Politica e antiparaculi. c’è chi va al governo, che ci va fuori da ruoli nel Pd: le dimissioni di Danilo Festa. Un esempio, nel mare dell’opportunismo da “vecchiume di caverna”


Pubblicato il 03 Maggio 2013

Nel triste e vecchio panorama della “politica” dell’italietta, dove come al solito si sale sul carro del vincitore (vedi sotto),un giovane vero fa scelte altre. E le spiega:

“Oggi, alla domanda di coerenza, voglio rispondere con coerenza. Per questo ho deciso di dimettermi da Segretario del Partito Democratico di Motta Sant’Anastasia.Non posso più rappresentare un partito che ha smarrito il senso della propria vocazione costitutiva.Scrivo questa breve lettera per annunciare le mie dimissioni da Segretario del Pd di Motta Sant’Anastasia.Queste dimissioni provengono dalla riflessione dell’uomo prima ancora che del dirigente; uomo, parte integrante della società, ancora capace di guardare la politica senza i filtri oculari dell’opportunismo e della convenienza partitica.Non mi stupirò, dunque, se i politici di professione, quelli della responsabilità artificiale e delle stanze di governo, non comprenderanno questa mia decisione.È il periodo storico più brutto per far politica. Negli anni in cui la contesa diviene sdoganamento di un lessico violento e isterico, negli anni della miticizzazione dello scontro tra casta e popolo, della contrapposizione tra parlamento e piazza, il Partito Democratico non è riuscito ad impattare la vita, la misera realtà che ci opprime, tra giovani laureati costretti ai lavori forzati nei call center, padri che preferiscono il suicidio all’umiliazione di dover dire “no” ai propri bambini e uomini che sparano altri uomini perché hanno perso la forza di urlare al mondo la propria sofferenza.In questo drammatico contesto, il Pd avrebbe dovuto rispondere al dolore sociale, alleviando le pene di una comunità stremata da anni di negazione del diritto al lavoro, del diritto alla vita.C’è la necessità di dare una risposta, certamente; ma questa risposta, la fiducia al governo Letta, appare come il malinconico epilogo di una storia costellata da una serie di clamorosi errori politici: il governo Monti, la mancata abrogazione del Porcellum e la mancata elezione a Presidente della Repubblica di Stefano Rodotà.Dopo le dimissioni di Berlusconi, nel dicembre 2011, il Pd non ha avuto il coraggio di governare, preferendo affidare ad un manipolo di tecnici l’arduo compito di inaugurare il macello sociale.Nell’anno in cui si sarebbe potuta cambiare la legge elettorale non siamo riusciti ad imporre la nostra proposta e non siamo riusciti neanche a far abrogare il Porcellum per tornare, quanto meno, al Mattarellum. Omissione deleteria che, come da contrappasso, ci ha portato ad una preannunciata sconfitta elettorale, non riuscendo a conquistare la maggioranza al Senato.La svolta si sarebbe potuta verificare durante le elezioni del Presidente della Repubblica, usando lo stesso principio che, qualche settimana prima, portò all’elezione dei Presidenti delle Camere: il cambiamento; votare Rodotà avrebbe significato eleggere un Presidente scelto dal M5s, con il quale si sarebbe potuto iniziare un dialogo per la costituzione di un governo di svolta, a forte legittimazione popolare, sulla base degli otto punti proposti da Bersani. Si è invece preferita la strada Napolitano che, come tutti sapevamo, ci avrebbe accompagnati verso la costituzione di un governo dalle larghe intese.Errori che danneggiano la storia, i valori di appartenenza e il lavoro territoriale.Nella società del XXI secolo, quella della finanza e dei disoccupati, non può mancare una sinistra di governo.Lo scivolone verso il governo Pd-Pdl rappresenta la specifica volontà di traghettare la società, abbattendo le differenti visioni del mondo, da un sistema democratico ad un sistema tecnocratico, avvalorando la demagogica convinzione Grillina del “siete tutti uguali”.Ciò che si prospetta è la formazione del grande centro sognato da Casini e da tutti i nostalgici della Democrazia Cristiana; progetto per anni dimostratosi fallimentare e improvvisamente materializzatosi nella figura di Enrico Letta.Ho passato buona parte dei miei giorni a convincere amici e conoscenti della differenza ideologica e programmatica tra il Pd e il Pdl Berlusconiano.Tanti, durante il cammino, hanno chiesto coerenza, hanno chiesto rinnovamento, hanno chiesto buona politica e si sono fidati di noi.Con questo governo abbiamo tradito, abbiamo tradito la fiducia di tutti gli amici che, anche solo per un momento, hanno camminato insieme a noi, in campagna elettorale, credendo in una stagione di cambiamento.Oggi, alla domanda di coerenza, voglio rispondere con coerenza. Per questo, dopo una consapevole riflessione, ho deciso di dimettermi da Segretario del Partito Democratico di Motta Sant’Anastasia. Non posso più rappresentare un partito che ha smarrito il senso della propria vocazione costitutiva. Mi scuso con tutti gli amici e i compagni che si sentono traditi da questa scelta ma preferisco unirmi agli scettici e ai delusi della piazza piuttosto che provare a camuffare questo amaro senso di sfiducia con un sorriso di circostanza, per rispondere al popolo che ci incalza con legittime domande, al cospetto delle quali non posso che fare scena muta.In linea con la mia vita, ho sempre vissuto la politica travolto da sentimenti ed emozioni, ascoltando e dialogando, costruendo e demolendo le incongruenze del passato; probabilmente si tratterà di una scelta politicamente sbagliata ma sicuramente coerente con l’idea di politica che vorrei.”

Danilo Festa


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