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Politica&Futuro. A tu per tu con Armando Siri, l’ideologo italiano della flat tax al 15%
Pubblicato il 10 Febbraio 2016
di Fabio Cantarella
Armando Siri, giornalista professionista con un passato da redattore nei principali telegiornali di Mediaset, è stato ribattezzato l’ideologo italiano della flat tax al 15%. Uno strumento che Armando Siri considera indispensabile per far ripartire l’economia italiana e che vorrebbe applicare a tutti i redditi da lavoro, come testimonia la sua proposta di legge presentata in parlamento dai deputati salviniani lo scorso giugno. Autore di numerosi saggi politici, filosofici ed economici, Armando Siri è attualmente responsabile del dipartimento economico del movimento ‘Noi con Salvini’ e della scuola di formazione politica dedicata ai sostenitori e attivisti del programma politico del Segretario Federale Matteo Salvini. È infine autore di numerose proposte come la riforma previdenziale e il vincolo di mandato.
Armando Siri, lei è un settentrionale che si batte per i diritti dei meridionali: dove sta il trucco?
Non c’è alcun trucco, settentrione e meridione sono coordinate geografiche. Il Paese è uno solo e gli standard devono essere uguali da nord a sud se vogliamo davvero essere competitivi in Europa e nel mondo.
In più occasioni lei ha sostenuto l’importanza di dotare il Sud d’infrastrutture degne di tale nome: la partita della competitività si gioca tutta sui trasporti?
Di sicuro i trasporti e la logistica, se non altro per la nostra naturale posizione nel Mediterraneo, giocano un ruolo fondamentale. L’Italia è la naturale cerniera di collegamento tra le rotte dell’estremo oriente, l’Africa e il Mar Nero in direzione del Nord Europa. Dobbiamo avere infrastrutture adeguate capaci di intercettare e gestire i traffici che arrivano dal Canale di Suez in direzione del Nord, che oggi snobbano i nostri porti a causa della inadeguatezza della nostra rete ferroviaria e autostradale e portano ricchezza a Rotterdam, Amburgo dagli altri porti del nord Europa.
Favorevole al Ponte Sullo Stretto? Se sì, perché?
Sono favorevole per le ragioni di cui ho parlato. Il Ponte non è un feticcio campanilistico dei reggini o dei messinesi, ma il pezzo di un’opera più importante che è il corridoio ad alta portabilità La Valletta-Helsinki, la vecchia Palermo-Berlino.
Lei è ritenuto da più parti come l’ideologo italiano della flat tax (al 15%): che benefici immediati potrebbe dare all’economia italiana?
I benefici sono facilmente intuibili, uno tra i più importanti è l’emersione del sommerso, che non va confuso con la semplice evasione, ma ha un paniere molto più ampio fatto di lavoro nero, elusione e milioni di mirco operazioni messe in atto a volte come salvaguardia della propria esistenza professionale e lavorativa, ma che sottraggono reddito imponibile. Si tratta di una cifra da capogiro di 414 miliardi di euro, un terzo del Pil. Una drastica diminuzione del carico tributario delle imposte dirette rimetterebbe in moto l’economia, perché la maggiore ricchezza disponibile per i lavoratori si trasformerebbe in consumi, questi di conseguenza genererebbero nuova domanda e quindi un aumento della produzione e infine nuova occupazione che significherebbe nuova base imponibile. Con l’aumento dei consumi aumenterebbe anche l’introito Iva, consentendo gradualmente una riduzione dell’aliquota.
Perché ha scelto di proseguire il suo percorso politico a fianco di Matteo Salvini e non per esempio di Matteo Renzi?
Con Matteo Salvini condivido il pensiero che lo Stato debba esercitare il suo potere solo allo scopo di migliorare la vita sociale degli individui, non peggiorarla. Renzi pare invece orientato a questa seconda opzione.
Appena lei ha aderito al movimento di Matteo Salvini, di cui è responsabile economico a livello nazionale, ha subito pensato di organizzare una scuola di formazione politica per i militanti: un atto rivoluzionario?
La politica non è una cosa semplice e se la si fa con serietà e dedizione richiede la conoscenza di alcuni fondamentali indispensabili per non confonderla come mero esercizio di opinione nel salotto di casa propria. Ai tempi della prima repubblica le scuole di partito erano fucine nelle quali si selezionava la classe dirigente, ma con l’avvento della cosiddetta seconda repubblica quella buona abitudine si è persa e gradualmente la politica si è impoverita di personale all’altezza delle sfide che ci impongono i tempi. Siamo passati dalla politica delle ideologie e delle dottrine di pensiero, alla politica del fast-food e dell’analfabetismo funzionale. La rivoluzione consiste nel rompere questo schema e restituire occasioni utili ad approfondire visioni e contenuti a chi ancora dimostra passione per le sorti della Società e vuole impegnarsi attivamente per il cambiamento.
E’ vero che ai suoi allievi consiglia di riprendere in mano la geografia? Che intende?
