Arriverà un giorno un sostituto giovane all’ “Eterno Nello”?
di iena assonnata marco benanti
Ci fu un tempo che dalla panchina arrivava la vittoria: a metà degli anni Settanta accadeva alla Juventus. Il “jolly” si chiamava Josè Altafini: rimaneva in attesa per 70-80 minuti, poi, per cercare il “colpo” decisivo, in circostanze sportivamente drammatiche, lo facevano entrare. E lui colpiva.
La destra siciliana e catanese, in particolare, ha un “suo” Altafini tutto particolare: si chiama Nello Musumeci. Da decenni, quando la situazione si fa difficile per la destra, spunta puntualmente il suo nome. Una sorta di “salvatore della patria”, buono per ogni tempo: a metà degli novanta, divenne Presidente della Provincia. A Palazzo degli Elefanti c’era Enzo Bianco, l’Enzo Bianco di vent’anni fa, tutt’altra storia. Da allora, non si contano le volte in cui, a destra, in condizioni di difficoltà, il “jolly” per “risolvere” sia stato indicato in Musumeci. Dal comune all’Europa, dalla Provincia alla Regione, cambiando magari “partner” (un giorno Scapagnini, un altro Lombardo, un giorno all’opposizione al comune, l’altro al governo alla Provincia di Giuseppe Castiglione) un “pezzo” di moderati catanesi e siciliani hanno visto e continuano a vedere in lui il “candidato”.
Nemmeno quelli di sinistra, almeno buona parte di essi, tentano per screditarlo la “carta dell’antifascismo”: e lui, Musumeci sa bene mescolare “vecchio” (qualche riflesso culturale e politico di ex missino “eternamente” all’opposizione) e “nuovo” (una visione dell’immigrazione meno da “patria in pericolo” e più da “Europa solidale”, la lotta alla burocrazia che“in talune circostanze fa più danni della mafia”, il sostegno alle piccole e medie imprese, l’elezione diretta delle cariche, saltando le mediazioni partitiche) , qualche “richiamo della foresta” (tipo la visita al cimitero angloamericano per il 25 aprile) e “modernità democratica” (la “buona amministrazione”, esempio? La “sua” Provincia di Catania post tangentopoli).
Ieri, alla giornata conclusiva de “Diventeràbellissima” abbiamo cercato i fascisti. “Qui non ne troverai”-le parole di uno che conosce quel mondo non ci hanno per nulla sorpreso. Musumeci è un “battitore libero”, moderato, che interpreta perfettamente l’epoca della “fine dei partiti”. E –dicono- della “fine dell’ideologia” (in realtà l’ideologia esiste ed è quella dominante che descrive il capitalismo come “organizzazione insuperabile” della vita economica e sociale). Certo, qualcuno- da sinistra- ci faceva notare che “per seguire qualcosa di politico, devo venire da Nello Musumeci. A sinistra c’è il deserto”. Forse più che il “deserto” c’è il 27 del mese che chiude le bocche e allarga gli stomaci, da difendere a denti stretti e senza guardarsi troppo allo specchio.
E Musumeci?
Non dice mai nulla di autenticamente “fuori dal coro”, dice le cose di buon senso: il dramma vero che la normalità in Sicilia (a Catania lo è da oltre due anni) è il “non dire”. Invece, Musumeci parla, ma dice soltanto quello che è sotto gli occhi di tutti coloro che non fanno della disonestà intellettuale professione di vita (come buona parte degli esponenti della sinistra catanese): nel silenzio umiliante che copre Catania dal ritorno a Palazzo degli Elefanti del centrosinistra Musumeci è stata così una delle poche voci che si sono udite.
Comunque, in questa Sicilia, priva di classe dirigente, priva di organizzazioni partitiche, ridotte al più a lobby e/o “uffici di collocamento” (vedi alla voce Pd Catania), la cosiddetta “lotta politica” resta affare fra leader e gruppi di pressione.
Musumeci ha i “suoi”, il “suo” popolo: lo abbiamo visto anche ieri. Sono facce che vediamo da anni e anni: ci sono quelli dell’ “apparato” ex An, ora anche quelli che stavano con Stancanelli ai tempi della giunta al comune di Catania, “pezzi” di piccola imprenditoria, di ceto impiegatizio, di mondo vicino alla pensione. Ma i giovani dove sono? E’ stata costruita un’ “alternativa generazionale”? Il giorno in cui l’ “eterno Musumeci” non sarà più in grado di recitare la parte di “Josè Altafini” cosa accadrà? Le divisioni nel centrodestra sono evidenti: in questo “mare” riaggregarlo non sarà opera facile. Come arrivare a Palazzo D’Orleans. Musumeci lo sa bene e infatti, cosa dice?
“Il nostro blocco civico si apre alla società come un grande contenitore partendo da alcuni valori comuni per costruire un’alternativa seria e credibile. C’è una grande percentuale di siciliani che non va a votare. Non è gente che vota a sinistra quindi occorre recuperare il valore della politica e riaccendere nei cittadini la speranza nella buona amministrazione. Altrimenti vinceranno gli egoismi e i populismi”.
Il “mostro” è Grillo: anche ieri sera, dalla platea, quando il leader lo ha evocato, si è registrato quasi come un aumento di “temperatura”. Sarà la paura? Accade anche dall’ “altra parte” (centrosinistra e sinistra): il “movimentocinquestelle” è lo spauracchio. Ma, forse, invece, di “lanciare allarmi”, non sarebbe il caso di “cambiare politica”? E magari lavorare perché l’economia siciliana si riprenda: forse con mena disperazione e minore frustrazione sociale Grillo riscuoterebbe meno consensi?
Ma, in Sicilia, come in tutto il resto dello Stivale, la parola d’ordine resta “moderazione” in ogni aspetto della vita: ogni tentativo di “trasgredire” alla logica espressa da questa sorta di “diktat” è irriso o “condannato”. Anche quando si tratta di cose solo di buon senso. Perché i veri “moderati” stanno dall’”altra parte”, con la cosiddetta “migliore Italia”, ovvero uno dei volti della peggiore borghesia d’Occidente, quella italiana.
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