L’ultima denuncia è arrivata il 5 aprile scorso, scenario il cimitero di Avola. A Maurizio Inturri, 50 anni, da tempo capitano cose strane, cose brutte, cose che, però, non suscitano il clamore riservato magari ad altri. A quelli dell’Antimafia ufficiale e da officiare.
Il mio percorso professionale (se così possiamo definirlo) è iniziato nel 2015 e fino al 2019 ho collaborato con diverse testate giornalistiche online e cartacee, occupandomi principalmente di cronaca; nel frattempo, già dal 2016, portavo avanti il mio blog con approfondimenti sia sulla politica locale che principalmente su mafia, quindi: droga, estorsioni, appalti, clan.
Non chiamarmi giornalista che sollevi un vespaio, considerami un pennaiolo che ha innalzato polveroni in una terra dove cane non mangia cane. Mi ricordo che quando mi occupai del caso Montante, riportando una parte dei suoi appunti con cifre, appuntamenti e nomi ricevetti la telefonata del presidente dell’OdG e del presidente dei provibiri perché volevano che eliminassi tutto. Inutile dire che quell’evento mi chiuse definitivamente le porte per diventare giornalista pubblicista.
La mia passione per il giornalismo si è fermata per vari motivi nel 2019, ma tutto ciò che ho trattato prima ha trovato riscontri, da parte degli inquirenti e procura, negli anni successivi.
Dal 2017 al 2023, ad intervalli e senza che ne fossi messo a conoscenza, ho avuto la vigilanza saltuaria delle forze dell’ordine, in particolare dell’Arma dei Carabinieri.
Non essendo più nell’ambiente del giornalismo, attendo i riscontri dagli organi competenti, anche se dopo gli atti consecutivi ai danni della Cappella di famiglia, denunciati più volte, l’unico elemento che mi balza nella testa è il silenzio.
In casi come questi le domande che una persona si pone sono due:
Il cimitero, luogo sacro, non è abbastanza custodito e quindi si tratta di un atto vandalico che ha colpito diverse famiglie, oppure è un atto specifico nei miei confronti.
Nel primo caso, dovremmo trovare tante denunce simili in procura, nel secondo…beh, a rispondere dovrebbero essere altri.
Mi ricollego alle risposte precedenti, nessuno, chi alza polveroni viene isolato da tutti, si alza un velo di omertà e rimani solo, tranne se non fai politica.
I pochissimi amici rimasti sono altrove, posso contarli sulle dita di una mano e anche loro lottano. Per il resto. compongo il 112.
Non si vive, questa è la verità. Se si desidera perseguire una strada senza “amicizie” rimani solo. La mia storia parla da sé e chi la conosce la evita, anche se in alcuni processi di fama nazionale sono citato.
Non sono un tipo da ipotesi, ma la vendetta ci sta anche se non so da parte di chi sia.
Come ho già detto, è l’ennesimo episodio in meno di 18 mesi e l’unica certezza che ho è: per qualunque necessità chiami il 112 o il 113 e faccia presente chi è.
Tra qualche mese sicuramente presenteró l’ennesima denuncia, vuoi scommetterci?
La mia vicenda penso che non sia un caso isolato, soprattutto per chi ha sfidato il malaffare, penso ai tanti che giornalmente in tutta Italia fanno ciò, siamo semplicemente abbandonati a noi stessi anche da chi si riempie la bocca con la parola “antimafia”.
Non ho ricevuto mai solidarietà dalla politica, ne locale ne regionale, eppure qui abbiamo deputati regionali e nazionali che fra l’altro mi conoscono bene.
Le varie Commissioni antimafia regionali, pur toccando la mia provincia, non mi hanno mai ascoltato, ma la DdA di Catania tempo fa mi ha ascoltato e qualche anno fa sono stato segnalato al ministero dell’interno per aver subito minacce nel mio blog.
Non pensi che il tutto sia di una drammaticità unica, mentre sentiamo che alle elezioni europee stanno candidando personaggi che conoscono il malaffare?”
iena marco benanti.
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