DI MARCO BENANTI IENA STIMANTE I FASCISTI, QUELLI VERI
20 agosto Anno del Signore 2012:
“A chi piace la politica deve piacere per forza la Sicilia. E’ il famoso laboratorio. Se non fosse però che la sua buttanissima Autonomia regionale, ora come non mai, ora che s’appresta la campagna elettorale, l’ha resa pezzente, ripugnante e definitivamente provinciale. Ed è il motivo per cui la Sicilia, anche a chi piace la politica, non piace più.
La terra che fu granaio elettorale della defunta Democrazia cristiana è ormai diventata immagine e somiglianza del suo ultimo padronazzo, il fintamente uscente governatore, quel Raffaele Lombardo che nessuno vuole ma che tutti cercano: per averlo alleato, complice, portatore d’acqua e, al contempo, avvelenatore di tutti i pozzi del consenso. Non è un cane che sta affogando, Lombardo. Piuttosto, sebbene abbia rassegnato le dimissioni a seguito di un’inchiesta di mafia, pur benedetto dall’anti-mafia, è cane su cui tutti i cacciatori puntano. Lui è uno che quando perde, vince: ha nominato trentaquattro assessori in quattro anni di presidenza mentre ancora oggi, la sua giunta di Governo, ha nominato un ennesimo consulente, ai trasporti. Il suo potere è intatto.
Non c’è giorno che dalla Sicilia di Lombardo arrivi una pensata…”
Chi lo scrisse? L’on. Bossi in preda a qualche “salmo leghista”? No, no. Chi lo scrisse? L’on. Ferrero, in un momento di “pensiero alternativo alle destre”? No, no.
Ma chi lo disse allora? Il democristiano di sempre Casini Pierfurby? No, no.
Lui, fu, Pietrangelo Buttafuoco da Catania, scrittore di vaglia, giornalista delle “pagine che si leggono”, nipote dell’indimenticabile on. Buttafuoco, un uomo, uno di quelli veri, insomma uno che usava le palle –sì proprio le palle- per vivere e non solo per andare a letto con una donna.
Beh, il Buttafuoco che vergava questi pensieri era sempre quello che aveva accettato la presidenza dello “Stabile”, insomma di un grande ente culturale. Una cosa seria. Per i più (la maggioranza che fa audience), un “beneficiato” (insomma, “ci ficiru u’ favuri”) di un incarico: del resto, l’orizzonte culturale non è sempre uguale, soprattutto alle latitudini della Trinacria. Ognuno esprime sé stesso. Sempre.
Continuava Buttafuoco nell’agosto del 2012:
“…E non c’è altra fatica, in questa finta uscita di scena di Lombardo, che il regolamento dei conti, la vendetta, lo sfregio appunto o la bastonatura per tramite di querela; il vice di Lombardo, infatti, nientemeno che Massimo Russo, ex magistrato e monumento dell’anti-mafia, giusto in queste ore di calura, gli sta risolvendo le pratiche relative alle querele contro la stampa, l’ultima nei confronti de La Repubblica. Spese a carico della Regione siciliana, va da sé.
L’ordinaria amministrazione è solo la straordinaria messa a punto della macchina clientelare e a chi piace la politica deve evitare di farsi piacere ancora la Sicilia perché mai stagione politica fu più schizofrenica, anzi, psicotica, di questa…”
Insomma, una critica feroce, che irrideva anche al solito -trito e ritrito- rito della querela dei potenti contro i giornali. Ah che abitudine questa, proprio un’abitudine da Italietta!
Ma torniamo alle cose serie: il rapporto di Buttafuoco con Raffaele Lombardo allora era già piuttosto controverso. Già, perché dopo i primi entusiasmi (si sa, gli intettuali siciliani si entusiasmano spesso, in linea con la propria indole lontana mille miglia dal cinismo delle “anime nordiste”), ad un certo Buttafuoco aveva preso ad esprimere un delusione crescente verso la politica di Lombardo. Di testimonianze ne abbiamo viste non poche su “Il Foglio” , ma anche altrove: un climax ascendente, teso verso il disappunto sempre più forte, deciso, determinato. Per Lombardo, Buttafuoco aveva parlato di “nomificio”, ma anche di altre cose non proprie da “beneficiato col suo patrozzo” –avrebbe sempre detto “la maggioranza che fa audience”.
