Iena giornalista di razza
Isolano e isolato. E’ questa la condizione in cui si trova Nello Musumeci. Messo ormai spalle a muro dai suoi compagni di viaggio e “costretto”, pur di restare al comando, di accettare ogni richiesta. Eppure in campagna elettorale, e non solo, aveva più volte ribadito che in caso di difficoltà non avrebbe esitato un solo minuto a rassegnare le proprie “irrevocabili” dimissioni. Di occasioni per farlo c’è ne sono state tante, ma l’attaccamento alla poltrona, forse, non gli ha consentito di compiere quanto da lui stesso più volte ribadito.
E che dire delle sue recenti esternazioni in aula nei confronti di un deputato per aver chiesto il voto segreto o del pasticcio della cassa integrazione. Se ne è assunto la responsabilità. E allora? Della sua assunzione di responsabilità, caro presidente, i siciliani che sono alla “fame” non sanno cosa farsene. Ma lei del resto non sa cos’è la “fame”. Non sa cosa significhi restare fermi senza prendere un centesimo. Tanto a lei a fine mese il bonifico gli arriva lo stesso.
In questi giorni tiene banco un’altra vicenda. L’ingresso in giunta della Lega. Per carità. Tutto legittimo. Sono stati alleati in campagna elettorale, hanno fatto campagna acquisti, grazie alla folgorazione di alcuni siciliani che si sono scoperti leghisti, ed è giusto che entrino in giunta. Ma il partito che fu di Umberto Bossi, esprime politici di statura? E non è questione di centimetri. Ma perché questo atteggiamento ancillare? I nomi che girano per l’assessorato ai Beni culturali sono quanto meno imbarazzanti.
Ma ancora più imbarazzante è il fatto che non saranno i siciliani a decidere. Ma lo farà il commissario, il plenipotenziario Stefano Candiani, che suscita negli “adepti”, folgorazione e stordimento, una specie di sindrome di Stendhal. Sarà lui a indicare il fortunato, che, ben inteso, potrebbe anche non essere un siciliano. E questo avrebbe veramente il sapore di una “dominazione”. Senza che nessuno alzi la testa. I siciliani, in Sicilia, soffrono di una atavica inferiorità culturale. Da una lato c’è il complesso di inferiorità e dall’altro una sorta di sindrome di Stoccolma legata alla “sottomissione”.
Perché mai un partito deve essere commissariato per così tanto tempo? In Sicilia non ci sono persone capaci? Gli esponenti siciliani non meritano fiducia? Uno scatto d’orgoglio mai?
Quanto a Musumeci: caro Presidente la sola facondia non è utile alla nostra terra. Alla Sicilia serve altro. Le sue ultime scelte, politiche naturalmente, e quelle che si appresta a fare testimoniano che non è cambiato e non cambierà mai nulla. La frase dell’autore del “Gattopardo”, Tomasi di Lampedusa, “tutto cambia perché nulla cambi” è, purtroppo, di tristissima attualità. C’è di più: galoppa la sindrome di Calimero.
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