Giustizia

Nino Pulvirenti perde in Cassazione: ci vorrà nuovo giudizio in Appello sul fallimento di Finaria

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La prima sezione civile della Corte di Cassazione ha, di recente, pronunciato un’importante ordinanza, cassando una sentenza di secondo grado e rinviando alla Corte di Appello di Catania, in diversa composizione, che dovrà rinnovare l’esame facendo applicazione dei principi spiegati alla Suprema Corte nell’ordinanza.
Al centro della decisione il fallimento della Finaria Spa, la “casa madre” del “gruppo Pulvirenti”, l’ex patron del Calcio Catania.
Ricapitoliamo la vicenda: il Tribunale aveva dichiarato il fallimento di Finaria spa in liquidazione “…previa declaratoria di improcedibilità di una domanda di concordato preventivo con riserva…” Cioè cosa era accaduto per il “no” al concordato? Perché “…solo dopo la pubblicazione di un decreto autorizzativo della vendita competitiva della partecipazione azionaria del 95,4% della Società Calcio Catania il tribunale era stato informato di un contenzioso prendente dinanzi a questa Corte a proposito della effettiva titolarità di una frazione del capitale, pari al 25,5%…”
In secondo grado, però, la sentenza era stata riformata. La Corte d’appello, nel 2020, aveva revocato il fallimento.
Di qui, il ricorso della curatela fallimentare sulla base di una serie di motivi. La società Finaria ha replicato con un controricorso.
La Suprema Corte nella sua motivazione precisa una serie di insegnamenti in tema degli articoli 161 e 173 della legge fallimentare.
E’ scritto, tra l’altro, nell’ordinanza della prima sezione della Cassazione, che “…costituiscono fatti idonei a consentire la revoca prevista dall’art. 173 legge fall. (articolo che prevede la revoca dell’ammissione al concordato preventivo e dichiarazione del fallimento durante la procedura, ndr) Tutti i fatti accertati dal commissario giudiziale: sia quelli scoperti perché prima ignoti nella loro materialità, sia quelli non adeguatamente e compiutamente esposti nella proposta concordataria e nei suoi allegati (Cass. Sez. 1 n.12115.22), che siano potenzialmente idonei a pregiudicare il cd. Consenso informato sulle reali prospettive di soddisfacimento. Ne consegue che tali fatti, se taciuti già al momento della domanda, come nella specie, non cessano di rapportarsi al concetto di frode, e come tali giustificano l’arresto del procedimento concordatario anche prima che la proposta sia formulata…”
Conclude l’ordinanza che la sentenza “…va cassata con rinvio alla medesima corte d’appello che, in diversa composizione, rinnoverà l’esame facendo applicazione dei principi sopra citati…”.

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Benanti

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