Per lo scrittore e giornalista di Catania, ad esempio, Crocetta era la prosecuzione politica di Lombardo. E di Saro da Gela Buttafuoco ha scritto cose tremende. Secondo taluni, secondo quelli dell’Italietta benpensante, forse addirittura da querela!
Chi era il “piccolo Lombardino”? Crocetta. Definito il “grande bluff”
“Ed è il grande bluff, il Crocetta. Prenderà voti perché, come dice fino a sgolarsi Leoluca Orlando, lui è solo “il continuatore di Lombardo”. I due uomini forti di Lombardo, infatti, gli azionisti di maggioranza del più ributtante governo della storia di Sicilia, ovvero i due esponenti del Pd Peppe Lumia e Antonello Cracolici, sono con Crocetta….”- scriveva il 20 agosto 2012, mica un secolo fa!
E ancora:
“… E questo dell’imprinting lombardiano che è la croce di Crocetta, è il suo primo handicap ma, contemporaneamente, anche il suo salvacondotto per garantirsi l’ingresso nelle stanze del potere. Non è cane che affoga quello ma, ripeto, cane su cui puntano tutti. E i siciliani, si sa, non si schierano. Aspettano e puntano solo su chi vince. E’ tutto un entra ed esci di alleanze e di toccate di polso, in queste ore…”
E ancora più bella ancora, eccola:
“…Qualcosa nella comunicazione di Crocetta difetta se poi precipita in continue gaffe, la più bella delle quali, quella sulla sua casa di Bruxelles. I lettori del Foglio ricorderanno. La graziosa dimora è di proprietà di Raffaele Lombardo, Crocetta che è parlamentare europeo abita lì durante le sue trasferte e quando nel bel mezzo del Gratta e Vinci di Sicilia (veri tagliandi da scartavetrare, sono distribuiti in Sicilia dove, graffiando la faccia di Crocetta spunta il baffo di Lombardo) l’attuale candidato del Pd-Udc se n’è uscito urlando (e pronunciando la sua prima rotonda bugia): “Io manco lo conosco a Lombardo!” è stato quest’ultimo a replicare, non senza perfidia, via twitter: “Ma come non mi conosci Rosariuccio, ma se abiti a casa mia?”.
Insomma, Crocetta è il Tulliani di Lombardo.” Proprio così, il “Tulliani di Lombardo”, insomma, quando l’anima vera degli ex missini dice quello che pensa –per davvero- l’odio verso Gianfranco Fini viene fuori. E non senza legittimità.
E difatti, potevano mancare gli “strali” al Pdl?
“…Nessuno vuole –scriveva Buttafuoco nel 2012- Lombardo ma tutti lo cercano, magari non Castiglione e neppure Pino Firrarello, nemico storico, ma tutti, proprio tutti, sperano di finire nelle braccia del peggiore degli alleati, quello che della Pdl ne ha fatto pezzetti e pezzettini ad uso di bracconaggio. Il pidiellino Francesco Cascio, presidente del Parlamento siciliano, si agita al fine di garantire agio a Lombardo in casa altrui e non c’è angolo del centro-destra dove, grattando, non spunti il baffo che vince, anche quando fioccano carte di febbrile stravaganza, quelle dei Rettori Magnifici. Motivo per cui, quelli di Catania vogliono Antonino Recca e quelli di Palermo, giusto campanile, richiedono Roberto Lagalla.
Cercasi monoculo in terra caecorum, dunque…”
E per concludere Buttafuoco in bellissimo scriptum post, Buttafuoco scriveva:
“Ogni volta che passo davanti ai cancelli di Rebibbia, a Roma, la casa circondariale dove è detenuto Cuffaro, mi ritrovo a gridare: “Scusa, Totò”. E la Sicilia, oggi, non è neppure più quella dei cannoli ma qualcosa di peggio: ci vuole l’antitetanica a districarsi tra le vicende siciliane. Senza considerare che la società siciliana, sia essa civile o meno, è ancora più putrescente della classe politica stessa (io che ho avuto tutto il mio da fare in Sicilia, tra Teatro Stabile di Catania e rapporti istituzionali, me ne ritraggo sporco e intossicato ma questa – chiedo scusa – è solo una parentesi, non un mea culpa e magari sì, una excusatio non petita che l’accusatio, infine, la manifesta tutta. Ecco, chiusa parentesi, però giorno due settembre mi farò un bel regalo di compleanno: le valigie per il Continente).”
