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NEMESI: MICHELE SANTORO LINCIATO DALL’ “ANTIMAFIA DEI PURI”. CHE DIMENTICA CHE SENZA AVOLA IL PROCESSO FAVA NON SI SAREBBE MAI FATTO
Pubblicato il 30 Aprile 2021
di iena anti antimafiosa Marco Benanti
Mai dire mai! Michele Santoro, a lungo “icona” delle varie “società civili” con annessi movimenti, partiti e “intellettuali” dell’ “Italia migliore” finisce nel “tritacarne”…dell’Antimafia “dura e pura”. Una nemesi? Un brano di una piece pirandelliana? Sembra di rivedere i soliti scenari siculi, se non fosse che il livore con cui l’intervista al “depistatore” (senza se e senza ma, ma, a proposito, le sentenze di condanna per calunnia dell’ “ex pentito” dove sono?) Maurizio Avola ha prodotto il ricompattarsi del “Partito della Trattativa Stato Mafia” (a proposito di “certezze” il relativo processo è ancora in corso), da tempo “dogma” elevato a “Verità Assoluta” dall’ “Antimafia Doc”.
Chi non aderisce (al “dogma”) rischia costantemente di venire investito, nella migliore delle ipotesi, da ogni sorta di improperi, “conditi” talora con gravi insinuazioni di “fare il gioco di…” fantomatici servizi o affini, in sostanza di ostacolare la verifica puntuale dei fatti. Un film già visto, una modalità di screditare il “nemico” (in realtà semplicemente chi la pensa diversamente o chi sostiene tesi “non ortodosse”) adottata da decenni dall’ Antimafia di Regime, con la sua cultura da “verità di Stato”, sempre e comunque da affidare a implacabili Piemme. Una cultura della peggiore destra, parafascista, come tutte quelle che affidano all’ eticità dello Stato la soluzioni di problemi laici.
Peccato che in attesa (appunto in attesa) che vengano fatte tutte le dovute verifiche a quanto detto da Avola sulla strage di via D’Amelio, il “coro antimafioso” si mostri compatto e sicuro di tutto. Di avere in tasca la verità. Il tutto con palate di sarcasmi se non propri di insulti verso Santoro e chi s’azzarda a non “allinearsi” all’ “analisi giusta” della“caserma antimafiosa”.
Peccato che il “coro dei giusti” abbia dimenticato, ad esempio, che senza Maurizio Avola (che si è autoaccusato anche quella volta di avere preso parte al delitto, patteggiando una condanna) il processo per l’omicidio mafioso di Pippo Fava non si sarebbe celebrato. Chi ha memoria degli anni Ottanta e dei primi Novanta, sa benissimo che per anni e anni l’omicidio dello scrittore di Palazzolo Acreide era stato derubricato ad “affare di donne e gioco”. In mezzo -questo certamente- a depistaggi, falsità e viltà di ogni genere.
E dire che basta leggere il libro di Santoro per verificare che non ci sono “sconti” per Avola, per la sua vita violenta e assassina. Non ci sono “carezze”, semmai crude immagini e atmosfere di un’esistenza allucinante.
E ancora: se qualche “manina” avesse in mente per caso di tirare in ballo l’avvocato di Avola, Ugo Colonna, ricordiamo a lui e a tanti “smemorati” che l’avvocato Colonna è stato fiero oppositore proprio dei falsi pentiti come nel caso clamoroso di Luigi Sparacio, della gestione dei collaboratori a Messina e delle complicità giudiziarie. Lo testimoniano i processi. Non i teoremi.
Dalla terra di Pirandello, per il momento, è tutto. O quasi.
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