La scissione di Livorno del 21 Gennaio del 1921 che vide la nascita del Partito Comunista d’Italia è profondamente intrecciata con la storia della Nazione poiché avvenne proprio alla vigilia della nascita del regime fascista. Non so se definirla, come ha fatto un giornalista saggista “la dannazione”, mentre da decenni gli storici si dividono in un confronto sul tema se una delle cause della scissione del Partito Socialista Italiano abbia favorito e accelerato l’ascesa al potere dell’ex socialista rivoluzionario, divenuto accanito nazionalista e reazionario, Benito Mussolini. La Terza Internazionale Comunista creata da Lenin spinse in modo risoluto per cancellare tout court la tradizione del socialismo italiano. Il gruppo della rivista Ordine Nuovo , formato da Bordiga, Gramsci, Togliatti, e Tasca invaghiti ed entusiasti dalla Rivoluzione d’ottobre, tradusse questo diktat sovietico tentando di imporre al segretario socialista Menotti Serrati, che deteneva la maggioranza massimalista del Psi ,di espellere i riformisti che si raccoglievano intorno al padre del socialismo Filippo Turati e di annettere il movimento socialista nella nuova formazione comunista.
Si originò un vulnus intollerabile della storia che ha pesato e pesa ancora oggi lacerando aspramente e duramente senza tregua la sinistra politica e culturale. Filippo Turati è stato profetico nel prevedere quel che sarebbe successo nel futuro del regime sovietico, eppure fu definito per decenni dai comunisti italiani, Togliatti in primis una “nullità”, mentre i socialisti vennero bollati come “socialfascisti” e scomunicati come “socialtraditori” dalla chiesa leninista e dall’apparato dogmatico e settario del Pci. Forse se i socialisti avessero rotto gli indugi e fossero entrati al governo con il liberali e i popolari, l’atteggiamento del re Vittorio Emanuele III non sarebbe risultato arrendevole e imbelle. Probabilmente il sovrano avrebbe firmato la dichiarazione dello stato d’assedio arrestando Mussolini e fronteggiando la violenza delle squadrismo fascista.
Tuttavia la storia non si fa con i se e con i ma , si deve ,invece, considerare che furono nefasti i guasti di una politica comunista che, tranne il grande merito della lotta clandestina contro il fascismo e della lotta partigiana, non esitò mai ad essere accomodante e opportunista. Quando Togliatti ritornò dalla Russia fece la svolta di Salerno in cui cambiò gli accordi raggiunti nel Cln e si distinse per la sua doppiezza e ambiguità confermando il governo Badoglio e mostrando tiepidezza nei confronti della corona. Ci volle la caparbietà di Pietro Nenni che si impegnò senza posa e allo stremo per affermare la Repubblica democratica. I comunisti al di là della propaganda non si impegnarono mai in modo convincente per rinnovare la vita pubblica e per laicizzare lo Stato. In buona sostanza i comunisti si opposero e si misero di traverso a tutte le riforme portate avanti durante il centro sinistra negli anni sessanta quando i socialisti dovettero sudare sette camicie per imporle a Fanfani ,Moro e Rumor ,ad una Dc immobilista e conservatrice.
Il Pci non ha mai accettato l’autonomia socialista e quando Bettino Craxi fece la svolta riformista, Berlinguer ostacolò questa politica della grande riforma delle istituzioni in tutti i modi per dissimulare il fallimento del compromesso storico e scoprendo strumentalmente la “questione morale” in cui peraltro affondava l’intero sistema politico italiano. La svolta della Bolognina di Occhetto dopo la caduta del muro ha condotto gli ex comunisti nell’internazionale socialista anche per il sostegno dei socialisti e di Bettino Craxi. Poteva essere l’occasione per creare una grande riunificazione del socialismo italiano mentre i post comunisti hanno privilegiato costruire un nuovo soggetto politico che prima venne chiamato Partito Democratico della Sinistra,poi Democratici di Sinistra e infine Partito Democratico gettando alle ortiche ancora una volta il riformismo socialista con tutti i suoi contenuti ideali.
Rosario Sorace.