Proprio ieri si è celebrata, davanti al Giudice dell’udienza preliminare del Tribunale di Catania, dott. Alessandro Ricciardolo, un’altra udienza del procedimento che ha coinvolto i massimi dirigenti dei laboratori del Dipartimento di Scienze Farmaceutiche dell’Università di Catania e che vede quale parte civile il Codacons.Dopo la richiesta di rinvio a giudizio per tutti gli imputati, avanzata dalla Pubblica accusa, alla prossima udienza del 7 novembre sarà la volta dei difensori degli imputati, accusati di danno ambientale, discarica abusiva, omissione di atti d’ufficio, falso e violazione delle norme antinfortunistiche. Infatti, secondo il pubblico ministero, nel corso degli anni che vanno dal 1996 al 2006 i soggetti che si sono succeduti ai vertici del dipartimento della facoltà catanese, pur consapevoli della situazione di contaminazione del sottosuolo dei laboratori del dipartimento di farmacia, non sono intervenuti per arrestare il fenomeno. D’altra parte, secondo l’ipotesi accusatoria, i rifiuti chimici che venivano versati durante le attività di laboratorio realizzate nell’edificio 12 del dipartimento erano altamente inquinanti e cancerogeni. E proprio lo scorretto sversamento dei reflui degli esperimenti, come sostenuto dal pm in aula e come ritenuto dallo stesso Codacons, ha prodotto notevoli danni al sottosuolo a seguito dell’accumularsi delle sostanze sotto l’edificio.Gli stessi imputati, anzi, sempre in base all’Accusa, nonostante le moltissime segnalazioni pervenute loro da parte dei dipendenti dei laboratori, che lamentavano malesseri dovuti alle componenti tossiche che inalavano in quanto provenienti dal sottosuolo, continuarono a far finta di nulla per evitare che scoppiasse uno scandalo.Secondo il segretario nazionale del Codacons, Francesco Tanasi, si è cagionato un ingente danno ambientale e soprattutto la scomparsa di molte persone che operarono all’interno del laboratorio di scienze farmaceutiche, che hanno contratto diverse forme tumorali e sono decedute in giovane età. Ecco perché – dice Tanasi – il Codacons si è costituito parte civile, poiché occorre ottenere pene esemplari per i responsabili dei suddetti fatti, affinchè episodi del genere non abbiano più a verificarsi.A tale scopo il Codacons, che con l’avvocato Bruno Messina si è associato alle richieste del pubblico ministero, rende noto ai dipendenti o agli ex dipendenti del Dipartimento di Scienze farmaceutiche dell’Università di Catania, ovvero a tutti coloro che hanno prestato la propria attività nel Dipartimento nel periodo compreso tra il 1996 ed il 2006, e avessero contratto patologie o avessero subito un’interruzione della gravidanza, di potere ottenere giustizia chiamando allo 3273129525. In tal modo il Codacons, previa valutazione del singolo caso, li assisterà gratuitamente ai fini della costituzione di parte civile nel procedimento.Francesco Tanasi rende noto, infine, il testo dell’ interrogazione sul “caso FARMACIA” a firma del denatore Elio Lannutti. Ve lo proponiamo qui di seguito;INTERROGAZIONE DEL SENATORE ELIO LANNUTTI A RISPOSTA SCRITTA Atto SenatoInterrogazione a risposta scritta 4-06081 presentata da ELIO LANNUTTI2011, seduta n.623LANNUTTI – Al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e delmare – Premesso che:da alcuni mesi presso il Tribunale di Catania si tiene il processo denominato “Farmacia” (processo penale n. 1676/08 R.G.N.R e 8719/08 R.G.GIP), il quale vede come imputati 13 illustri nomi della facoltà di Farmacia dell’Università di Catania, primo fra tutti l’ex rettore dell’Università di Catania Ferdinado Latteri da poco deceduto. Le imputazioni per le quali è stato richiesto dal sostituto procuratore Lucio Setola il rinvio a giudizio vanno dal reato di disastro ambientale a quello di discarica abusiva di sostanze tossiche. Tutti gli imputati sapevano dei pericoli di contaminazione ed