Occupazione della Cgil&Antifascismo d’annata: la “parola sbagliata” di Gianni Coppola


Pubblicato il 16 Ottobre 2021

A proposito dell’occupazione della sede della CGIL, credo che la chiave di lettura stia tutto in un movimento nell’asse semantico che ha determinato un cambiamento di significato e di significante, un movimento che ha trasformato il termine fascista da sostantivo ad aggettivo.
A sostanziarlo, a trattenerlo sostantivo, significava permettersi e permettere una analisi storica del fenomeno fascismo, significava affidarsi al giudizio della storia, neutra, imparziale, analitica. Significava, magari, condannare ma non certo criminalizzare con i supporti venefici dell’odio ad oltranza, odio che tende a non riconoscere l’altro e privarlo di una qualsiasi dignità, persino umana.
E poi, il sostantivo non puoi maneggiarlo, non si presta alle modalità perfide del tartufismo, perché il sostantivo ha una dimensione ben precisa, una sua posizione chiara, un suo preciso significato.
Ad aggettivarlo, invece, a trasformarlo in aggettivo, significava assoldarlo ai propri scopi, significava maneggiarlo come arma puntata alla testa di chi dissente, significava usarlo in pieno disprezzo di qualsiasi analisi e di qualsiasi giudizio, perché ne bastava uno di giudizio, gli altri erano pruriti della storia, scarti di valutazione, scaracchi di indagine, pericoloso capriccio del vaglio.
Da 80 anni circa, la parola fascista ha assunto un solo significato e ha avuto un solo compito: crimine che è servito e serve (ndr) a mantenere la palude dell’odio dove alcuni predatori si muovono indisturbati per fare razzia di carriere, potere e fortune.
Non si è mai voluta chiudere la guerra civile iniziata nel 1943, mai si è voluto consegnare alla storia un fenomeno nato e sviluppatosi dentro il carattere di questa nazione, e che ha determinato nel bene e nel male i destini di questo popolo. Non si è mai voluto considerare l’unica cosa ragionevole e sensata, e cioè che quel fascismo, quel fenomeno, è morto con il suo fondatore, perché il fascismo, quel fascismo, non era una ideologia, non aveva a differenza del comunismo e del liberalismo, le altre ideologie che hanno scritto in modo determinante e importante la storia del novecento e i destini dell’umanità, una struttura filosofica, ma era una visione, una sintesi e un sincretismo di tante cose che non esistono più, come il sindacalismo rivoluzionario, era azione che si materiava nel suo tempo, che trovava significato solo nel suo tempo, che si muoveva tra un idealismo filosofico e un socialismo nazionale, argomenti buoni solo per l’indagine storica e politica, come qualla fatta da Renzo de Felice.
Ed è morto nel preciso istante in cui ha perso il confronto bellico, in cui tramontava la sua azione e il suo sincretismo, in cui la sua sintesi non aveva più senso e aderenza con la realtà.
É morto a Giulino di Mezzegra, soppresso da piombo dei giustizieri, senza godere di nessun processo.
Ma tenerlo aggettivo, ripeto, serve ad una certa causa, la causa dei cialtroni, dei manipolatori del pensiero e delle verità storiche; serve alle carriere, a non fare i conti con le proprie porcate e le proprie mancanze.
Serve.
Anche a criminalizzare una massa che si muove in direzione ostinata e contraria al pensiero Unico, che coincide oggi con quello dei manipolatori, con quelli che vogliono tenerlo aggettivo, anche quando dentro quella massa protestante si infiltrano dei disturbatori che indirizzano la follia, anche quando non si fermano volutamente gli esagitati, anche quando non si vuole ascoltare una doglianza che non ha colore o riferimenti ideologici, ma nasce dal cuore sincero di un popolo, quest’ultimo una volta era sacralizzato dalla sinistra, e che adesso, invece, la stessa sinistra considera come inciampo, fastidio…fascista.
É questa ostinazione a mantenerlo aggettivo che non li rende più credibili questi manipolatori della verità, è questo ostinata prigionia del buon senso che li sta lentamente, a poco a poco, smascherando.
Anche grazie all’aiuto della rete, che aiuta a ricostruire i fatti, a dare ai fatti stessi quelle verità che i manipolatori della semantica e della storia vogliono privare.
É stata la rete, d’altronde, a dimostrare l’uso criminale di infiltrati, è stata la rete a svelare certi retroscena che hanno indirizzato i fatti verso una azione inutile e utile solo ai manipolatori, è stata la rete a portare in superficie l’adulterazione della narrazione.
Giovanni Coppola.

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