Toccante e partecipata presentazione del fondamentale testo di cultura politica e umana del senatore Pdl. Tornato con Lombardo. Ma senza cinismo.di iena letteraria Marco Benanti
I campi sono progressivamente abbandonati in Sicilia, ad aggravare il problema dell’agricoltura della Trinacria. Infatti, c’è chi lascia la terra per inseguire il successo, con il pallone o con la hit-parade e c’è chi non rinnega nulla, ma con una “cavalcata” passa dalle campagne di San Cono a Palazzo Madama. Come il senatore Pdl e sindaco di Bronte Giuseppe “Pino” Firrarello che ha pensato bene di mettere su carta una vita. Di sacrificio e di duro lavoro, magari su un cavallo nero in campagna. Ma anche di ascesa sociale, finita addirittura in Senato. Il consesso dei saggi della Repubblica, mica quisquillie! Il tutto, in meno di trecento pagine, è raccontato -da par suo- da Firrarello nel fondamentale testo di storia patria e saggezza umana “Un contadino al Senato” (edito da Maimone editore) presentato ieri sera, in un hotel del centro, a Catania.
Ne è passato di tempo da quando nel 1959 Firrarello si muoveva a cavallo a San Cono: oltre cinquant’anni. Ma lui è rimasto fedele ai suoi valori (rurali e culturali), anche quando proprio con una “cavalcata” – tutta dentro la “Balena Dc”, con l’indimenticato e indimenticabile “trio delle meraviglie” insieme a Mimmo Sudano e Salvatore Urso- Firrarello è arrivato, di carica in carica, dalla Prima Repubblica alla Prima Repubblica, in Senato. Dopo la Regione, dopo la prima e dopo la sindacatura in quel di Bronte, una sorta di “laboratorio politico” venuto meglio e più dolce -dicono i suoi ammiratori- di una torta al pistacchio.
Ma senza cinismo, come hanno insistito gli illustri relatori ieri, fra gli applausi di una folla di amici, che ha riempito la sala, fra un abbiocco e un flash per la famiglia. Fra ammiratori e amici, abbiamo visto, oltre al genero Giuseppe Castiglione (prossimo eletto alla Camera), l’indimenticato e indimenticabile parlamentare Pippo Palumbo, il manager Giuseppe Navarria, il già assessore Giuseppe Maimone, il prof Agatino Cariola, e ancora avvocati, prof, pensionati, disoccupati, amministratori pubblici, giovani e meno giovani, donne di casa e donne in carriera. Ma sono soltanto alcuni dei volti -appassionati e ammirati- dei Firrarello’s friends presenti. Freschi e giovani, magari nell’anima, come lui.
A parlare di lui sono stati alcuni docenti di vaglia, storici come Gino Saitta, medievalista, Lina Scalisi, modernista e Enrico Iachello, anche lui storico (nella foto in alto). Candidato -ma è meno importante- alla carica di Rettore 2013. Alieni da ogni sfumatura celebrativa, i tre docenti hanno -da par loro- raccontato Firrarello, inserito a cavallo delle trame fondamentali dell’Italia degli anni del dopoguerra, della Prima Repubblica fino ad oggi. Un percorso senza cinismo (anche se poi Firrarello dalla campagna “scala” in città, alla Regione e al Parlamento) con la capacità -secondo la prof. Scalisi- di “ricucire” con gli altri politici, amici e avversari. E soprattutto -ha ricordato il prof. Iachello- si notano nel libro le note del “registro dell’ingenuità”, con il “nostro” senatore che dice la verità su alcune cose, tipo il disastro della Regione Siciliana o la mancata nascita di una nuova classe dirigente. Come non sentirsi responsabile? Del resto -secondo Iachello- Firrarello intende “la politica come lavoro ma senza speculazione”. Applausi. Del resto, quando si rimani fedeli ai valori della campagna non si teme nulla. Neanche la verità.
