di iena marco pitrella
Da giornalista politicamente impegnato non ho mai nascosto la mia amicizia per Fabio Roccuzzo e la mia soddisfazione per la sua di elezione: ragioni d’affetto e di comune militanza nei Democratici di Sinistra; ca va sans dire, tra compagni va così.
“Modello Caltagirone” è stata definita dalla stampa piccola, media e grande che sia, l’alleanza Pd-M5s che avrebbe portato all’elezione appunto di Roccuzzo a sindaco nella città che diede i natali a Luigi Sturzo.
Avrebbe: il condizionale è d’obbligo, perché in realtà è ben altra la verità.
La vittoria è di Fabio, chiamatemi Fabio era il suo slogan elettorale, il centrosinistra è in minoranza mentre il centrodestra è maggioranza in consiglio comunale.
Che vanno dicendo quelli del Partito Democratico?
“Replicare il “Modello Caltagirone”, ha dichiarato Anthony Barbagallo, segretario regionale del Partito Democratico con un pensiero rivolto alle elezioni regionali.
“Replicare a Catania il “Modello Caltagirone”, ha dichiarato a “pappagallo”, Villari, ANGELO, segretario provinciale del Partito Democratico “da remoto”, con un pensiero rivolto alle amministrative di Catania.
Ma di studiare e fare i compiti a casa sembra che nessuno dei due ne abbia alcuna voglia. La domanda va domandata: il “Modello Caltagirone” sarebbe quello dove la coalizione è perdente?
Perché la vittoria è di Fabio.
E proprio Fabio è stato l’unico ad averne consapevolezza: “Tremila voti anche da elettori del centrodestra”, ha sottolineato egli stesso in un’intervista rilasciata su “La Repubblica”.
La vittoria è di Fabio, col voto disgiunto quindi. Particolare questo non certo di poco conto.
Col voto disgiunto, quindi: come, in fondo, è quasi sempre avvenuto a Caltagirone quando è stato eletto un sindaco di centrosinistra. Quasi sempre: nel 1997 Marilena Samperi sconfisse Gino Ioppolo – sì, Gino Ioppolo prima di diventare sindaco nel 2016 si candidò nel 1997 perdendo contro la Samperi – e quella volta fu determinante per l’elezione della stessa Samperi la convergenza del senatore Francesco Parisi, che già era stato determinante, tanto alla Camera quanto al Senato, per la vittoria dell’Ulivo nel 1996 nel collegio di Caltagirone con l’elezione di Michele Cappella e di Saro Pettinato.
Ora, in queste elezioni amministrative, quanto a liste il centrodestra non s’è smentito, superando il 50%. “Gino Ioppolo ce l’ha sulla coscienza!”, si dice in giro, dalla Scalinata San Giacomo alla “Calata Molona”.
Ioppolo, il sindaco uscente non s’è ricandidato; l’esponente storico della destra, da sempre vicino a Nello Musumeci, non è sceso in campo: “Dopo di me il diluvio?” e diluvio fu.
Altro merito di Fabio: aver compreso che con la mancata candidatura di Ioppolo la strada era in discesa, bastava percorrerla al meglio, e così è stato.
Il centrodestra, infatti, per tutta l’estate è stato spaccato: da un lato, Massimo Alparone, area autonomista; dall’altro, Sergio Gruttadauria, Forza Italia e affini. Meno di un mese fa, a pochi giorni dalla presentazione delle liste, quando già circolavano sui social i facsimili dei candidati con su scritto “Alparone sindaco”, contrordine: tutti con Gruttadauria.
Avrà avuto un peso tutto questo? penso di sì.
E proprio Fabio, dicevamo, è stato l’unico ad averne consapevolezza. La vittoria è di Fabio col voto disgiunto, quindi. La vittoria è di Fabio in discontinuità anche da un certo Pd.
Discontinuità da un lato: proprio dal Partito Democratico, Fabio, almeno all’inizio di questa sua campagna elettorale, si è presentato autonomo; chi conosce i fatti di Caltagirone sa bene che questa sua autonomia gli ha agevolato anche l’alleanza con il M5s.
Continuità dall’altro lato: continuità con quello che era stato il progetto “Caltagirone Bene in Comune”, movimento civico con cui alle amministrative del 2016 sempre a sindaco, Fabio, si era candidato: di 4mila voti il suo risultato. Candidatosi contro Gino Ioppolo, che venne eletto, e candidatosi contro l’allora candidato sindaco del Partito Democratico, Franco Pignataro.
Ma è dell’attuale vittoria di Fabio che qui si vuol parlare: dall’autonomia al segnare un punto di discontinuità è stato un passo.
