Politica&Storia: Bettino Craxi non aveva ragione, aveva straragione

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di iena negazionista Marco Benanti

Dopo tanti anni Bettino Craxi continua ad avere ragione Il 7 ottobre 1985 la nave da crociera “Achille Lauro”, con a bordo 201 passeggeri e 344 uomini di equipaggio, viene dirottata nelle coste egiziane da un commando del Fronte per la liberazione della Palestina guidato da Abu Abbas. Cominciano immediate le trattative che coinvolgono personaggi di spicco come il neopresidente del consiglio italiano Bettino Craxi, quello egiziano e il capo dell’Olp Yasser Arafat che ha proprio in Abbas il contatto interno e fondamentale per le trattative.

I risultati arrivano in tempi rapidi e si rivelano ottimi: tutti gli ostaggi verranno liberati in cambio di un salvacondotto per i terroristi. Un lieto fine interrotto dalla scoperta, a bordo dell’Achille Lauro, del cadavere di un cittadino americano, Leon Klinghoffer, ebreo e paralitico ucciso da uno dei dirottatori, un certo Yūsuf Mājid al-Mulqī. Scatta la reazione del governo statunitense. Reagan ordina ai suoi caccia di intercettare il Boeing con a bordo Abbas che viene costretto dai caccia americano ad atterrare nella base di Sigonella. La questione diventa un braccio di ferro fra il governo italiano e quello statunitense. L’aereo viene circondato dalla Delta Force statunitense e dai militari italiani. Il Presidente del Consiglio, Bettino Craxi, ordina l’allontanamento immediato delle forze USA dichiarandosi disposto all’eventualità di uno scontro armato. Reagan cede e l’Italia intera tira un sospiro di sollievo. I terroristi furono portati nel carcere di Siracusa per poi ripartire in direzione di Ciampino. Ma sui cieli italiani gli aerei di scorta dovettero respingere un tentativo di un F-14 statunitense di prendere in consegna il Boeing con i dirottatori che, scampato il pericolo, atterra alle 23 a Ciampino.

Nell’aeroporto romano un velivolo statunitense si posizionò obliquamente davanti quello italiano ostruendone il passaggio. Altro ultimatum del nostro governo che intima l’allontanamento ed ennesimo cedimento da parte americana. La storia adesso finisce ufficialmente e viene giocata sul campo dei servizi segreti. Entrano in gioco quelli italiani, israeliani e statunitensi. Craxi non è un “grande” amico degli americani: pur rimanendo fedele alla Nato (il Psi nel 1979 fu determinante nella decisione di installare i Italia i missili Cruise e Pershin), appoggia la causa palestinese, avverte Gheddafi dei raid aerei, rende omaggio alla tomba di Salvator Allende, sostiene anche economicamente diversi movimenti socialisti.

A 34 anni di distanza, si può analizzare con più attenzione ciò che avvenne in quell’ottobre del 1985 e che tenne tutta l’Italia col fiato sospeso. Una vicenda che, oltre alle trattative diplomatiche fra i vari stati, mise in campo ben altro. Bisogna notare come nel nostro Paese quell’anno vi furono cambiamenti profondi. L’industria ricominciava a correre e si affermava il terziario come settore dominante. La tecnologia e i mezzi di informazione di massa entravano prepotentemente nelle case. La lotta alla mafia metteva a segno le prime importanti vittorie come la cattura di Tommaso Buscetta. Ma soprattutto in quell’anno in Italia divenne Presidente del Consiglio Bettino Craxi. Una figura che, anche se ai giorni nostri viene ricordata da molti solo per i fatti di tangentopoli, governerà il nostro Paese con autorevolezza. I fatti di Sigonella sono l’esempio più eclatante Per capire meglio bisogna tornare indietro di 41 anni, nell’agosto 1978, quando sul settimanale L’Espresso, veniva pubblicato un articolo di Bettino Craxi che poneva fine alla questione dei rapporti tra socialisti e comunisti, troncandoli di netto.