Beh è una provocazione. Visto che a scuola non si studia più, almeno chi fa politica deve saper riconoscere le proprie “coordinate” per evitare di sbandare nel mare magnum di idee e propositi che sono molto spesso tutto e il contrario di tutto. E in questo caso non si può chiedere aiuto al navigatore. Bisogna sapersi districare mettendo in moto il proprio cervello e mi auguro sempre più spesso il proprio cuore.
Che ne pensa della cucina siciliana? E delle attrazioni isolane?
Da sempre una parte delle mie vacanze le trascorro in Sicilia e posso dire di averla girata tutta. Esercita su di me un fascino speciale. È una regione ricca di storia, arte e cultura capace di regalare suggestioni uniche da Erice a Taormina, dalle immense spiagge di San Vito lo Capo al barocco di Noto, Scicli e Ragusa e poi la valle dei Templi ad Agrigento, e la magia di Marzamemi al tramonto. Potrei stare a parlare dei suoi luoghi e paesaggi per ore, così come della sua cucina. Il mio piatto preferito è la caponata di melanzane, beh poi anche le arancine o gli arancini a seconda se siamo a Catania o Palermo. Avevo anche imparato una canzoncina in dialetto sulla città dell’elefantino. Ma per quanto mi sforzi l’esibizione lascia ancora a desiderare.
Da Governatore, come rilancerebbe la Sicilia in tre mosse?
Serve un grande piano di investimenti per la realizzazione e l’adeguamento delle infrastrutture, strade, ferrovie, porti e aeroporti. Questi sono indispensabili non solo per lo sviluppo commerciale ed industriale ma anche turistico dell’Isola.
A questo va aggiunto un progetto di valorizzazione e ripristino di tutti i centri storici e del patrimonio artistico, architettonico e paesaggistico dell’Isola da pubblicizzare in tutto il mondo. Questo da solo basterebbe a creare moltissima nuova domanda turistica.
E poi tasse e burocrazia zero per chi voglia investire e creare posti di lavoro.
Solo producendo sviluppo e ricchezza, ma soprattutto soddisfazione in chi lavora, si può vincere qualunque forma di dominio.
Ai giorni nostri è l’uomo che fa il partito. Un tempo gli elettori sceglievano prima il simbolo: perché?
Perché oggi viviamo nella “Società liquida” per dirla alla Bauman. L’uomo politico incarna e cristallizza in sè tutte le aspettative di un popolo che non ha più punti fermi, ma corre veloce in sincronia con il tempo della globalizzazione e del web. I leaders si adattano velocemente alle nuove esigenze e ai cambiamenti, mentre le ideologie no. Le ideologie ti costringevano a pensare, oggi è sufficiente essere preoccupati per avere un’opinione politica. Più sei preoccupato per la tua situazione, meno tempo hai per pensare. Meno pensi, meno produci ideologie. Non si tratta neppure più di certificare la vittoria del capitalismo sul marxismo, perché anche il primo ha fallito. Basti guardare la situazione finanziaria mondiale per vederne il processo di decomposizione. Ora siamo dinnanzi al vuoto, ma per fortuna si sa che in fisica, come in politica, ogni vuoto deve essere riempito. La sfida è saperlo riempire di una nuova visione del mondo che metta al centro l’Uomo e tutte le sue doti e capacità creative. Serve un nuovo rinascimento.
Quando inizieranno a cambiare sul serio le cose in Italia e nel Meridione?
Le cose iniziano a cambiare quando avremo il coraggio di non accettare più le cose che non ci piacciono e sapremo quali sono invece quelle che ci piacciono e combatteremo per ottenerle. La stagnazione attuale è dovuta al fatto che moltissimi sanno cosa non gli piace, ma pochissimi hanno pensato ad un’alternativa valida con cui sostituire lo status quo.
Da chi ha imparato tanto? Per quale motivo?
Più che imparare tanto, non ho mai smesso di farmi domande. Questo è un buon esercizio che tutti dovrebbero fare per tenere allenato il pensiero. Un po’ come fanno i bambini che a differenza degli adulti non accettano le cose solamente per come sono, ma si chiedono sempre il perché. E in fondo c’è sempre un buon motivo per chiedersi perché.
Quali sono le più grandi insidie per la nostra società ?
L’approssimazione e la superficialità.
E’ ancora la politica a comandare?
La politica può comandare se esistono gli Stati, ma in un processo di disgregazione come quello che stiamo vivendo conta e conterà sempre meno. A prendere le decisioni sono e saranno sempre di più i protagonisti del mercato globale. Istituzioni sovranazionali finanziarie, multinazionali e i grandi proprietari di fonti energetiche. Gli uomini nel tempo si sono emancipati dalla condizione di schiavitù, successivamente da sudditi hanno conquistato lo status di cittadini e oggi non sono altro che consumatori. Non è più la politica o lo Stato a soddisfare i bisogni degli individui, ma il mercato.
Qual è la sfida più importante di Armando Siri?
Superare sempre ciò che credo di essere.
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