E come rispose allora Lombardo?
“Caro Buttafuoco,
ho letto con ritardo, e con ritardo rispondo, il tuo articolo sull’aria dell’incontinente. E ti dico che mi hai deluso. Di te infatti apprezzavo, più che le altre doti e qualità, il coraggio e l’anticonformismo. Ti trovo invece reclutato nel gregge di quanti, giornalisti e politici, ogni giorno mi insultano, mi aggrediscono, imprecano contro di me. Mi accusi anche tu di pratiche clientelari e questo da parte tua di pare poco onesto. Sei stato infatti beneficiario di una mia nomina per interposta persona. Fu Scapagnini sindaco di Catania a nominarti, io ad ispirarlo, presidente del Teatro Stabile e stessa matrice ebbe il direttore Di Pasquale…”
Insomma, Lombardo fece Lombardo. Perché Lombardo –lo puoi osannare, lo puoi odiare- quando si esprime, spesso esprime pienamente sé stesso. Prendere o lasciare, insomma.
“Orbene, proclamalo onestamente a chiare lettere: il capo di tutte le clientele della Sicilia, nella sua città, dove di clientes ne avrà un popolo, non ti ha segnalato né lo ha fatto con il direttore, un solo commesso, un bigliettaio, un addetto stampa, un’attricetta più o meno amante come si usa oggi, un regista e neppure un qualsivoglia spettatore a cui riservare una poltrona speciale o gratuita. Nessuno! In questi anni neppure uno! E come si spiega, vista la confidenza e l’incontinenza? E allora come osi disprezzarmi in un articolo che leggono in tanti a cominciare da qualcuno dei miei figli che avevo affidato alla tua guida culturale? Come parlare di vendetta, sfregio, regolamenti di conti? Come sfregiarmi se mi sono dimesso senza neppure un rinvio a giudizio seppure per un reato nefasto come il concorso in mafia? Quanti precedenti si contano in Italia di dimissioni di tal genere? E se poi dovessi essere prosciolto? E chi se ne frega, tanto a chi interesserà una assoluzione? Quale giornale ne scriverà?”
Proseguiva Lombardo: “ti è passato per la testa il dubbio, che tutto questo irriducibile odio sia legato a scelte costose e coraggiose che ho compiuto in questi quattro anni? Cancellando l’affare tangentistico-mafioso dei termovalorizzatori? O bloccando l’iter del igassificatore nel bel mezzo di una raffineria, in una terra attraversata da un mare di gas, che viene scelta perché il bombolone potrebbe magari esplodere se bombardato? Che a crepare meglio siano i siciliani! E se no perché non farlo in Liguria, o nei pressi di Roma o di Ancona? Fermando l’oltraggio dell’eolico al paesaggio e delle pale che girano a vuoto ma che producono proventi per gli speculatori? O interropendo lo sperpero della sanità? O legiferando dal 2008, io il principe delle clientele, perché si bloccassero le assunzioni nella P.A.? O riducendo da 34 a una dozzina le società partecipate, ad un terzo gli amministratori e al 50% il loro costo? O riportando la spesa corrente ai livelli del 2001?”
Continuava:
“e non disimpegnando un solo euro della spesa europea fino al 31/12/2011? Te lo sei chiesto esercitando una piccola porzione del senso critico che ti riconoscevo? Ti è passato per la testa che ho sconvolto equilibri, licenziato centinaia di parassiti, messo a repentaglio la pratica ascaristica che ha contraddistinto la classe dirigente siciliana, con il cappello in mano nei corridoi del potere romano e arrogante erede dell’imperituro spirito baronale con il popolo elettore? No! Ti sei aggregato, magari perché il teatro non ha avuto un contributo e credendo che sia stato io a negartelo. Io che ti ho assecondato e stimato! Sappi tu e sappiano i tuoi lettori che per questa terra io ho rischiato la libertà e non so se è finita. Ho contrastato la mafia come nessuno prima di me intaccando i suoi interessi economici, ho perso molto della mia credibilità, ho messo a repentaglio l’integrità della mia famiglia. E non mi sono messo una lira in tasca”.
