Politica, Catania: domani incontro sul sovranismo. Una scelta diversa o un “demonio” da esorcizzare?


Pubblicato il 14 Settembre 2019

“Sovranismo: idee e valori per i nuovi conservatori”, questo il tema dell’incontro che si terrà domani, alle 17,30, a Catania, in Corso Sicilia 11. Abbiamo a chiesto agli organizzatori di spiegarci di cosa si tratta. Ecco qualche domanda ad Angelo Capuano, giornalista e storico delle dottrine politiche.

Capuano, quali sono le ragioni di fondo di questa iniziativa? 

“Aspettando Atreju” nasce dalla volontà dei gruppi politici organizzatori di “fare il punto della situazione” in vista dell’appuntamento con la manifestazione della destra italiana che si terrà dal 20 al 22 settembre a Roma all’Isola Tiberina, una sorta di incontro propedeutico… L’evento è organizzato dal movimento politico Avanguardia e Fratelli d’Italia. Io e il collega Fernando Massimo Adonia siamo stati invitati a portare un contributo alla riflessione sui temi oggetto dell’incontro: Sovranismo, idee e valori per i nuovi conservatori. Tenteremo, dal nostro punto di vista di giornalisti e osservatori, di fornire una cornice concettuale che possa innescare un dibattito tra chi oggi si propone di portare avanti istanze identitarie e “sovraniste”

La dicotomia sovranismo-antisovranismo cosa rappresenta politicamente: due modi diversi di vedere l’Europa o altro?

Dal mio punto di vista, bisognerebbe intendersi sul significato del termine “sovranismo”: nella storia recente nasce come “etichetta” apposta ai partiti, presenti all’interno della scena politica degli stati membri dell’unione europea, che manifestano la necessità di riappropriarsi di alcune prerogative decisionali in politica interna, soprattutto di quelle che hanno o potrebbero avere un impatto diretto e significativo sulla vita delle persone, prima di tutto la politica economica. Il contrasto principale, tra “sovranisti” e “unionisti”, dico io, è proprio sui vincoli di bilancio imposti dai trattati Ue. Poi c’è la questione della riaffermazione dell’interesse nazionale.

Sono tante le questioni politiche nazionali e internazionali che nel tempo hanno mostrato come le istituzioni europee non siano state capaci di portare avanti un interesse generale e sovranazionale europeo: il fenomeno migratorio vale su tutti. Anche se il termine “sovranista” è entrato a far parte del lessico politico soprattutto in termini negativi – denotando quindi una presunta tendenza anacronistica dei partiti politici che chiedono un recupero di sovranità nazionale – di fatto ha sostituito il termine “euroscettico”. La componente passiva dell’euroscetticismo ha ceduto il passo alla componente attiva dei sovranisti, i quali chiedono un’Europa diversa, la cosiddetta Europa dei popoli.

Oggi chi sono i conservatori? E i non conservatori?

Anche in questo caso, secondo me, bisognerebbe fare delle distinzioni tenendo presente i due livelli dello spazio politico in gioco. Tradizionalmente, nelle società politiche omogenee, i conservatori si contendono il potere con i progressisti. Nel cosiddetto mondo post ideologico le società politiche sono più frammentate e dunque anche questa dicotomia in parte è saltata. Oggi potremo dire che i conservatori sono quelli che voglio riaffermare un’identità, che sia essa culturale o politica. Decenni di narrazione post modernista hanno contribuito a far credere che le identità nazionali, o peggio ancora quelle legate all’idea tradizionale di società basata sulla famiglia, fossero un male da cui fuggire, visto che il futuro globalizzato viaggiava su altri presupposti.

Poi sono arrivate le conseguenze della globalizzazione: incertezza diffusa, e incapacità di dare soluzioni locali a problemi globali. Il disagio della post modernità magistralmente descritto dal sociologo Zygmunt Bauman. Oggi invece il recupero dell’identità, per dirla con Niklas Luhman, un altro grande sociologo, gioca un ruolo fondamentale nella “riduzione della complessità” che i sistemi politici devono affrontare: si tratta di un passo avanti, secondo me, non di un passo indietro. I non conservatori oggi, a livello nazionale e a livello europeo sono quelli che pensano sia giusto depotenziare la discrezionalità politica dei governi. Il mandato elettorale conta relativamente: l’importante è essere accettati nel consesso quali “diligenti membri dell’Ue”.

Al di là delle squallide beghe politiche italiane, dal punto di vista storico, il progetto di Europa realizzato è in linea con gli ideali di chi prima e dopo la seconda guerra mondiale idearono un altro assetto dell’Occidente?

Il processo di integrazione europea, per forza di cose, è andato avanti seguendo il principio di integrazione funzionale, ben diverso dall’ipotesi della formazione degli Stati Uniti di Europa, ipotizzata ad esempio da Altiero Spinelli. L’obiettivo subito dopo la guerra mondiale era proprio di evitare la guerra e infatti si cominciò a mettere in comune carbone e acciaio (con l’istituzione della Ceca) per aver un controllo sulle materie prime funzionali al riarmo delle nazioni. Ci fu anche il tentativo, poi fallito, di istituire la Comunità europea di difesa, la Ced, e quindi la formazione di un esercito europeo. Poi i vari trattati istitutivi della Comunità economica europea che comunque perseguirono un approccio di integrazione funzionale, non politico.

Gli anni ’70 del XX secolo furono forse quelli attraversati dalla maggiore ondata di euroscetticismo, ma nonostante ciò si gettarono le basi per le istituzioni europee che conosciamo oggi. Nel 1975 il primo ministro belga, Leo Tindemans fu incaricato di redigere un rapporto che avrebbe dovuto vagliare la fattibilità di una vera e propria Unione, fu in quella sede che emerse la necessità della cosiddetta “Europa a due velocità”, una prospettiva totalmente disattesa. Ma bisogna considerare anche il fatto che la resistenza maggiore alla formazione di uno “spazio politico” europeo proveniva dal sistema delle alleanze militari guidato da Usa e Urss.

A sinistra l’europeismo viene vissuto in larga parte come un “dovere”, magari soltanto da riformare: nella tradizione di sinistra, o meglio nella tradizione comunista è sempre stato così?

Il partito comunista oggi sarebbe considerato “sovranista”, a dirlo è anche lo storico delle dottrine e politologo il professor Carlo Galli. Sempre negli anni ’70 del XX secolo i comunisti erano sostanzialmente contro quel modello di integrazione: chiedevano che le istituzioni europee non fossero guidate, cito testualmente, “dalle oligarchie finanziarie”, e dai “monopolisti” e sopratutto, in quel periodo attraversato dalla crisi economica mondiale, per quanto riguarda le politiche economiche nazionali spingevano per un maggior “dirigismo”.

Chi parteciperà all’evento: ci dai qualche nome

Non abbiamo una lista definitiva dei partecipanti, ma dovrebbe essere presente il coordinatore di Fratelli d’Italia Salvo Pogliese, altri esponenti regionali del partito e dei consiglieri comunali di area. Poi ci saranno Massimiliano Giammusso, presidente del movimento politico culturale Avanguardia e sindaco di Gravina di Catania, Erio Buceti, presidente della 4° municiplaità, Bruno Spitaleri, consigliere del Comune di Pedara, Luca Scrofani, segretario politico del movimento; Luca Sangiorgio, consigliere del Comune di Catania e altri. 


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