Parla Villari, petaloso: “colpita una storia di famiglia”, ecco; e mentre minaccia la stampa, su Frisina, arrestato per mafia, non ha nulla da dire

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di iena marco pitrella (con il concorso esterno di marco benanti)

Più confuso che persuaso e… petaloso, è Angelo Villari, “l’incompiuta”. Così è e così pare in un’intervista di qualche giorno fa rilasciata a Umberto Teghini su “Sicrapress”: “colpita una storia di una famiglia”, ha avuto il coraggio di dire.

Preparate i fazzoletti, a sentire il segretario provinciale del partito democratico cala il latte.

“Sei stato male, Angelo?” ha chiesto Teghini, neanche fosse un parrino.

“Ho sofferto molto – ha confessato Angelo, triste e abbattuto – sì, negare che io abbia sofferto per questa situazione, per quello che hanno fatto uscire i media, non posso, perché ho sofferto molto”.

Peccato che quel che s’è scritto, pardon “fatto uscire nei media”, s’è letto nell’ordinanza di un giudice, nell’ambito dell’inchiesta “Malpassu”, clan “Santapaola- Ercolano”: “quello di Frisina – uno degli arrestati – sarebbe un attivo interesse per l’elezione di Villari, appunto, (per le regionali del 2017, ndr) il tutto con l’obiettivo di ottenere favori dallo stesso Villari in relazione all’attività svolta presso la Mosema”, società che si occupa di servizi ambientali al comune di Mascalucia, città d’origine di Villari.

L’ha scritto un giudice, tanto per esser chiari, caro Angelo Villari, Angelo Villari caro.

Ma quando uno è più confuso che persuaso questo è il risultato: non si è indignato e non ha parlato, Villari, su quanto Frisina, intercettato, diceva a De Caudo, RSU-CGIL.

“In ordine alle imminenti elezioni regionali del 5 novembre – tanto per citare un passaggio dell’ordinanza – in particolare, Frisina riferiva al suo interlocutore di aver ricevuto la “promessa” di Villari, in caso di vittoria alle elezioni regionali, di un avanzamento di incarico rispetto al ruolo di “sorvegliante…””

E per citarne un altro di passaggio, “Giovanni De Caudo dice che se Angelo gli ha promesso questo, se dovesse salire manterrà di certo la promessa”.

Avessero riguardato qualche altro le conversazioni, chissà quante sentenze avreste sputato dal cortile della Cgil, cortile anche in senso lato. Però Frisina venne liquidato con un “può darsi abbia votato per me, ma io non ho mai scambiato nulla”, come dichiarato da Villari, a suo tempo, a “Meridionews”.

Ha preferito sorvolare su Frisina, Villari. Ma, piuttosto, ha preferito parlare contro i giornalisti: “sciacalli”, li ha definiti. Comunque per la cronaca la testata si chiama “Ienesicule”.

“Ho diffidato tutti dal parlare di questo”, ha aggiunto: cosa voglia dire con “ho diffidato tutti” non s’è capito.

E ancora, “non mi piacciono le diffamazioni, querelerò”: che paura, che spavento… si salvi chi può.

Intanto, Giovanni De Caudo è l’unico che s’è dimesso da RSU-CGIL “con effetto immediato”; fra l’altro, non è indagato. Giovanni De Caudo, fratello di Carmelo De Caudo, segretario generale dello SPI-Cgil, la stessa categoria di cui Concetta Raia, moglie di Giacomo Rota, attuale segretario provinciale della Cgil, è dirigente regionale… Giovanni De Caudo che a un certo punto dice: “se c’è Concetta Raia voto per lei, se c’è Angelo Villari voto per lui…”.