E concludeva:
“e mi ritrovo a fungere da capro espiatorio, nell’epoca della recessione, per 60 anni di rapine, di sconcezze e di malaffare criminale. Per queste ragioni in questa terra maledetta, che maledettamente amo, ho il diritto di restarci. Mentre è bene che tu faccia le valigie e te ne vada in modo da poter essere accolto a braccia aperte nei salotti buoni della cultura e nell’impresa, ahinoi distratte mentre l’Italia rovinava. Sarai apprezzato oltre per le tue doti e qualità anche perché hai sputato su Lombardo, (“cane che purtroppo non sta affogando”) e sulla buttanissima Sicilia.”
Insomma, uno scontro vero. Fra due esponenti della classe dirigente siciliana e italiana. Che esprime, culturalmente, sempre sé stessa. Anche e soprattutto quando polemizza.
Ma Buttafuoco avrebbe continuato nel suo “solco della delusione”: come? Con un ormai mitico “Sicilia, fogna del Potere” e altre espressioni di sdegnoso rifiuto di una terra in caduta libera. Certo, con una classe dirigente di questo livello che cosa si vuole –aggiungiamo noi. Indubbiamente,
“Rosario Crocetta fa rimpiangere i presidenti che lo hanno preceduto”- cioè Raffaele Lombardo e Totò Cuffaro- gridò l’intellettuale siciliano.
“La Sicilia è una fogna, ha accusato Buttafuoco, è il luogo in cui l’idea politica trasforma i cittadini in clientela, “altro che primavera araba”- rincarò la dose lo scrittore di Catania.
Un “j’accuse” arrivato nel 2013. Molto prima, Buttafuoco (“io sono borbonico, l’unica sovranità che riconosco è quella del buon re Ferdinando” –dichiarò una volta a Giuseppe Lo Bianco sul “Fatto quotidiano”) si era dimesso dallo “Stabile”, dove le manovre lombardiane lo davano ormai prossimo…alle corde del ring.
Un’uscita di scena arrivata anche dopo una lettera a Raffaele Stancanelli, allora sindaco di Catania. Insomma, un distacco sempre più netto, schietto, dolorosamente necessario, forse, ai suoi occhi.
Malgrado ciò, Buttafuoco continua a scrivere della sua terra, con l’animo dell’ ”amante deluso” probabilmente, ma con un’analisi che mostra sempre una voglia di verità, ormai dimenticata da tempo dagli intellettuali italiani. Perché gli intellettuali –quelli veri- non si tirano indietro nemmeno davanti agli insulti, alle contumelie, alle ricostruzioni fantasiose, alle illazioni e tutto il repertorio del mondo piccolo borghese in perenne attesa che il suo sogno di ascesa sociale si realizzi. L’intellettuale vero –Madre Storia insegna- lo mette nel conto, altrimenti che intellettuale è? Sono altrimenti “intellettuali del sabato sera” , magari buoni per frequentare il “salotto di Fabio Fazio” e dire quattro banalità, frutto di un “pensiero” retto, “giusto”, ordinario, di buon senso. Insomma, da applauso tivvù. Ovvero il nulla.
Siamo certi che Buttafuoco è e resta altro. Per questo si merita elogi e “villanìe” di noi terroni, rimasti lontani dal Continente ad amare una “buttana”.
Ps: ma, a proposito, ci permettiamo –come direbbero i piccolo borghesi di provincia- una domanda al mondo: quando un intellettuale vero dirà due parole di verità sull’ “epopea antimafiosa” di Confindustria? Non meritiamo di sentire qualche nome e cognome come solo gli intellettuali –quelli veri- sanno fare? Attendiamo fiduciosi.
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