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Politica: Sicilia e il governo regionale, un binomio di disgrazie
Pubblicato il 19 Gennaio 2020
Sembra che una perenne maledizione perseguiti i governatori in Sicilia che sono tutti destinati al fallimento e sono quasi sempre tra i più impopolari d Italia. Sia Cuffaro, Lombardo, Crocetta e adesso Musumeci sembrano impantanarsi nelle sabbie mobili di una Regione che ha 8 miliardi di debiti e una struttura amministrativa che divora chiunque in una lentocrazia burocratica opprimente e avvilente.
Poi prima o poi arrivano tegole pesanti sulla testa dei vari governatori, con numerose inchieste per collusioni con il malaffare e la mafia, com’è successo a Cuffaro con la condanna e a Lombardo attualmente in attesa di giudizio, ma anche per Crocetta vi sono indagini in corso. Non si salva nessuno dal cadere in disgrazia e non appena si varca la soglia di Palazzo d Orleans ci si rende conto immediatamente della complessità delle questioni sul tavolo.
Mentre per “il pizzo più amato dei siciliani”, come soleva definirsi in campagna elettorale Musumeci, si prospettano anni ancora assai difficili e irti di ostacoli e l’ attuale governatore non riesce minimamente a incidere e a fare passare provvedimenti significativi e qualificanti, vivacchiando come sempre alla meglio e perdendosi nelle nebbie di un quadro politico di maggioranza che come sempre appare diviso, scadente e modesto, sostanzialnente incapace di sostenerlo con convinzione.
Fare risalire la china a questa povera Trinacria è pura utopia ed è chimera difficile da realizzare poiché non vi sono le risorse finanziarie adeguate e anche quelle poche ci sono spesso vanno sprecate malamente. Lo spirito autonomistico è sbandierato come sempre in una logica di trasformismo politico per richiedere al governo nazionale attenzione e per rivendicare quella potestà legislativa che spesso produce atti inutili, incoerenti e inconcludenti. Non si nota in tal senso neanche una grande attività di produzione legislativa dell’Ars la regione è in esercizio provvisorio non riuscendo ad adottare gli strumenti finanziari per rendere operativa e funzionale la vita regionale.
Ma naturalmente questa non è una novità poiché anche altre regioni italiane fanno (anzi non fanno) altrettanto. Si vive nel continuo ripetersi dell’uguale e così perdiamo altri anni per tentare di rilanciare la Sicilia. In definitiva restiamo ai margini, in una condizione di arretratezza in tutti i settori e comparti della ormai atavica depressione dell’ economia isolana.
Rosario Sorace.
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