“Non è la riforma della Costituzione che darà maggiore stabilità al Governo. La stabilità di un Governo dipende dalla solidità della maggioranza parlamentare che lo sostiene”. Il messaggio principale che la Cgil sostiene a favore del “No” al Referendum del prossimo 4 dicembre potrebbe concludersi qui. Ma nel corso dell’assemblea di stamattina, aperta alla cittadinanza e tenutasi al Palazzo dei Chierici, sono stati moltissimi i contenuti spiegati punto per punto, anche con l’aiuto del costituzionalista Giancarlo Antonio Ferro.
Al tavolo dei lavori organizzati dalla Cgil di Catania, c’erano Giacomo Rota, segretario generale Cgil Catania, Pina Palella (segreteria provinciale Cgil che ha coordinato i lavori), Mimma Argurio (segreteria Cgil Sicilia), Massimo Malerba ( Cgil Catania). Ha concluso l’evento Danilo Barbi, segretario nazionale Cgil. Prima che i lavori venissero aperti ufficialmente, una simpatica gag con Aldo Toscano e Mario Licciardello, in veste di due cittadini, uno a favore del “Si” e uno a favore del “NO”, ha introdotto le principali tematiche referendarie al pubblico.
Il sindacato ha espresso ufficialmente la propria posizione a favore del “No” e i contenuti divulgati dalla Cgil sono oramai chiari: il nuovo Senato, per composizione e funzioni, non sarà realmente rappresentativo di Regioni e autonomie locali e non avrà la possibilità di incidere realmente sulle leggi che riguardano i territori.
Il nuovo procedimento legislativo dei sostenitori della proposta, è più complesso e variabile di quello attuale: è prevista una pluralità di procedimenti a seconda delle diverse possibilità di intervento del Senato (per materia e fonte normativa) che porterà a maggiori incertezze e conflitti procedurali.
La riforma, inoltre, per la Cgil non allarga gli spazi di rappresentanza e non dà adeguate garanzie alle minoranze politiche. Tutto è rimandato a modifiche dei regolamenti e leggi future, e alla legge elettorale.
C’è anche un’eccessiva centralizzazione delle competenze legislative e dei poteri decisionali (e se vince il “peggior nemico”?…), senza alcuna garanzia di uno spazio di autonomia legislativa per le Regioni. Però lo Stato avrà la possibilità di dare maggiore autonomia alle Regioni “virtuose” con il rischio di creare Regioni di serieA e Regioni di serie B.
Per la Cgil non c’è neppure una vera riduzione degli sprechi. Il risparmio è quantificabile, ad oggi, nella cancellazione delle indennità dei senatori (circa 40 milioni). Si potrebbe fare di più e meglio, per esempio modificando i soli Regolamenti, ponendo vincoli e limiti a diarie e rimborsi, e riducendo gli emolumenti. Tutto ciò, come il tetto agli stipendi dei consiglieri regionali, si sarebbe potuto definire con legge ordinaria.
L’introduzione del “voto a data certa” per i provvedimenti proposti dal Governo, in assenza di limiti quantitativi e qualitativi, attribuisce invece all’esecutivo la possibilità di dettare l’agenda parlamentare, rompendo l’equilibrio tra poteri.
Lo Stato farà leggi su materie che ricadono sulla vita delle comunità locali, dalla sanità all’uso del territorio, senza che le Regioni possano opporsi.
E non sarà più necessaria una larga maggioranza per eleggere il Presidente della Repubblica.
La legge elettorale, voluta dallo stesso Governo che ha proposto le modifiche costituzionali e che, per giunta, ha posto la questione di fiducia per ottenerne l’approvazione, non è oggetto del referendum, ma con questa riforma, attribuirebbe ad un solo partito, anche se poco rappresentativo dell’elettorato, un potere eccessivo sulle istituzioni del Paese.
“Noi non siamo dei conservatori” ha detto Barbi. “Al contrario, bisogna chiedersi: che idea della garanzia democratica ha questo Governo? Ci stanno proponendo un pessimo equilibrio dei poteri. Poteri che si concentrano in maniera evidente ma senza contrappeso. E poi le Costituzioni non si possono usare per legittimare i vari Governi, altrimenti andremmo verso una instabilità reale. Se vince il No, non risolveremo la crisi, ma almeno non concorreremo alla riduzione dei nostri spazi”.
Intanto, il clima non è sereno, il Paese è diviso in due a tutti i livelli. Per Giacomo Rota, “è in corso una brutta campagna elettorale dove è stata assunta una posizione di divisione manichea. Dall’altra parte, ossia dalla parta avversa, c’è “il male” e spesso ci troviamo di fronte ad una contrapposizione anche offensiva. Noi oggi cerchiamo di discutere con ragionevolezza, una condizione necessaria quando si parla della Costituzione. Vogliamo spiegare le nostre ragioni con pacatezza e precisione, perché si discute poco nel merito della questione. Anche perché ragionare costa tempo. E richiede studio che non tutti sono disposti ad affrontare”. Rota si è anche detto “amareggiato per l’atteggiamento del Rettore dell’Università di Catania che non ha concesso una sala dell’Ateneo per ospitare l’incontro Cgil dedicato al “No”. Un errore che non rende un favore ad un’istituzione antica e nobile come l’Università della nostra città. Ringraziamo invece il sindaco Bianco che ci ha concesso il Palazzo dei Chierici”.
C’è un altro elemento che di certo non aiuta la riflessione in questa fase: la variabile tempo. L’ha spiegata molto chiaramente Pina Palella: “Il governo Renzi ha fretta di portare avanti un prodotto. Vogliono fare credere che velocizzare i tempi di questa riforma avrebbe delle ricadute positive sul Paese, e vorrebbero fare credere che la Costituzione sino ad oggi abbia impedito ritmi più veloci. Ma si smentiscono da soli perché con il Decreto legge hanno ottenuto la Legge Fornero in 18 giorni. E il salva banche Etruria? Solo in due giorni”.
Per il costituzionalista Ferro che ha spiegato i punti deboli della riforma, anche i messaggi veicolati in questi mesi sono da leggere in un ‘ottica più precisa: “Un esempio? Quando l’ex presidente Napolitano dice che se vince il “No” regnerà lo stallo, siamo di fronte ad un falso…”
Per Massimo Malerba, anche ” la retorica populista dei costi” è parte integrante della Riforma. “Se andrà bene avremo una riduzione di 50 milioni di euro in cambio di una cosa più preziosa: il diritto dei cittadini di eleggere direttamente i propri senatori. – ha detto Malerba- E poi il tratto comune delle riforme renziana è la cosiddetta disintermediazione. Dal super preside alle figure parlamentari che rispondono direttamente a lui emerge sempre la figura del “capo”. La segretaria Mimma Argurio ha invece ricordato come la Cgil in passato abbia “contestato il bicameralismo perfetto quando nessuno lo diceva, e di questa nostra battaglia nessuno ha dato prova. Dicevamo che il tema del federalismo era stato troppo costruito velocemente . Oggi assistiamo all’effetto contrario: si centralizza tutto. Perché il senso di questa riforma è il centralismo”.