di marco pitrella
(con il concorso morale-fotografico di marco benanti)
Totò lontano da sofismi, che il bene & il male separano, seppe governare. Ci fu il “cuffarismo”, è vero(?), la bell’invenzione della sinistra borghese. Tra un bacio & un sorriso, però, egli del “suo potere”, da buon democristiano, non né fece ricatto. Non fu un fatto d’appalti, d’omertà o voto di scambio con uomini d’onore a costargli la condanna per favoreggiamento aggravato alla mafia e violazione del segreto istruttorio ma un “ragiuni avia Totò Cuffaro” pronunciato(?) dalla moglie del boss Guttadauro al ritrovamento in casa delle cimici. Questa la prova che fu l’allora presidente della Regione ad avvertire il marito che fossero intercettati.
Al di là del ragionevole dubbio che di certezze ne ha ben poche, mi chiedo – anche quando – vale “la prova” 7 anni di reclusione? – fosse vero – mi domando ancora valeva “la pena” di buttar la chiave per 5 anni? Ca va sans dire la chiamano giustizia, oggi, quella amministrata da chi non guarda in faccia solo a chi non vuol guardare. Perché, nell’anomalia tutta italiana, “Isolana” in particolare, dove non arriva la politica provvede il potere che nulla ha di terzo & imparziale. Contro Cuffaro fu l’aurea magistrAle di Nino Di Matteo, l’ideologo della favolistica trattativa a istruire il processo. Data l’assoluzione di Mannino da quell’abominio giuridico che chiamano concorso esterno, viene da pensare che “ragiuni avia Totò” a difendere il potente Senatore Lillo nella tristemente celebre puntata di Samarcanda mentre “la volgare aggressione” a Giovanni Falcone da Leoluca l’Orlando sindaco veniva perpetrata.
La verità, quando conviene, nella “buttanissima Sicilia” nell’omertà si nasconde e orgogliosa si fa. La dis-informazione “sapientemente seppe costruire” prima la menzogna del Cuffaro v.s. Falcone (ved. condanna per diffamazione a Di Pietro), poi la foto dei cannoli che nessuna condanna in primo grado addolcirono. Ma la persuasione occulta (copyright Pasolini) risultò perfetta per “palati fini” detentori della doppia morale che a secco di prebende, oggi, si dicono sdegnati. Subito pronti, lor signori, a fomentare processi al “sistema” come la ragion di (ciò che è) stato impone. “Ragiuni avia Totò Cuffaro” fu l’accusa… “tantu tortu nun c’ avia” sarebbe, piuttosto, il perfetto incipit d’assoluzione.
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