Ma la vita è dura, la vita è fatica. Non caso, anche per Firrarello arriva magari un “annus horribilis” -evocato dal prof. Saitta. Quel 1999 con lo scandalo del nuovo ospedale Garibaldi, una megastoria di appalti truccati, di appetiti mafiosi e affaristici. Ma con poco o nulla cinismo. Addirittura la Procura di Catania lo voleva arrestare, ma prontamente il Senato -con “voto unanime” ha detto Saitta- respinse. Così, tanto per cambiare, l’apposito centro-sinistra -lo ricordiamo noi- salvò anche Firrarello. Del resto, in quegli anni il centro-sinistra -lo ricordiamo noi, senza cinismo- in Sicilia faceva governi assieme con il gruppo di Firrarello. Che, nel sesto capitolo intitolato icasticamente “Io inquisito” (il cruccio della mia vita) ricorda, con partecipazione, l’amarezza di quel periodo. Che ingiustizia. Infatti, il processo per lui, come per tanti altri, è finito, in appello, in prescrizione: era solo accusato -Firrarello- di turbativa d’asta aggravata dall’aver favorito la mafia. Ma senza cinismo. Tanto che la Procura Generale aveva sostenuto che l’aggravante mafiosa non c’era più. Solo una turbativa d’asta. Ma senza cinismo.
Comunque, la storia personale e politica di Firrarello è fatta di tante cose belle. Nei dieci capitoli c’è spazio per la natura, per la famiglia, per la politica, per la vita, insomma. La famiglia su tutto (e con parole da par suo Firrarello sottolineato il tema nel suo intervento finale, che andrà negli archivi della storia patria). Come non vederlo trasparire nelle bellissime e straordinarie foto che fanno bella mostra di loro nel libro: scene di casa, scene di chiesa, come il momento del matrimonio di Giuseppe Castiglione con la figlia Lucia. La più apprezzata (la foto), in un rapido sondaggio effettuato sul posto dalla vostra “iena”. Tutto casa e chiesa, Firrarello? No, certamente. La vita pubblica lo ha impegnato a fondo. Non a caso, l’avv. Castronovo, intervenendo con sobrietà, ha evocato la figura di Cincinnato. L’amico e collaboratore di una vita, il famoso Nino Paparo, ha, invece, ricordato quando un giorno del 1970 Firrarello gli disse: “io non sono fatto per la politica”. Peccato! Nel senso -a scanso di equivoci- che sarebbe stato un peccato per la Sicilia e l’Italia intera perdere un Firrarello. Che ha anche meriti culturali, come ricordato dall’avv. Ciraldo: grazie al senatore, il Collegio Capizzi è diventato un “centro culturale”. E ancora: non mancano i riferimenti critici a Raffaele Lombardo. Nel libro. Oggi di nuovo assieme Firrarello e Lombardo. Alleati. Ma senza cinismo. Come al comune di Catania con Scapagnini.
Vedete quanto bene ha fatto quest’uomo. E lui? Alla fine è intervenuto con stile e garbo, come sempre. Ha ricordato l’infanzia, il senso di libertà che già allora si notava nei comportamenti (scappò dalla colonia di Fornazzo a nove anni, una sorta evasione di fatto), litigò sul posto di lavoro con chi stava più in alto a Bronte (“una realtà feudale”- ha detto. Oggi, per fortuna, è tutto cambiato, aggiungiamo noi, non c’è da chiedere nulla a chi sta in alto). Ma si candida? “Ma che me ne frega!” -ha detto con garbo e senza cinismo. “Dovete dirlo voi!” Che stile. Che uomini! E noi di “ienesicule” lo vogliamo celebrare così a Pino Firrarello, con le parole di uno che ha detto -agli amici- di conoscerlo bene. Si chiama Enzo Mangion. Ecco il link! Leggetelo. Ma -per cortesia- senza cinismo.
(http://www.ienesiciliane.it/cronaca/5360-catania-mafia-arrestato-enzo-mangion-quelle-pagine-%E2%80%9Cdimenticate%E2%80%9D-dello-scandalo-%E2%80%9Cgaribaldi%E2%80%9D-e-le-sue-parole-verso-il-senatore-pino-firrarello%E2%80%A6.html)
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