Politica&Referendum: “Io C’Entro”…fa centro! Bagno di folla per l’opzione “Sì”


Pubblicato il 20 Novembre 2016

di iena politica

Sono arrivati da tutta la provincia, di una domenica mattina uggiosa: hanno preferito alle incombenze domestiche di una giornata di festa, accorrere in migliaia per un appuntamento politico, sotto le insegne di “Io C’entro”. La nuova formazione politico-culturale, reduce dal positivo riscontro delle amministrative dello scorso maggio, ha dato appuntamento allo “Sheraton” per spiegare le ragioni del “Sì” alla riforma costituzionale al centro del voto del 4 dicembre prossimo: non la solita assise noiosa e boriosa per tecnocratici e “professionisti della politica”, ma un incontro pubblico per illustrare, con semplicità, lo “stato dell’arte”, il clima generale che si respira nella società, a due settimane dalle urne referendarie. Ad aprire i lavori, il vicepresidente di “Io C’entro” l’avv. Giovanni Lotà, che ha dato la parola al presidente Aldolfo Messina.  

Che cosa sa la gente della riforma? Come si sta “preparando” al voto del 4 dicembre? E’ stato un servizio, intessuto di interviste, del “FattoQuotidiano” (testata certamente non tenera con Renzi e il suo governo) a dare un’idea di come l’Italia sta vivendo il quesito sulla riforma costituzionale. Risultato? Una gran confusione, frammista da sentimenti di aperta ostilità contro l’esecutivo in carica: poco o nullo sul merito della riforma. Bicameralismo perfetto? Competenze Stato-Regioni? Ruolo del Senato?  A sentire le parole degli intervistati, il quadro che viene fuori è quello di un paese che sa poco della riforma e che risponde alla personalizzazione del quesito: Renzi a casa o a Palazzo Chigi? Insomma, sulla sostanza in molti dimostrano di non saperne quasi nulla.

Non è una novità: che l’Italia si stia avviando al voto di dicembre in queste condizioni è dato acquisito. Eppure, i sostenitori del “Si” insistono sui contenuti innovativi della riforma, sulla voglia di “cambiare pagina”, di “velocizzare” il Belpaese, mettendo in evidenza i benefici di un Parlamento più “snello”, di iter legislativi più rapidi. E, invece, in tanti rispondono…”con la pancia”, ovvero con la rabbia, con il risentimento (una reazione anche comprensibile viste le difficili condizioni di milioni di  persone).

Da questo filmato, hanno preso avvio gli interventi dei relatori: da loro, un “coro comune”. Quale? Che l’Italia del 2016 non è quella del 1948, l’anno in cui entrò in vigore la Costituzione repubblicana e antifascista. Una Carta figlia della fine della guerra, della caduta di una dittatura: di qui, la necessità evidente –è stato evidenziato- di compromessi, di sintesi in vista della nuova vita della (ri)nascente democrazia italiana. Protagonisti di questa sintesi le due forze popolari per eccellenza di quell’epoca: la Dc e il Pci, i grandi partiti di massa che diedero il loro decisivo contributo alla nuova Costituzione. E oggi? Quell’Italia è paragonabile a quella odierna? Le esigenze sono le stesse? Evidentemente, è stato sottolineato da più, il quadro è cambiato: di qui, la necessità di un “Sì” alla riforma, come ribadito anche dal senatore Giuseppe Lumia, anche lui intervenuto.

Ne hanno spiegato il senso il Presidente Messina, il Presidente del Parco dei Nebrodi Giuseppe Antoci, il deputato di Drs, capogruppo all’Ars Giuseppe Picciolo, il coordinatore del Megafono Giuseppe Caudo e l’amministratore di “Riscossione Sicilia” Antonio Fiumefreddo. Oltre a motivare le ragioni di fondo di questa riforma, le esigenze a cui risponde, da più parti è stato evidenziato anche come il “fronte del No” sia eterogeneo nella sua composizione, ma unito, sostanzialmente, in  una “voglia di conservazione”, magari senza un progetto preciso, se non quello di “fare cadere” Renzi. Su questa linea è arrivato del sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio Luca Lotti che, parlando in viva voce al telefono, ha dichiarato: “sono trent’anni che la politica ha  promesso di superare il bicameralismo perfetto, di tagliare i costi della politica, di ridurre il numero dei costi della politica. Sono trent’anni che discutiamo dell’abolizione delle province e del Cnel e di riorganizzare le competenze del Titolo V”.  E ancora:

“è troppo tempo che se ne parla e non si è fatto nulla, oggi abbiamo la possibilità di fare, di scegliere, di decidere nel merito di questa riforma. Non è in discussione un governo, Renzi o non Renzi, e in discussione il futuro dell’Italia e dei prossimi trent’ anni. Se si vota ‘Sì’ si cambia qualcosa, se si vota ‘no’ rimane tutto uguale. Il ‘Sì’ è il voto del cambiamento”.

E cambiamento è stato il motivo dell’articolato intervento del Presidente della Regione Siciliana Rosario Crocetta, che ha ricordato, fra l’altro, i risultati del suo esecutivo, come nel caso del risanamento dei conti.

Crocetta ha altresì affermato che, martedì, la giunta regionale delibererà la dichiarazione di stato di

emergenza per Licata. “Il governo  – ha detto il presidente – presenterà in aula un emendamento alla legge di assestamento di bilancio, per stanziare trenta milioni di euro a favore della città. Occorre intervenire per riparare guasti del passato che hanno distrutto la città, eliminando quei problemi strutturali che possono mettere in ginocchio il territorio”.

Importanti le sue parole, che hanno anche consacrato come “terza gamba” della coalizione movimentista nel centrosinistra siciliano proprio “Io C’Entro”. Un dato politico di rilievo a meno di un anno dal voto per il rinnovo regionale, al termine di una stagione controversa, non priva di difficoltà. Ora è tempo di scelte: c’è chi è già “salpato” verso “lidi” ritenuti più sicuri, altri hanno fatto scelte diverse. Proprio nelle difficoltà, del resto, si vede la differenza fra gli uomini. Anche su questo Crocetta e il suo governo dovranno fare i conti.

 

 


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