intossicazione da metalli pesanti che correvano tutti quelli che entravano in contatto con quell’ambiente (privo di un sistema di aerazione adeguato) e con quei prodotti chimici altamente tossici. Ma chi poteva e doveva non si attivava concretamente per porre finea questo scempio;il Codacons in qualità di associazione a tutela dell’ambiente riconosciuta come tale dal decreto ministeriale n. 109 del 1995 ha chiesto di costituirsi parte civile nel presente processo poiché si ritiene essere parte offesa, dunque soggetto legittimato (così come riconosciuto dalla sentenza della Cassazione III sez. penale la n. 34220 del 22 settembre 2010, nonché dal TAR Toscana sentenza n. 195/2010) ad esercitare, anche nel processo penale, azione per ottenere un esemplare risarcimento danni. Tale richiesta di costituzione è stata accolta dal giudice dell’udienza preliminare, dottor Ricciardolo, con ordinanza del 21 settembre 2011. Tuttavia nel corso dell’udienza preliminare non è stata avanzata nessuna richiesta di costituzione di parte civile da parte del Ministero dell’ambiente. A tal riguardo occorre precisare che sulla base del comma 1 dell’art. 311 del decreto legislativo n. 152 del 2006, il Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare agisce, anche esercitando l’azione civile in sede penale, per il risarcimento del danno ambientale in forma specifica e, se necessario, per equivalente patrimoniale, oppure procede ai sensi delle disposizioni di cui alla parte sesta del presente decreto. Il titolare esclusivo della pretesa risarcitoria, in materia di danno ambientale, è esclusivamente lo Stato, nella persona del Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;al riguardo, autorevole dottrina ha sottolineato come, a seguito all’entrata in vigore del decreto legislativo n. 152 del 2006, si sia verificato l’accertamento di ogni potere in capo allo Stato, nelle vesti del Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare; al Ministero dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare vengono presentate denunce ed osservazioni, corredate di documenti ed informazioni, concernenti qualsiasi caso di danno ambientale o di minaccia imminente dello stesso e al fine di sollecitare l’intervento a tutela dell’ambiente. Si è ritenuto ancora che con l’abrogazione dell’art. 18 della legge n. 349 del 1986, il legislatore del 2006 ha provveduto a conferire in capo al Ministro dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare la competenza esclusiva ad esercitare l’azione risarcitoria, anche in sede penale. In conclusione spetta al Ministero, anche tramite azione civile in sede penale,attivarsi per il risarcimento del danno. Anche la giurisprudenza di legittimità ha chiarito che titolare esclusivo della pretesa risarcitoria in materia di danno ambientale è lo Stato nella persona del Ministro dell’ambiente (Cass. Pen. Sez. III 3/10/2006 n. 36154). Per tale ragione sulla base delle su indicate disposizioni normative non si comprende per quale ragione il Ministero dell’ambiente non abbia mostrato alcun interesse ad un processo per disastro ambientale e contaminazione;per gli stessi fatti inoltre è partito un parallelo procedimento per omicidio colposo, in riferimento a numerose morti di tumore che ha visto come vittime ricercatori che prestavano servizio presso la richiamata facoltà di Farmacia. Certo tutto ancora deve essere dimostrato e sottoposto al vaglio di un’istruttoria dibattimentale, ma i reati contestati sono gravi e la partecipazione dello Stato in questo processo sarebbe stata un segnaleforte contro la negligenza ed incompetenza con cui è stata gestita la vicenda,si chiede di sapere quali siano, alla luce dei fatti spora esposti, le ragioni per le quali il Ministro non abbia deciso di costituirsi parte civile nel processo penale sopra indicato. (4-06081)
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