Patente sospesa perché gay, lo Stato condannato a risarcire i danni

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Il 28 febbraio 2018 la Sezione Prima della Corte di Appello Civile di Palermo ha depositato la sentenza n. 431/2018 con la quale ha deciso che la condotta serbata dalle Amministrazioni dello Stato, Ministero delle Infrastrutture e dei Traporti e Ministero della Difesa, è da ritenersi lesiva del “diritto costituzionalmente tutelato alla libera espressione della propria identità sessuale” quale diritto involabile della persona di cui all’art. 2 Cost.. perché consistente in un “vero e proprio (oltre che intollerabilmente reiterato) comportamento di omofobia”.

In ragione “della evidente gravità dell’offesa” subita dal giovane ragazzo GIUFFRIDA Danilo, peraltro da rappresentanti della P.A., la Corte di Appello ha ritenuto giusto liquidare un danno pari ad € 100.000,00, come correttamente aveva già disposto il tribunale di Catania nella sentenza di primo grado, poi riformata dalla Corte di Appello di Catania. La vicenda, infatti, era già giunta avanti la Corte Suprema di Cassazione che, con la sentenza numero 1126 (Pres. Segreto – est. Travaglino), il 22.01.2015 aveva annullato la decisione della Corte di Appello di Catania, la quale aveva ingiustamente ridotto a ventimila euro il risarcimento ottenuto dal ragazzo nella sentenza di primo grado. La Corte di Cassazione aveva anche disposto che ad occuparsi della vicenda non doveva essere più la competente Corte di Appello di Catania, ma quella di Palermo, alla quale, il difensore, Avv. Giuseppe Lipera, ha presentato nuovamente ricorso per vedere riconosciuto, ma soprattutto equamente ristorato, il pregiudizio del ragazzo discriminato dallo Stato. La Suprema Corte di Cassazione e da ultimo, simmetricamente, la Corte di Appello di Palermo hanno preferito la motivazione del giudice di primo grado, tribunale di Catania, nella persona del Dott. Ignazio CANNATA BARATTA, il quale aveva evidenziato come “il comportamento delle due amministrazioni ha gravemente offeso e oltraggiato la personalità del G. in uno dei suoi aspetti più sensibili e ha indotto nello stesso un grave sentimento di sfiducia nei confronti dello Stato, percepito come vessatorio, nell’esprimere e realizzare la sua personalità nel mondo esterno”. I due Ministeri, di cui uno, il Ministero della Difesa, rimasto contumace, sono stati condannati anche alle spese processuali di tutti i giudizi fino ad oggi sostenuti dal GIUFFRIDA, ossia primo giudizio di appello, giudizio di Cassazione e secondo giudizio di appello. Si dichiarano soddisfatti sia la parte Danilo GIUFFRIDA sia il suo difensore, Avv. Giuseppe Lipera, che per vedere riconosciute le ragioni del suo assistito è dovuto ricorrere alla Corte Suprema di Cassazione, la quale, censurando l’operato delle Amministrazioni Statali, ha additato la stessa come una vera e propria “omofobia”. E’ una vittoria non personale del singolo, ma di tutti coloro che ogni giorno sono costretti a sopportare condotte intollerabili che offendono la dignità della persona e dell’individuo, i quali non devono subire discriminazioni in base alle proprie scelte sessuali, specie se tali comportamenti provengono dalle Istituzioni Pubbliche nell’esercizio delle loro funzioni amministrative (come nel caso di specie, nel quale il GIUFFRIDA aveva visto denegarsi il rilascio della patente di guida perché non ritenuto idoneo psichicamente e fisicamente, stante la manifesta dichiarazione di omosessualità). Speriamo che questa sentenza, ma soprattutto quella della Corte di Cassazione, siano un monito non solo per le Amministrazioni ma per qualsiasi rappresentazione della società, sia essa privata o pubblica, in maniera da rendere eguali i diritti della persona e del cittadino, senza subire discriminazioni di nessun tipo, siano esse di genere siano esse di altra natura, ma sempre di sprezzante riluttanza al nostro senso etico, morale e giuridico.

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Iene Sicule

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