Il 14 ottobre prossimo, davanti ai giudici della Corte d’appello per i minorenni di Catania, presieduta da Francesco D’Alessandro, arriverà una sorta di “testimone” d’eccezione: un sottolavello. Secondo l’Accusa è lo strumento che ha provocato la morte dell’ispettore capo della Polizia di Stato Filippo Raciti, il 2 febbraio 2007, in occasione del derby Catania-Palermo. Un maledetto venerdì, una giornata che nessuno scorderà sotto l’Etna: perse lo sport, perse lo Stato, perse la dignità di una città. Inquadrata in mondovisione mentre era “preda” di un gruppo di violenti. Una massa di delinquenti attivatisi ufficialmente per una partita di pallone. Alla fine, per la morte di Raciti sono stati condannati, in primo grado, per omicidio preterintenzionale due giovani: Antonino Speziale a 14 anni, Daniele Micale ad 11. In appello, nel corso della penultima udienza di maggio, la Difesa di Speziale, con gli avvocati Giuseppe Lipera e Grazia Coco, aveva avanzato delle richieste istruttorie, come quella si sentire Micale e l’audizione degli ufficiali dei Ris di Parma che, nel 2007, stilarono una perizia che scagionava di fatto Speziale. Oggi, la Corte d’Appello, ha sciolto la riserva sulle richieste, ammettendo che il dibattimento va riaperto per due prove: l’esibizione in aula del sottolavello in lamierino e l’escursione come testimone del carabiniere scelto Massimiliano Bartilona, che il 2 febbraio del 2007 era al Cibali come appartenente al 12/mo Battaglione Sicilia. La Corte d’appello ha anche fissato la data per la requisitoria del Pg Mariella Ledda per il successivo 4 novembre. Caso singolare anche questo il Pg Ledda era stato invitato ad astenersi dal processo dalla Difesa di Speziale, perché avrebbe già espresso un orientamento contrario a Speziale rappresentando l’Accusa nel procedimento contro Micale, per il quale l’Accusa ha chiesto la conferma della pena: l’istanza è stata respinta dalla Procura Generale, a cui la Difesa di Speziale aveva altresì chiesto di sostituire il magistrato dell’Accusa. Niente male: al di là delle valutazioni giuridiche, è da apprezzare il coraggio e l’intraprendenza dell’avv. Lipera (nella foto che pubblichiamo un momento di una conferenza stampa sul caso in cui portò nel suo studio un prototipo del “famigerato” sottolavello). Un legale che non abbassa mai il capo davanti al Potere giudiziario nelle sue forme talora trabordanti: un esempio poco diffuso, anche sotto l’Etna.
Lipera, fra l’altro, a margine dell’udienza, ha ribadito l’esigenza di scrivere un’altra verità sul processo, magari non a Catania, dove il clima è sempre stato ostile, a suo dire, anche se ora in misura minore. Si farà altrove, forse un giorno, il processo a Speziale? Staremo a vedere.
Oggi, Antonino Speziale ha reso spontanee dichiarazioni: il ragazzo ha detto di “essere completamente estraneo alle accuse”. Ha specificato: “sono assolutamente innocente e non è vero che ho usato a mò d’ariete il lamierino del lavello, l’ho lanciato in aria e l’ho visto ricadere a terra, senza che abbia colpito alcuno”. Ai giornalisti fuori dall’aula ha aggiunto:”altre verità non sono state prese in considerazione”.