L’Alfa Basket Catania scenderà in campo domani pomeriggio. La squadra rossazzurra, nel campionato di Serie C, sarà di scena al PalaDavolos contro l’Olympia Basket Comiso (palla a due alle ore 18). Sfida che vale il primato solitario in classifica. I due team sono appaiati, in graduatoria, a quota 12 punti (6 vittorie e una sconfitta). […]
Ordine Avvocati Catania: l’ Etat c’est moi
Pubblicato il 28 Dicembre 2018
ne abbiamo scritto di recente https://www.ienesiciliane.it/articolo.php?aid=8840
ora arriva la reazione ufficiale della “lista monarchica” in corsa.
Davvero imprevedibile…ecco il testo:
“LISTA DISTEFANO
IL DIRITTO DI CANDIDARSI
Care Colleghe e cari Colleghi,
si agita in questi giorni un vivace dibattito sulla sentenza della Cassazione n. 32781/18, che si è pronunciata in merito all’ineleggibilità dei candidati che hanno già svolto due mandati consecutivi, resa a Sezioni Unite perché riguardante una decisione del CNF.
Non v’è dubbio che tale sentenza, benché per noi costituisca un mero precedente non vincolante, impone comunque una seria riflessione.
Riflessione che si riduce, in ultima analisi, nella seguente alternativa:
riconoscere al dispositivo della Cassazione un valore superiore a quello suo proprio, quasi appartenessimo ad un paese di “common law” – disconoscendo così, i valori del nostro ordinamento basato sulle leggi (come pure suggerito da alcuni disinteressati amici) – oppure analizzare la sentenza e verificare la possibilità di condividerne i contenuti (come facciamo ogni giorno nel nostro lavoro), visto che non siamo noi a doverla rispettare, poiché non siamo stati parte nel relativo giudizio?
Privilegiata l’analisi del contenuto, ci si è resi conto che la Cassazione, per affermare il principio di diritto sopra ricordato, ha dovuto compiere una complessa esegesi delle norme contenute nell’art. 3, comma 3, della legge e della disciplina transitoria contenuta nell’art. 17, comma 3, della medesima legge.
Tale sforzo esegetico non ci sembra sufficiente a vanificare l’evidente volontà del legislatore che, durante i lavori parlamentari, ha bocciato un testo che prevedeva, espressamente, una preclusione da pregresso esercizio delle funzioni di consigliere, anche ai mandati espletati prima dell’entrata in vigore della legge: sicché l’interpretazione della norma resa dalla Cassazione va palesemente contro il volere espresso del legislatore e ciò basterebbe a chiudere la discussione sulla vicenda.
Si è andati oltre, però, e si è considerato pure che l’irretroattività della disposizione che vieta il “doppio mandato”, pacifica sino alla pubblicazione della sentenza della Cassazione, è del tutto coerente con il nuovo assetto normativo assunto dai Consigli con la Legge n. 247/2012, che prevede per l’organo consiliare nuove competenze, funzioni e diverso regime temporale.
Non basta. Il principio enunciato dalla Cassazione (rectius: l’interpretazione data della norma), in buona sostanza, si traduce, di fatto, in un’applicazione retroattiva della normativa, vietata dall’art.11 delle preleggi.
E’ ovvio che i rapporti sorti prima dell’entrata in vigore della legge debbano continuare ad essere disciplinati dalle norme precedenti (quando, per quel che qui interessa, non v’era alcun limite di mandato).
D’altra parte, diversamente opinando, l’interpretazione della Corte, impingendo su diritti costituzionalmente garantiti (quali l’accesso al munus pubblico e l’elettorato passivo), dovrebbe ritenersi, all’evidenza, viziata di incostituzionalità.
Tanto sul piano del diritto.
Non possiamo e non vogliamo esimerci, però, dal valutare l’impatto della sentenza anche sul piano istituzionale.
La decisione della Cassazione è resa con tempi del tutto inusuali (appena quattro mesi dalla notifica del ricorso al deposito della sentenza), ed interviene a competizione elettorale ampiamente avviata (e, dichiaratamente, prima che si giunga al voto), rischiando di viziarne l’andamento e l’esito.
La Corte, si profonde in argomentazioni inaccettabili di carattere etico (si legge tra l’altro di “pericolo di una cristallizzazione di posizioni di potere” e di “tendenze all’autoconservazione che possono influenzare la correttezza ed imparzialità degli ordini, nell’espletamento delle funzioni di rappresentanza”).
Tali argomenti appaiono assolutamente lesivi dell’intera classe forense (sospettata di esprimere il proprio voto sulla base di non meglio precisati interessi clientelari) ed ignorano l’esclusivo spirito di servizio che anima, necessariamente, chi si candida al Consiglio (poiché sono a noi note le difficoltà della carica, mentre ci sono ignoti i supposti benefici scaturenti da tale “posizione di potere”), costituendo, peraltro, un’indebita ingerenza della magistratura che rischia di minacciare e condizionare l’autonomia dell’Avvocatura.
A tale ultimo proposito, va considerato che se si dovesse applicare retroattivamente la norma contenuta nell’art. 3, comma 3, della l. n. 113/2017, anche altri Colleghi (non solo alcuni della nostra lista) non potrebbero essere eletti, mentre noi desideriamo che la competizione elettorale sia quanto più ampia possibile e vogliamo che siano gli Avvocati a decidere liberamente e democraticamente, non secondo regole etero determinate, chi debba accedere al nostro organo di autogoverno, sicuri che questa pronuncia esprima un principio che verrà presto rimeditato.
Per tutte queste ragioni, sperando che Voi possiate condividere le nostre riflessioni e darci ancor più il Vostro appoggio, Vi comunichiamo che tutti i componenti della lista “Distefano” hanno deciso di confermare la propria candidatura per le prossime elezioni del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati.
Un cordiale saluto
Catania, 27.12.2018u.”
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