Politica sotto il vulcano, Elezioni e Specchietti: Retroguardia Catania

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di Iena Ridens

Più che una campagna elettorale, quella in corso a Catania assume sempre di più i contorni di una retrospettiva sui bei (si fa per dire) tempi andati. L’unica differenza è che dalle parti della sinistra è tinteggiata dalla allure di quei vernissage radicalchic, con la gente giusta, l’aperitivo ed il vestito giusto, in cui tutti si sentono fighi per grazia ricevuta, mentre a destra mantiene i tratti del Mercatino dell’Usato, sicuro o meno a seconda dei punti di vista.Prendete l’apertura della campagna elettorale di Enzo Bianco, al cinema Abc, sabato scorso. Pubblico delle grandi occasioni, atmosfera da “C’eravamo tanto piaciuti”, con i filmati, i ggiovani dei Comitati, gli intellettuali, i giornalisti, gli attori e le attrici giuste, gli imprenditori buoni per tutte le occasioni, a salvare le apparenze dell’incontro tipo del centrosinistra: quello a cui accorre tutta la gente che piace della città che piace, che però non prende voti dalla città reale. Deve essere stata questa seconda considerazione a convincere Enzo Bianco che una svolta andava data, per non ripetere il triste esito delle elezioni del 2005. Va bene l’atmosfera radicalchic, va bene l’indispensabile contributo della società civile, ma mo’, qui, i voti chi li porta? deve aver pensato il sindaco della Eterna Primavera? E la risposta non può che essere una, ed una sola: i lombardiani. Diventati ex, ma come disse il mitologico Totò Cuffaro a Michele Santoro, l’ingiurio resta per tutta la vita. Ce ne erano a bizzeffe, al cinema Abc. Di primo e di secondo pelo, frontman e seconde linee. Da Marco Forzese, già assessore ai servizi sociali della prima giunta Scapagnini, folgorato sulla via di Crocetta, al presidente del consiglio comunale, Marco Consoli, ancora scottato dalla trombatura alle regionali e dal mancato inserimento nelle liste per le politiche; da Nicola D’Agostino, artefice del successo di Crocetta nella città di Acireale, alle scorse Regionali, quando ancora stava con Lombardo ed appoggiava Miccichè (si era portato avanti con il lavoro), ad Anthony Barbagallo, approdato nel Pd giusto in tempo per fregare a Concetta Raia il posto di primo degli eletti nella lista Pd al consiglio regionale.Dove sia la novità, la Rinascita, in tutto questo, visto che gli uomini che dovrebbero incarnare la prima o avviare la seconda non sono un dettaglio di poco conto, non è dato sapere. Diciamo che se Parigi valeva bene una messa, Palazzo degli Elefanti val bene un fritto misto lombardiano. Pardon: ex-lombardiano.Non che a destra stiano meglio. L’idea di dover sloggiare anche dal Comune ha finalmente portato le varie anime del centrodestra, dopo essersene dette di tutti i colori, a trovare l’unità sul nome del sindaco Stancanelli. Più che il percorso politico poté il potere e le prospettiva di doverlo abbandonare. Altrimenti, come potrebbe spiegarsi l’armistizio tra i due contadini della nostra politica, il brontese pino e Raffaele da Grammichele.? L’unica differenza è che il centrodestra, almeno, si astiene dal fare predicozzi moralistici che, visti i tempi ed i modi, stonano come un cappotto indossato a Ferragosto.Si vorrebbe dire qualcosa anche dei grillini, ma l’unica cosa che viene in mente è: Lidia Adorno, candidata a Cinque Stelle, chi cavolo è? Non la conosce nessuno. E va bene che poi viene Grillo, e tra un vaffanculo e l’altro ricorda che, chiunque sia il peone candidato, l’elettore sulla scheda, più che un voto, esprimerà un atto di fede nel Messia (lui stesso, of course) ma che la nona città d’Italia possa essere amministrata da una perfetta sconosciuta pare un po’ troppo. Detto questo, siamo in democrazia, ed il responso della volontà popolare, della gente, è insindacabile..Rimane Maurizio Caserta. Niente da dire, davvero. Persona specchiata, perbene, onesta, capace. Preparata. L’unica che sta facendo una campagna elettorale dinamica, affrontando i problemi e promuovendo le soluzioni.. Sarebbe il sindaco ideale. Il punto è: al di fuori del centro cittadino, dei salotti bene e della gente dalla, come si dice, alta scolarizzazione, chi lo voterà? Perché se un limite c’è, e forse è inevitabile, vista la natura ed i presupposti della sua candidatura, è quello di apparire elitaria. Di non aver la possibilità di parlare a tutta la città.Detto questo, siamo ben lontani dal “turarsi il naso e votare Dc” di montanelliana memoria. E la Iena Ridens, pur condannandosi per l’ennesima volta alla irrilevanza, nel segreto dell’urna esprimerà la sua preferenza per il professore Caserta.

 

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Redazione Iene Siciliane

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