Un articolo che negli anni a seguire verrà identificato come “Il Vangelo Socialista” è che sarà motivo di infiniti scontri e polemiche che vedranno il loro culmine nell’estate del 1993 con la definitiva deflagrazione di “tangentopoli”. Craxi apre infatti il suo intervento con l’affermazione che “La storia del socialismo non è la storia di un fenomeno omogeneo” e che «La profonda diversità dei “socialismi” apparve con maggiore chiarezza quando i bolscevichi si impossessarono del potere in Russia». Un atto durissimo di accusa che viene integrato dalla proposta di un socialismo riformista che pone le sue base ideologiche nel pensiero di Joseph Proudhon che «considerava il socialismo come il superamento storico del liberalismo» e vedeva nel comunismo una «assurdità antidiluviana che, se fosse prevalso, avrebbe “asiatizzato” la civiltà europea» e, inoltre, «da Russell a Carlo Rosselli a Cole ci perviene un unico stimolo che ci invita a non confondere il socialismo con il comunismo, la piena libertà estesa a tutti gli uomini con la cosiddetta libertà collettiva». Ma Craxi rincara la dose contro il comunismo aggiungendo: «il carattere autoritario di ciò che viene chiamato il “socialismo reale o maturo” non è una deviazione rispetto alla dottrina, una degenerazione frutto di una data somma di errori, bensì la concretizzazione delle implicazioni logiche dell’impostazione rigidamente collettivistica originariamente adottata».

Dunque « Fra comunismo leninista e socialismo esiste una incompatibilità sostanziale», «Il comunismo è organicamente totalitario», «Questo “totalitarismo del consenso” deve però essere preceduto da un “totalitarismo della coercizione”. Tanto è vero che Lenin non ha esitato a descrivere la dittatura del partito bolscevico come “un potere che poggia direttamente sulla violenza e che non è vincolata da nessuna legge”», e ancora Il comunismo leninista ha mire palingenetiche: è una religione travestita da scienza che pretende di aver trovato una risposta a tutti i problemi della vita umana. Per questo non ha voluto tollerare rivali ed è in una parola «totalitario». In conclusione: «Di qui l’elevazione del marxismo a filosofia (obbligatoria) di Stato, l’istituzionalizzazione dell’inquisizione rivoluzionaria, la lotta accanita e spietata contro i devianti, i dissidenti e gli eretici». «Rispetto alla ortodossia comunista, il socialismo è democratico, laico e pluralista.

Non intende elevare nessuna dottrina al rango di ortodossia, non pretende porre i limiti alla ricerca scientifica e al dibattito intellettuale, non ha ricette assolute da imporre. Riconosce che il diritto più prezioso dell’uomo è il diritto all’errore. E questo perché il socialismo non intende porsi come surrogato, ideale e reale, delle religioni positive. Il socialismo nella sua versione democratica ha un progetto etico-politico che si inserisce nella tradizione dell’illuminismo riformatore e che può essere sintetizzato nei seguenti termini: socializzazione dei valori della civiltà liberale, diffusione del potere, distribuzione ugualitaria della ricchezza e delle opportunità di vita, potenziamento e sviluppi degli istituti di partecipazione delle classi lavoratrici ai processi decisionali».

E quindi la conclusione che «se vogliamo procedere verso il pluralismo socialista, dobbiamo muoverci in direzione opposta a quella indicata dal leninismo: dobbiamo diffondere il più possibile il potere economico, politico e culturale. Il socialismo non coincide con lo statalismo. Il socialismo, come ha ricordato Norberto Bobbio è la democrazia pienamente sviluppata, dunque è il superamento storico del pluralismo liberale e non già il suo annientamento. È la via per accrescere e non per ridurre i livelli di libertà e di benessere e di uguaglianza». Parole dure come macigni che riescono meglio a far comprendere come «quell’omone grande e grosso» aveva impresso alla politica italiana una svolta epocale smascherando la vera ideologia del più forte partito comunista dell’Occidente che, a causa del Fattore K per dirla come Alberto Ronchey, aveva di fatto impedito alla sinistra italiana di andare al governo.

