Palermo, “trattativa stato/mafia”: richieste di rinvio a giudizio per 12 indagati tra ex ministri, ufficiali dell’Arma e capimafia


Pubblicato il 25 Luglio 2012

di Fabio Cantarella, iena antimafia

Nonostante le polemiche e le critiche di qualcuno ai magistrati palermitani, l’inchiesta sulla ormai nota trattativa tra pezzi dello stato e la mafia procede spedita dopo anni di stasi. Proprio ieri i pubblici ministeri di Palermo hanno firmato la richiesta di rinvio a giudizio per i dodici soggetti, tra pezzi dello stato e pezzi della mafia, indagati per la trattativa Stato-mafia. Tra di essi, non è più un mistero, figura anche l’ex ministro degli Interni, ex presidente del Senato ed ex vicepresidente del Csm, Nicola Mancino, che a differenza degli altri sarebbe indagato per falsa testimonianza resa ai pubblici ministeri nell’ambito del procedimento.

Tra gli indagati compare anche l’ex ministro Calogero Mannino, i boss Totò Riina, Giovanni Brusca, Nino Cinà, Leoluca Bagarella e Bernardo Provenzano. Il provvedimento riguarda anche ufficiali dell’Arma. Il procuratore capo di Palermo, Francesco Messineo, si sarebbe limitato a vistare la richiesta trasmessa di rinvio a giudizio al Gip ma non vi avrebbe apposto la firma.

La richiesta di rinvio a giudizio firmata dal procuratore aggiunto Antonino Ingroia e dai pubblici ministeri Nino Di Matteo, Lia Sava e Francesco Del Bene interesserà anche il figlio dell’ex sindaco di Palermo Vito Ciancimino, Massimo, il generale dei carabinieri, Mario Mori, l’ex capitano dell’Arma, Giuseppe De Donno e l’ex capo del Ros, Antonio Subranni. E ancora l’ex ministro dell’Interno, Nicola Mancino, il senatore del Pdl, Marcello Dell’Utri e l’ex ministro Calogero Mannino.

Gli imputati sono accusati a vario titolo di violenza o minaccia a corpo politico dello Stato e concorso in associazione mafiosa. Mancino risponde di falsa testimonianza e Ciancimino, oltre che di concorso in associazione mafiosa, di calunnia.

“Preferisco farmi giudicare da un giudice terzo. Dimostrerò la mia estraneità ai fatti addebitatimi ritenuti falsa testimonianza, e la mia fedeltà allo Stato”, ha dichiarato Nicola Mancino.


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