Imputati dirigenti, dipendenti e beneficiari di case popolari. Uno spaccato reale di com’è gestita la cosa pubblica sotto l’Etna. E di come la “società civile” e quella politica si “occupano” di questi temidi Iena Benanti
La vergognosa gestione dell’Istituto Autonomo Case Popolari di Catania arriva, domattina, a processo, davanti ai giudici (Presidente Rosalba Recupido, a latere Bacianini e Cannella) della terza sezione penale del Tribunale di Catania.Alla sbarra per la malagestione dell’ente dirigenti, dipendenti dell’Iacp e beneficiari di case popolari.Nello scorso dicembre, il gup Francesca Cercone, accogliendo la richiesta della Procura della Repubblica, ha rinviato a giudizio il direttore generale dell’Iacp catanese, Santo Schilirò Rubino, il figlio di questi, Ettore Schilirò Rubino, altri quattro dipendenti, Anna Tusa (oggi in pensione), Adele Fiorello, Giuseppe Caruso, insieme a sei beneficiari di case popolari, Orazio Sicali (anch’egli dipendente dell’Ente in questione), Nino Santoro, Carmelo Sicali, Agata Romeo, Carmela Bergamo e Gaetano Maravigna.La richiesta era stata avanzata dal pubblico ministero Andrea Bonomo che, nell’ambito di un’inchiesta condotta dalla Guardia di Finanza, ha chiesto il rinvio a giudizio –a vario titolo – per abuso d’ufficio, truffa, falsità ideologica.In sintesi risulta dalle indagini che dallo Iacp di Catania, diretto da Santo Schilirò Rubino, eludendo leggi e regolamenti, siano state assegnate illegittimamente case e botteghe anche a dipendenti e/o parenti degli stessi.Tale richiesta, come è noto, è stata preceduta dall’invio da parte della Procura della Repubblica di Catania di un rapporto alla Corte dei Conti di Palermo in cui si stima un danno erariale di oltre trenta milioni di euro (ma fonti qualificate indicano una cifra superiore) per una cattiva gestione dell’Istituto Autonomo Case Popolari di Catania.Nel processo l’istituto ha preannunciato la sua costituzione di parte civile. Insomma, l’Iacp contro suoi dipendenti, a cominciare dall’ex direttore generale Santo Schilirò Rubino, dimessosi da questo incarico alla vigilia di Natale, ma nello stesso tempo autonominatosi dirigente dell’area contabile. Ma c’è di più: dopo le sue dimissioni chi è il direttore generale dell’Iacp? Domanda delle cento pistole: perché il direttore generale all’Iacp da quelle dimissioni non c’è! Lo staranno cercando? O meglio, lui, il leggendario Schilirò Rubino, ancora a gennaio, sembrerebbe che abbia continuato a firmare la posta in uscita apponendo il suo visto sotto la dicitura “direttore generale”! Naturalmente, tutto questo avviene sotto gli occhi del commissario ing. Leone. Ma non è finita: questo scempio di gestione continua in una città che, tranne pochissime voci, resta silente ed indifferente, per poi “scoprire” –ogni tanto- che il problema della casa a Catania è un dramma autentico. Ma non sarà tutta colpa del “destino cinico e baro”? Oppure la conseguenza di scelte politiche e amministrative scellerate?Nel novembre scorso, dopo un comportamento fatto più che altro di silenzi, persino il Pd ha ritenuto dover intervenire sulla gestione dell’Iacp, annunciando che avrebbe dato assistenza legale alle famiglie danneggiate dalla mala gestione dell’ente. Siamo sicuri che domani questo impegno troverà concreta dimostrazione. Come siamo sicuri che domattina tanta gente perbene, tanta società civile vorrà assistere al processo. In modo disinteressato, senza nemmeno una costituzione di parte civile, come talora accade per i processi antiracket. In nome sempre della legalità, ci mancherebbe e naturalmente dell’impegno civile.A proposito di solerzia e di impegno come dimenticare il comportamento dell’assessore regionale alle infrastrutture Pietro Camillo Russo, che, qualche mese fa, ha scritto alla Procura di Catania denunciando quanto accade all’Istituto. Da qualche settimana, l’assessore ha “perso la parola”: niente, non risponde. Nella migliore tradizione della commedia all’italiana, Russo, con tutto il governo regionale, ora farà lo gnorri?
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