La vera svolta era quella socialista, quella riformista, insomma quella craxiana. E presto alle parole seguirono i fatti. Il Psi rinacque, recuperò gran parte del terreno perduto e si propose come forza di governo, purtroppo sempre in compagnia della Dc in attesa di una sinistra più matura. Ma, con il Psi, cresceva anche l’Italia che, a metà degli anni ’80, con Craxi presidente del Consiglio, diventa la quinta potenza mondiale mentre una ricerca della Pennsylvania University la considerava il secondo paese al mondo dove si stava meglio. Un percorso, “un’onda lunga” che affascinò e sedusse milioni di italiani. Una sinistra grande, moderna, liberale nella migliore tradizione europea. L’esperienza del PSI di Bettino Craxi, in particolare dal 1976 al 1986, aveva saputo portare avanti un progetto non solo innovativo per l’Italia, con evidenti e indiscutibili benefici per il nostro Paese, ma anche d’avanguardia per l’Europa. Socialisti e democristiani, oltre a produrre un’adeguata capacità di governo, riuscivano globalmente a comprendere e soddisfare le esigenze generali della nazione. Erano alleati, ma era anche chiaro che il Psi puntava a un governo delle sinistre, cosa che nel volgere di pochi anni si sarebbe probabilmente realizzata.

Per questo Craxi si impegnò nello sdoganamento del Pds di Achille Occhetto facendolo entrare nell’Internazionale Socialista. Si sarebbe compiuto così il bipolarismo, che di fatto era sempre esistito in Italia, che avrebbe visto da un lato Psi e vecchio Pci, questa volta vincenti, e dall’altro la Dc, partiti che insieme avevano sempre raccolto almeno l’80% dei voti in tutte le elezioni dal 1946 in poi. L’Italia è l’unico paese europeo dove la sinistra non ha mai governato in maniera autonoma. In epoca passata lo ha fatto come componente del centro-sinistra, con socialisti e socialdemocratici. In quelle più recenti, i nuovi partiti della sinistra italiana hanno governato appoggiandosi sempre a partiti di centro oppure a loro uomini. Dati alla mano, tutta la sinistra italiana ha sempre ottenuto poco più del 30% delle preferenze dell’intero elettorato italiano Quindi se non ci fossero gli alleati di centro (popolari, diniani, mastelliani, Democratici) non si potrebbe formare e sostenere alcun governo. In Italia, quindi, si è perfettamente rispettata la teoria del “terzo che non conta”, secondo la definizione di Peter Glotz, il teorico della socialdemocrazia tedesca, che garantiva il consenso del 33% della popolazione ma che non consentiva di andare più in là.

Infatti, anche il vecchio PCI, nei momenti di maggiore fulgore non riuscì mai a superare di molto quella fatidica soglia. Il nostro Paese, durante gran parte della sua storia repubblicana, ha avuto il più grande partito comunista dell’Europa Occidentale. Un partito che, non avendo mai rinnegato la sua matrice marxista ha sempre spaventato i ceti medi della penisola infoltendo sempre più le schiere della Democrazia Cristiana. I una lucidissima analisi, alcuni anni fa, Alberto Ronchey definì la diffidenza italiana verso il PCI con il neologismo “fattore K”. Le sinistre europee, invece, non condizionate da partiti comunisti così forti hanno da tempo spostato il loro baricentro ideologico da Marx a Weber. I laburisti inglesi sin dai tempi della II internazionale, nel 1892, i socialdemocratici tedeschi in occasione del congresso di Bad Godensberg, nel 1959.

Anche il Partito Socialista Italiano, sin dai tempi di Turati e poi sotto la guida di Pietro Nenni di Bettino Craxi, si allontanò progressivamente dalla matrice marxista. Il Psi cominciava a guardare verso i moderati ed il ceto medio, conquistando fette sempre più ampie di consensi, costruendo la reale possibilità di un futuro governo in Italia della sola sinistra. Il Pci, a questo punto, decadeva dal suo ruolo di partito egemone della sinistra rischiando un grosso ridimensionamento. I fatti del 1991 e del 1992-93 modificarono radicalmente la situazione politica: il crollo dell’Impero Sovietico eliminò il “fattore K” e il Pci, nel contempo divenuto Pds, poteva iniziare il suo lento e faticoso cammino verso la socialdemocrazia; il Psi, dal canto suo, cominciava ad incorrere in quei problemi giudiziari che nell’arco di due anni ne decretarono la fine.

Un progetto splendido che morì in quel tragico 1993 bloccando contemporaneamente l’intero Paese. Su quello che accadde in quegli anni, ed in quelli successivi fino ad oggi, si è detto e scritto molto, forse troppo. Le cose sono andate in maniera diversa da come Craxi aveva pensato e progettato, e le sue preoccupazioni più pessimistiche si sono purtroppo avverate. Il disastro è adesso sotto gli occhi di tutti. Inutile aggiungere altro. L’unico fatto concreto è che l’Italia è ferma da allora.

 

 

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