La sfida per Fabio sarà mantenerla tale discontinuità, specie in consiglio comunale, dove, quando il centrosinistra ha governato, di “trasversalismi” per usare un eufemismo, in quel di Caltagirone ce ne sono stati a gogò: Pino Firrarello ce lo siamo scordati?
Discontinuità …
Che dire di Gaetano Cardiel, sempiterno segretario dei Democratici di Sinistra prima e del Partito Democratico dopo, uno che per trent’anni ha vestito i panni dell’eminenza grigia, e che cinque anni fa si era opposto alla candidatura di Fabio; finalmente stavolta s’è candidato e ad oggi manco è stato eletto. Cosa incredibile, primo dei non eletti è arrivato: tapiro al “compagno” Cardiel, ampiamente meritato.
Che dire di Fortunato Parisi, “prezzemolino socialista”, ormai ex socialista. Nel 1997, politicamente utilizzato per la presidenza del consiglio comunale contro il senatore Parisi. Sarà stato per la coincidenza del cognome ma non certo per la statura politica. Come se non bastasse, “il prezzemolino” s’è candidato alle primarie del centrosinistra del 2012 contro Alessandra Foti e Gemma Marino e s’è candidato alle elezioni regionali del 2006 nella lista di Rita Borsellino; è stato persino assessore di Enzo Bianco a seguito delle dimissioni di Villari, ANGELO. Con chi s’è schierato, Fortunato, per queste amministrative? con il mio amico Totò Cuffaro. Per non farsi mancare nulla, “il prezzemolino”, era tra gli assessori designati di Sergio Gruttadauria, il candidato del centrodestra: scelte di vita.
La vittoria è di Fabio, il centrosinistra è in minoranza e il centrodestra è maggioranza in consiglio comunale.
Se tanto mi da tanto, ripetiamo, che vanno dicendo quelli del Partito Democratico? “replicare il Modello Caltagirone”. Replicare l’alleanza Partito Democratico – M5s a Catania, a Palermo e anche alla Regione.
Non capendo, tanto Anthony Barbagallo quanto Villari, ANGELO, che ogni città fa storia a sé.
Non capendo, tanto Anthony Barbagallo quanto Villari, ANGELO, che a Caltagirone l’alleanza col M5s è stata agevolata da certa autonomia di Fabio dal Partito Democratico, quello stesso Partito Democratico per anni inviso al leader cittadino del M5s, Francesco Cappello, attuale deputato regionale, per anni dirigente dei Democratici di Sinistra.
Non capendo, tanto Anthony Barbagallo quanto Villari, ANGELO, che a Catania due consiglieri comunali del M5s sono passati al centrodestra: Giovanni Grasso, candidato sindaco dei pentastellati alle ultime elezioni amministrative, è emigrato tra le file di Fratelli d’Italia; Emanuele Nasca è sbarcato nella Lega.
Certo, c’è da comprendere che a Catania a tessere le fila col Pd c’è Dino Giarrusso del M5s, che è nipote di Clelia Papale, mamma di Jacopo Torrisi, che perciò è cugino di Dino Giarrusso.
A Catania è sempre questione di “famigghia”: un po’ come accaduto a Grammichele, dove ha vinto Pippo Greco. L’alleanza che ha portato alla sconfitta di Giuseppe Purpora, sindaco uscente del M5s, è avvenuta con la “Famigghia” dell’ex Palazzo “Rota Gianformaggio”, oggi de “La Padrona”.
Del resto, se nella città etnea il punto di partenza per “replicare il Modello Caltagirone” è stato il “Focus Catania”, l’assemblea che s’è tenuta a fine settembre, andiamo bene.
“Un ritorno ai ruggenti anni 90 – ha definito il “Focus” Marco Benanti – per il centrosinistra il tempo si è fermato, a conferma dell’assenza di ricambio dei gruppi dirigenti, cristallizzati nella loro autoreferenzialità …”
“Un ritorno ai ruggenti anni 90”, mentre la proposta lanciata da questa testata sulla candidatura a sindaco di Sebastiano Ardita, sollevava entusiasmi, perché sa di futuro e sa di discontinuità (ecco!): “È ora di reagire”, il leitmotiv.
“Un ritorno ai ruggenti anni 90”: di che stupirsi? quando alla convention appare in un docufilm Clelia Papale, mamma di Jacopo Torrisi, e tira le conclusione della convention Jacopo Torrisi, figlio di Clelia Papale (“a famigghia” è importante), tra Enzo Bianco, Pietro Agen, Zina Bianca e Harald Bonura, tutti protagonisti di quella stagione politica.
Non capendo, tanto Anthony Barbagallo quanto Villari, ANGELO, che se il punto di partenza per replicare nel capoluogo etneo il “Modello Caltagirone” è il “Focus Catania”, si è distanti molto più di 60 chilometri da Caltagirone, dalla vittoria di Fabio e dal comune senso del pudore.
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