di Gian Maria Tesei
Tra i protagonisti assoluti del Taormina film fest 66, edizione che ha per la prima volta veduto il suo svolgimento in streaming sulla piattaforma MYmovies ed in sala per alcune proiezioni, è stato Nikolaj Coster-Waldau, attore danese tributato peraltro del premio alla carriera nel corso del gran finale della kermesse al Teatro Antico taorminese del 19 luglio.
Nel post proiezione dell’anteprima della pellicola diretta da Ole Christian Madsen ed intitolata “The way we died” (la cui titolazione originale recita: “Krudttønden”), che ha visto una bella interpretazione dell’artista notissimo anche per “Trono di spade”, Francesco Calogero, condirettore del festival assieme a Leo Gullotta, ha moderato una discettazione sul film incentrato sulla tematica del terrorismo, temporalmente ambientato in un periodo poco posteriore all’attentato alla sede del giornale Charlie Hebdo del 7 gennaio del 2015, tracciando la traiettoria di quelli avvenuti a Copenaghen tra il 14 ed il 15 febbraio dello stesso anno attraverso i percorsi di 4 personaggi che si incroceranno inconsapevolmente nei drammatici momenti 8 per tre su quattro gli ultimi)delle loro vite.
In un contesto internazionale in cui molte periferie sono delle polveriere in cui l’odio può divampare più facilmente perché alimentato dalla distanza delle istituzioni e dalla conseguente mancata integrazione reale di immigrati di seconda o terza generazione, gli attentati subiti in suolo danese, ha affermato Waldau, sono stati una tragica sorpresa, poiché spesso questi eventi vengono avvertiti come lontani finché non entrano nella sfera prossima di ogni soggetto.
La criminalità e la violenza, ha asserito la star di “Domino” di Brian De Palma, sono elementi comuni a tutte le realtà umane, ma colpiscono maggiormente quando vengono concretati da persone della tua stessa nazione che agiscono perché animate da un diverso modo di pensare, deprivando l’essere umano in molti casi, non solo della sua incolumità fisica, ma anche di ogni minima forma di rispetto od uso della ragione.
I quattro personaggi, le cui vite scorrono parallele, mentre uno di loro ordisce il folle piano che si concluderà con i due atti criminosi che vedranno la morte di tre di loro( compreso lo stesso terrorista), sono degli uomini che si trovano in un momento in cui è essenziale trovare un cambiamento radicale nella propria vita, una netta cesura che li aiuti ad accettare di non potere essere più quelli che erano un tempo, divenendo un qualcosa di diverso ancora da scrivere, venati da impulsi ed emozioni diverse che vanno dalla disperazione alla voglia di essere compresi o alla necessità di rinnovarsi senza perdersi del tutto.
Il performer di Rudkøbing, ha asserito come sia l’empatia insieme alla capacità di ricevere e dare realmente amore a renderci veramente capaci di non incorrere in momenti di desolazione interiore che in alcuni casi possono sfociare in attività estremamente nequitose, in un tempo in cui l’eccesso di ricerca di apparire sui social svilisce ogni perseguimento dei suddetti valori.
E per poter oggettivare l’amore occorre, similmente a quanto appare con il messaggio di speranza finale del film, emergere dagli abissi del monolitismo ed integralismo delle proprie idee avventurandosi nella comprensione del rispetto del pensiero degli altri, secondo quanto dice lo stesso Waldau.
L’artiere che esordì interpretando a teatro Laerte in Amleto, per affermarsi nel cinema danese prima ed in quello internazionale poi, ha voluto esemplificare la propria visione ricordando come sei mesi prima delle elezioni in Danimarca l’esponente dell’estrema destra danese, avesse aizzato le folle invitando, assieme ad alcuni colleghi di partito, a bruciare il Corano. Il popolo riflettendo sulla follia di un comportamento simile non ha assecondato il leader estremista, che è stato isolato anche dagli esponenti della sua stessa fazione consapevoli della necessità del rispetto dei credo e dei pensieri altrui, come base anche del rispetto dei propri.
Waldau ha inoltre sostenuto come per personificare i personaggi che rende sugli schermi egli si concentri sull’identificazione esatta di quello che pensano facendone perno da adoprare per modulare le emozioni da condividere con il pubblico attraverso il suo atto recitativo.
E questo è stato fondamentale in un film che tratta un tema tanto scottante, ma che non verte mai sul contrasto tra le religioni che è solo una scusa ma mai la vera causa degli atti terroristici o belligeranti di vario genere.
Tecnicamente questo film si contraddistingue, tra le altre cose, anche per l’uso molto presente dei primissimi piani, voluto per scavare maggiormente nelle sfumature dei soggetti e realizzato anche attraverso la compresenza di due operatori di cui l’uno addetto proprio a questo aspetto ed al lato meramente estetico e l’altro a registrare prospettive spaziali differenti, senza che questa combinazione abbia mai dovuto costringere gli attori a modificare le proprie personali tecniche attoriali.
Questo produzione filmica ha avuto delle proiezioni nel contesto di varie comunità, anche quelle colpite in maniera maggiormente diretta da quei delittuosi eventi e, come ha aggiunto l’attore danese, sono stati momenti toccanti, ma al tempo stesso duri, perché le ferite sono ancora aperte e solo il tempo ed un nuovo clima di concordia e rispetto delle diversità potrà contribuire a sanarle.
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