Nemmeno Angelo Villari è indagato, è vero: e nel parlare sempre contro i giornalisti, lo ha pure detto: “è un danno che si è fatto al partito in cui milito da anni, il partito democratico”. Se Villari volesse davvero tutelare il suo partito, si sarebbe già fatto da parte, lui che è componente della direzione nazionale ed è segretario “da remoto” del Pd provinciale. Non solo per l’intercettazione per cui s’attende una spiegazione (il peggio è sempre come hanno ridotto la Cgil) ma, a raccontarla tutta la vicenda, pende pure una richiesta di rinvio a giudizio per fatti che con il bilancio del comune di Catania hanno a che fare.

Si faccia da parte, Villari, per il quale comunque nutriamo un tantino di simpatia dato che succedono tutte a lui; mai quanto la simpatia che proviamo per Rota, Giacomino, a lui resta sempre il cerino. A meno che, c’è da comprenderlo a Villari, ci sia qualcuno o qualcuna che gli intimi di stare lì, a qualunque prezzo e a qualunque costo… con vincolo di mandato, insomma. Sì, magari per le prossime nazionali e regionali, ANGELO.

A proposito di famiglie, arriva il bello.

“Questo ha colpito non solo la mia storia, la storia di un impegno, una storia di famiglia”, ecco l’ha detto a Teghini.

Se con “storia di una famiglia”, infatti, si riferisce alla storia della famiglia Villari, stai sereno Angelo: quella storia, così come migliaia di storie simili, che hanno fatto grande la sinistra italiana, sono state salvaguardate e tutelate dal partito, i DS, eredi del PCI e da quello che era il sindacato della sinistra italiana, la CGIL.

Ora, a dirlo è ancora la storia: con la scomparsa dei DS e la nascita del PD “liberi tutti”.

“Liberi tutti” e finalmente la possibilità, per tanti anni da tanti inseguita e da tanti desiderata, di essere come gli altri. “Liberi tutti” ed essere come gli altri nel rapporto col potere. “Liberi tutti” e per essere come gli altri una cosa andava fatta: tradire quella storia.

Del resto, l’ha sostenuto Franco Garufi, in un intervento pubblicato su “La Sicilia”: “non si comprende pienamente la valenza dell’accaduto se non si allarga la riflessione della scomparsa dei partiti identitari e alla trasformazione dei soggetti politici, anche quelli di centrosinistra, in strutture leggere, sostanzialmente ridotte a federazioni di comitati elettorali riuniti intorno a leadership impegnate a estendere il proprio consenso in una dimensione tutta tattica dell’agire politico”.

Sono scomparsi i partiti identitari, dunque: ma la Cgil no, non è scomparsa.

Rimane ancora oggi l’organizzazione della sinistra italiana dei Giuseppe Di Vittorio e dei Luciano Lama, dei Sergio Cofferati e dei Guglielmo Epifani e oggi di Maurizio Landini; della trasfigurazione che si è avuta a Catania dal 2007 ne andiamo raccontando da anni ormai; un sindacato ridotto a famiglia, un fenomeno che non ha eguali in nessuna parte d’Italia. L’eredità della Cgil che somiglia tanto all’eredità dello zio d’America.

È il “caso Catania”, bellezza! Che poi stia per diventare anche il “caso Sicilia”e che quindi sia anche un caso nazionale va da sé.

Ce lo dica Anthony Barbagallo, che del Pd è il segretario regionale, cosa intende fare; ma ce lo dica anche Antonello Cracolici e ce lo dica anche Giuseppe Lupo: ce lo dicano cosa vuole dire la nomina “da remoto” di Villari anche, ripetiamo anche, segretario del Pd. La domanda va domandata: a chi serve a Catania un partito, il Pd, derivazione della famiglia sindacale? A chi serve?

Ce lo dica Alfio Mannino, che della Cgil è il segretario regionale, cosa intende fare; ma ce lo dica anche Maurizio Landini. Da questo non si scappa.

Meno male che Villari a un certo punto ha chiosato: “chi denigra quella storia, denigra se stesso”. Ma che è sto “denigra se stesso?” avesse recitato il motivetto “la parola maledetta resta in bocca a chi l’ha detta”, c’avrebbe fatto più figura. Che petaloso.

 

 

 

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