di GianMaria Tesei
La clausura forzata, parziale o totale che sia, di questi ultimi mesi ha generato in alcuni artisti la voglia di seguire la propria vena creativa, affrontando la difficile situazione generale, dovuta al fenomeno pandemico con la forza consolatrice ed emanatrice di energie positive costituita dall’arte. Un giovanotto che ha compiuto settantotto anni il 18 giugno scorso ha deciso di regalarci ”McCartney III” un disco ( uscirà il 18 dicembre)suonato interamente ed unicamente da lui ( da grande polistrumentista qual è), dimostrando che egli, Paul McCartney, è un irraggiungibile mito senza tempo.
Giunto al suo diciottesimo album da solista, rimanendo imperituramente iscritto nell’empireo musicale come uno dei grandi componenti degli straordinari “Fab Four” (assieme ai grandissimi John Lennon, George Harrison e Ringo Starr), ha dato vita ad una sorta di prosecuzione del suo secondo e quarto album da solista (rispettivamente il primo ed il terzo dopo la separazione dai Beatles), ossia “McCartney “ , del 1970, composto di canzoni( tra cui spiccano “Maybe I’m Amazed” e “Junk”) già create durante il periodo in cui era uno degli esponenti dei magnifici ragazzi di Liverpool e pubblicato qualche settimana prima che fosse edita” Let it be”, e “McCartney II”, del 1980, realizzato poco tempo prima della scomposizione ( avvenuta in maniera definitiva nel 1981) del secondo gruppo musicale di cui fece parte, ossia i “Wings”, fondati proprio dal poliedrico artista britannico assieme alla moglie Linda ed a Denny Laine nel 1971, con il resto della formazione in costante rimodulazione, riscuotendo sempre un buon successo , fatto di 12 pezzi giunti nella top ten (uno al primo posto) britannica e 14 singoli, con sei pezzi ad adagiarsi sul gradino più alto del podio, in quella statunitense.
Se nel primo di questi album vi era stato l’esordio acustico di Macca (questo il suo soprannome) ed il secondo aveva costituito il momento per provare a deviare verso l’uso di sonorità, a volte un po’ insolite ed eccentriche nelle soluzioni da lui adottate, del technopop o synthpop, il filo conduttore dei due dischi , ed anche di quest’ultimo, è l’avere fatto tutto integralmente in proprio ( sia a livello strumentale che vocalmente) ed un suo lato personale giocondo e non troppo serioso che si traduce in quest’ultimo album in un prodotto musicale in cui il grande McCartney decide di allentare la tensione psico-fisica del periodo pandemico solleticando la sua visione estrosa della musica , senza oggettive pretese di ottenere capolavori favolosi.
Stiamo parlando di quella che rappresenta una leggenda vivente da tanti lustri che, pur essendo sempre animata da grandi ambizioni non deve dimostrare nessuna delle sue acclarate qualità, avendo , nel corso del suo percorso musicale, il padre dell’apprezzata stilista Stella, costruito una carriera incredibile, sia con i due suddetti gruppi musicali, sia da solista, che collaborando con eminenze della musica quali Elvis Costello, Stevie Wonder o Michael Jackson, ascrivendo tra i suoi record i cento milioni di dischi venduti e sessanta dischi d’oro maturati e tutte gli incredibili risultati ottenuti con i Beatles.
Per cui McCartney ha candidamente ammesso di avere messo mano, durante il “rockdown”( come ha definito il confinamento per il Covid-19) a quello che aveva incominciato a scrivere e posto nei cassetti tempo addietro (rivelando che la prima e l’ultima canzone di “McCartney III”erano state scritte, anche se in modo differente dalle versioni attuali, per un suo album del 1997, “Flaming Pie).
Egli ha inoltre rivelato di aver incominciato questo processo creativo e di ridefinizione di vecchi spunti canori e musicali per fare musica in casa praticamente per sé, al più come se si rivolgesse a qualche intimo amico, rappresentando nelle sue eufonie anche qualche momento bucolico (mettendo ad esempio in versi canori le attività che si svolgono in campagna nell’ultimo pezzo del cd) senza prefigurarsi la definizione di un nuovo disco. Il tutto si è oggettivato senza celare qualche imperfezione che in certi momenti ed in certi pezzi ammanta la sua perfomance vocale con il riaffiorare, per converso, impetuoso dello stile e delle intensità canore di Paul in altre canzoni di quest’album composto da dodici brani , di cui ha per ora reso pubblici solo i primi tre ( “Long Tailed Winter Bird”, “Find My Way” e”Pretty Boys”), il sesto(“Deep Deep Feeling”) ed il dodicesimo (“Winter Bird / When Winter Comes”).
Se “Egypt Station”, del 2018, ha costituito uno dei più riusciti album del McCartney solista con un’ottima accoglienza di critica e pubblico, vantando un lusinghiero debutto nella Billboard 200 in USA, grazie al primo posto in questa classifica e ottenendo risultati consoni all’ambizione del disco , la libertà, distensione e la componente agreste di quest’ultimo lavoro sono pienamente rispondenti alla voglia di spontaneo rilasciamento che il momento generale ha consigliato nello stesso Macca, che ci regala comunque lampi di grande musica.
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