizione e ai rappresentanti del forum Catania Può una lettera con la quale comunicavamo che quel percorso aveva cambiato la sua natura e noi non potevamo più farne parte. Con senso di responsabilità non abbiamo reso pubblica quella lettera. Credo che questa proposta elettorale sia nata da un lavoro condiviso e Maurizio Caserta, che si è speso con enorme generosità, non debba in nessun modo essere trasformato nel capro espiatorio della sconfitta. Credo però che Maurizio e i dirigenti dei partiti della coalizione, tranne rarissime eccezioni, non abbiano avuto abbastanza coraggio. Noi proponevamo di essere radicalmente diversi e alternativi non solo alla destra ma anche a quel sistema di potere che ha governato Catania negli ultimi vent’anni. Proponevamo di non aprire in nessun modo a Bianco e alle sue gravi responsabilità circa le condizioni nelle quali versa la città. Proponevamo di preferire le esperienze di riscatto che esistono in città, piuttosto che il manuale Cencelli trai partiti. Proponevamo di chiudere la porta ai transfughi di destra, in cerca di un seggio facile nel campo progressista. Probabilmente questa radicalità avrebbe portato a risultati ancora più scarsi, o forse avrebbe riacceso alcuni entusiasmi. Non è possibile saperlo. La cosa probabile è che avrebbe influito sulla composizione delle liste e quindi sui consiglieri eletti.

La sinistra nel suo complesso cosa dovrebbe fare adesso?

Due cose. Smettere di cercare scorciatoie per tentare di raggiungere i propri obiettivi. Non commettere gli errori del passato. Cosa succede se tra qualche mese o anno il Governo Meloni prende una batosta e il centrosinistra torna nazionalmente competitivo? Si fa un partito o una coalizione di nuovo con Nuccio Lombardo, Raciti, Bottino, magari con la simpatia di Cuffaro e Raffaele Lombardo? Ci si presta per l’ennesima volta a cambiare tutto perché nulla cambi? Solo per provare l’ebrezza di dire che si è vinto, senza che tale vittoria significhi qualcosa?

Io spero che possano subito rimettersi a lavoro i tavoli di confronto sui temi, spero che persone come Attilio Scuderi si rimettano in moto. Spero che gli eletti si mettano al servizio di un lavoro condiviso e radicale di monitoraggio dell’attività amministrativa e di proposta. Lavoreremo perché questo accada e perché venga rispettato l’impegno paziente, puntuale e prezioso che molte realtà associative fanno sul territorio. Solo da lì può espandersi un’idea di cambiamento e riscatto. Ne stiamo già parlando e l’elezione di Graziano Bonaccorsi in consiglio è garanzia che questo accadrà.

Poi c’è da ricostruire una comunità. Credo che una delle cose più belle di questa campagna elettorale, seppur nella sconfitta, sia stato l’entusiasmo e la passione politica che ha espresso la lista Verdi-Sinistra. Tante candidate e tanti candidati con storie e esperienze bellissime, che si sono messi in gioco, ci hanno messo la faccia. Credo che bisogna ripartire anche da questo.

Ci spieghi a tuo avviso come si diventa consigliere comunale a Catania?

Non lo so. Ci ho provato dieci anni fa, candidandomi a Sindaco e a consigliere e non ci sono riuscito. Credo che serva un’organizzazione capillare del consenso, che spesso è cosa ben diversa dall’organizzazione di attività sociali, politiche e vertenze.

I Caf andrebbero chiusi?

I Caf sono gli avamposti dello Stato nelle zone più marginalizzate del nostro territorio. Essi svolgono funzioni essenziali. Andrebbe impedito, come è già in parte, di trasformare i CAF in comitati elettorali. Andrebbe impedita la sovrapposizione tra CAF ed esponente politico e andrebbe fatto un controllo sulle condizioni di lavoro all’interno dei CAF. Basterebbero dei regolamenti che impediscano lo svolgimento, in qualunque forma, della campagna elettorale. Certo poi, a voler fare un ragionamento più profondo, ci sarebbe da chiedersi come mai delle attività che dovrebbe svolgere lo Stato, attraverso propri enti, vengano esternalizzate con così tanta facilità.

La mafia ha votato?

Gran parte dei consiglieri oggetto della relazione della commissione antimafia regionale sulle infiltrazioni mafiose nel comune di Catania, voluta, redatta e firmata da Nello Musumeci, sono stati candidati alle elezioni e una parte sono stati pure eletti. Senza alcun imbarazzo, senza alcun segnale di Commissione antimafia, Ministro o Prefetto.

Ci racconti un aneddoto, un retroscena che rende l’idea di cosa è diventata Catania?

C’è gente che si sta stracciando le vesti e medita addirittura di emigrare per questa vittoria così travolgente della destra. Ecco, il più votato in assoluto a Catania, proprio del partito più di destra che si può, Fratelli d’Italia, è Daniele Bottino con 2367 voti. Bottino dieci anni fa era capogruppo di maggioranza con Enzo Bianco e 5 anni fa è stato eletto in consiglio comunale come capolista della lista Con Bianco per Catania. Questa è la città.

Raffaele Lombardo è un leader che porta innovazione o un ordinario gestore di Potere?

Ricordo di quando una dozzina di anni fa, su Emule, il programma che permetteva di scaricare file da internet, sotto il nome del programma di grafica Pinnacle Studio, fu scaricabile una cartella zippata con tutti gli appunti della segreteria di Raffaele Lombardo. In quel libro mastro c’era la descrizione precisissima della fabbrica di favori e clientele di Lombardo, che passava dagli uffici pubblici agli ospedali, dalle scuole ai comuni. Io credo che Lombardo abbia avuto la capacità di costruire e mantenere un sistema di potere grande e capillare. Non conosco nessuno studente che si è messo in camera un suo poster, non conosco nessun ragazzo che si è conservato commosso una bandiera del movimento per l’autonomia, nessun video emozionante di un suo comizio. Ma ho incrociato tanta gente che doveva ringraziare Lombardo per la posizione in cui era.

Cosa consigli ad Enzo Bianco?

Non penso che io sia la persona giusta per dispensare consigli a Enzo Bianco. Sono avversario del suo modo di intendere l’amministrazione pubblica e il ruolo della sinistra.

Tu cosa farai da grande?

Spero di dare al meglio il mio contributo nell’esperienza giornalista dei Siciliani giovani e nell’attivismo sociale nell’Arci. La militanza nella CGIL. Quest’anno entro in prima fascia come collaboratore scolastico e un po’ di precarietà la butto via. Tento ogni giorno di essere un buon padre, un buon marito e un buon compagno per le tante e i tanti con cui mi onoro di collaborare per tentare di cambiare il mondo.

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Iene Sicule

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